La stanza delle meraviglie, la recensione: Todd Haynes fugge e si ritrova a New York

Autore: Elisa Giudici ,

È curioso vedere due registi diversi come Martin Scorsese e Todd Haynes - tra le massime espressioni del cinema statunitense contemporaneo - confrontarsi su un terreno comune. L'occasione è quella fornita dal nuovo adattamento di un romanzo di Brian Selznick, La stanza delle meraviglie. Chi ha visto e amato Hugo Cabret (film che conquistò ben 11 nomination agli Oscar) non tarderà a notare una certa somiglianza stilistica e tematica tra le avventure del ragazzino intrappolato in una stazione ferroviaria parigina durante gli anni '30 e il viaggio di due adolescenti sordi nella New York museale degli anni '20 e degli anni '70. 

C'è un gusto miniaturista nella scrittura di Selznizk che sembra fatto apposta per essere portato su grande schermo. I corsi e ricorsi delle sue linee narrative e temporali replicano con le parole le pieghe degli origami, i colori dei diorami, costruendo strutture complesse che so rivelano pian piano in tutta la loro stupefacente costruzione. A far fare il salto di qualità ai suoi libri per ragazzi è però il contenuto didattico e l'affresco umano che danno profondità a quello che altrimenti sarebbe solo un raffinato gioco formale.

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Ben arriva a New York negli anni '70
Oakes Fegley interpreta il giovane Ben in fuga

Una storia di incomunicabilità fisica ed emotiva narrata in varie epoche della vita e della storia statunitense sembra perfetta per un regista del pedigree melò come Todd Haynes, che ha incantato con pellicole come Carol e Lontano dal paradiso. Invece, a sorpresa, è Martin Scorsese a vincere la sfida ideale tra i due: La stanza delle meraviglie ha deluso i critici della Croisette nel 2017 (il film arriva nelle nostre sale con sorprendente ritardo) e per motivi più che comprensibili. 

Le due anime di New York

New York è la meta del viaggio di due ragazzini che lottano contro la sordità fisica e l'indifferenza del mondo degli adulti. Rose è sorda dalla nascita ed ossessionata da una stella del cinema muto bellissima e capricciosa. Educata con severità e rigore, lascerà la casa paterna per raggiungere la Grande Mela e tentare d'incontrare il suo idolo. Ben invece perde l'udito a causa di un fulmine che lo colpisce durante una tempesta. A turbarlo ancor più profondamente è però la lontananza di un amato genitore, acuita da un recente e gravissimo lutto. Fuggirà nella New York in pieno fermento sociale e creativo degli anni '70, alla ricerca di quest'ultimo legame familiare. 

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Ben e il suo amico esplorano il museo di New York
Haynes ci porta nel dietro le quinte della storia museale newyorkese

Pur non incontrandosi mai nel tempo, le storie di Ben e Rose d'intrecciano di continuo: i due piccoli fuggitivi visitano in epoche diverse gli stessi luoghi, aprendo gli stessi portoni e toccando gli stessi oggetti. La stanza delle meraviglie infatti non è solo una storia di sentimenti incomunicabili e di dolori privati, ma anche un affresco dei grandi poli museali newyorkesi. Lo scrittore e sceneggiatore Selznick è un narratore di luoghi e delle loro storie, che s'intrecciano con quelle delle persone.

Parte della storia di Ben e Rose si sovrappone a con quella del Museo di storia naturale di New York e con un meraviglioso cabinet of curiosities ivi esposto. Se il film un po' tentenna nell'intrecciare la storia dei protagonisti, il personaggio più riuscito è indubbiamente quello di New York nelle sue due anime: quella in bianco e nero degli anni '20 e soprattutto quella colorata e black power degli anni '70.

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La stanza delle meraviglie nel film
La stanza delle meraviglie del titolo è il cabinet of curiosities al centro di un mistero del film

Solo un maestro con Haynes poteva fondere una sequenza incredibile come quella dello sbarco di Ben nei quartieri neri della metropoli con il resto del film. In un paio di minuti e con grande scioltezza, Haynes tratteggia una ricostruzione storica minuziosa della città, della popolazione, della moda e dell'energia di quegli anni. 

Tanta, troppa meraviglia

Peccato che La stanza delle meraviglie non fili sempre così liscio, anzi. Nella parte centrale del film Todd Haynes perde quasi del tutto il controllo sull'architettura complessa della storia costruita da Selznick. La narrazione dell'avventura dei due ragazzini scivola da una parte e dall'altra, con un ritmo sincopato che non rende la visione scorrevole. Sorprende vedere il regista controllatissimo di Carol essere così in difficoltà nel tratteggiare una storia decisamente meno lineare, certo, ma anche più semplice ed esplicita nei suoi contenuti. 

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Julianne Moore in Wonderstruck
Una Julianne Moore invecchiata cosmeticamente ricopre un ruolo chiave nel finale del film.

La grande maestria del cineasta viene però tutta fuori nei 20 minuti finali. Archiviati i diorami del libro, quando si torna nelle acque tranquille del melò, eccolo rimettere in pista il film con un colpo di reni possente. Quando i nodi narrativi vengono al pettine e arriva il momento delle spiegazioni (e della sua musa Julianne Moore), Haynes salva il suo film dalla rovina, chiudendone dignitosamente l'arco narrativo. Un altro merito di Wonderstruck è quello di aver rivelato il talento della giovane attrice sordomuta Millicent Simmonds, il cui volto buca lo schermo. Scoperta dal regista tramite audizioni in tutto il paese, è tornata a stupire in uno degli horror dell'anno, Un posto tranquillo.

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La stanza delle meraviglie non è decisamente la prova migliore del regista, ma per enorme cura produttiva (dagli ambienti museali alle ricostruzioni storiche) e per complesse tecniche registiche impiegate nel girare le scene ambientate nel passato, è una pellicola minore che merita comunque la visione. 

La stanza delle meraviglie arriva nelle sale italiane a partire dal 14 giugno 2018.

Commento

cpop.it

65

Due ragazzini fuggono a New York in epoche diverse alla ricerca di un adulto che li ascolti: Todd Haynes perde il controllo per buona parte del film, ma infila 20 minuti finali da favola.

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