La vita straordinaria di David Copperfield, la recensione: Dickens diventa una slapstick comedy

Autore: Elisa Giudici ,

Sin dai tempi dello speciale televisivo Armando’s Tale of Charles Dickens (2012) è pubblicamente nota la grande passione del regista italo-scozzese Armando Iannucci per l'opera dello scrittore inglese Charles Dickens. Già anni fa il regista di In the Loop e Morto uno Stalin se ne fa un altro lamentava l'eccessiva, gravosa serietà degli adattamenti filmici delle sue opere più celebri. A farne le spese era soprattutto David Copperfield, un romanzone di volume impressionante (oltre 600 fittissime pagine), spesso trasformato in film e sceneggiati dal piglio molto drammatico. Nel processo di adattamento di un'opera tanto poderosa - una delle più sentite e autobiografiche della bibliografia dickensiana - a finire sotto la scure degli inevitabili tagli del materiale originario erano soprattutto i passaggi che rivelano la giocosità e l'ironia del maestro della letteratura inglese. 

Da Veep a Morto uno Stalin se ne fa un altro, Iannucci si è fatto notare anche per il suo spiccato ed inusuale senso dell'umorismo, capace di generare una risata nel pubblico anche nei passaggi più drammatici, surreali e sinistri. Non stupisce dunque che il suo David Copperfield punti innanzitutto a restituire alla storia le sue scene e i suoi toni brillanti, rigettando un approccio serioso e drammatico legato al faticoso saliscendi sociale di cui è protagonista David.

La vita straordinaria di David Copperfield La vita straordinaria di David Copperfield Una versione nuova e distintiva del capolavoro semi-autobiografico di Charles Dickens, "The Personal History of David Copperfield". Ambientato negli anni '40 del XIX secolo, racconta la vita del suo iconico ... Apri scheda

In un'epoca in cui l'asfissiante scrutinio del pubblico spinge sempre di più gli adattamenti filmici a un'ortodossa fedeltà alla fonte originale, La vita straordinaria di David Copperfield si presenta al cinema con una lettura molto personale, carismatica e mai ossequiosa del celebre romanzo da cui è tratto. È un punto di partenza encomiabile, che non sminuisce la funzione creativa del cinema in mera trasposizione da parola a immagine. Non tutte le scelte di Iannucci però risultano funzionali alla buona riuscita del film. 

Una coloratissima Inghilterra vittoriana

Dal punto di vista tecnico il film vale la visione, anche solo per lo sforzo produttivo che mette in campo e il piglio contemporaneo che dimostra rispetto al genere dei film in costume. Grazie allo splendido lavoro di Cristina Casali alle scenografie e di Suzie Harman e Robert Worley ai costumi si dischiude davanti allo spettatore un'Inghilterra vittoriana colorata e calda, capace di risultare attraente senza diventare edulcorata. Per strada ci sono sporcizia e povertà, la fabbrica dove lavora David è squallida, eppure il film risulta vivace, innanzitutto a livello visivo e cromatico. Dopo Emma., si conferma il trend di prediligere una palette calda (ma comunque storicamente corretta) per raccontare i classici della letteratura inglese.

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La pellicola è brillante anche a livello di ritmo, grazie ad alcune scelte di regia di Iannucci. Se qua e là il suo film ricorda l'ultimo Wes Anderson non è tanto per la composizione della scena (in cui il regista è invero parecchio sbrigativo) ma piuttosto per come il montaggio e le transizioni diano brusche accelerate al ritmo del racconto.

Lucky Red
Iannucci spiega una scena a Patel e Capaldi
Armando Iannucci si conferma un regista capace di tirar fuori l'ironia anche in storie solitamente drammatiche

Questa sua caratteristica narrativa qui è ulteriormente accentuata da alcune scelte che sottolineano la natura "teatrale" della storia. Il film infatti si apre con David Copperfield adulto che tiene una lettura pubblica della sua opera di fronte a una platea di spettatori. Una mano gigante che cala sulla scena strappandola o un cocchio di cavalli che transita da una scena d'interno a una d'esterni sono due dei numerosi espedienti con cui il regista ci rammenta il duplice ruolo di David - narratore e protagonista. 

Copperfield preso con ironia 

A interpretare il protagonista c'è un Dev Patel ormai sdoganato come carismatico protagonista, che dimostra di sapere il fatto suo. Sul cast però Iannucci compie volutamente un primo scivolone, assoldando una grande quantità di attori e caratteristi "a occhi chiusi", dichiarandosi poco interessato al colore della pelle. Più che apertura mentale qui si rasenta la miopia genetica, con "famiglie impossibili" la cui peculiarità etnica viene aggressivamente taciuta, anche laddove sarebbe umanamente comprensibile susciti perplessità.

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La scelta di cast si dimostra poi inclemente quando sono i più caucasici interpreti britannici a tirar fuori le performance migliori: Tilda Swinton, Ben Wishaw e Peter Capaldi a piede libero rubano la scena a quasi tutti gli altri, facendo sembrare alcune presenze delle mere quote. A questo punto sarebbe stato più interessante portare su schermo i tanti classici mancati volutamente taciuti scritti nella stessa epoca da autori britannici non caucasici e ricolmi di diversità etnica tra i protagonisti. 

Lucky Red
David Copperfield circondato da appunti
Dev Patel è il protagonista di un film di un casting

L'altra scelta forte di Iannucci che non lo ripaga come sperato è il tono della pellicola, che a suo stesso dire ricerca i toni più leggeri della slapstick comedy, ovvero di quell'ironia fondata sull'immediatezza di battute semplici spesso legate alla fisicità degli attori e del loro interagire con l'ambiente circostante. Così Iannucci pone l'accento sulla dolce ossessione di David per la sua innamorata (che vede anche nelle nuvole) o sulle stravaganze peculiari della zia ossessionata dagli asini. 

Virare i toni di Dickens sulla commedia non è necessariamente una cattiva idea, anzi: i suoi lettori ben conoscono la sua ironia ricorrente. Tuttavia questo alleggerimento finisce per semplificare anche la complessità umana e biografica di David Copperfield, le traversie caratteriali di chi lo circonda. Personalmente avrei preferito se si fosse virato verso i toni della commedia nera (ottimamente utilizzati dal regista in Morto uno Stalin se ne fa un altro), che avrebbero permesso di mantenere una certa gravitas intrinseca della storia.

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Commento

cpop.it

70

Armando Iannucci ha il grande merito di non essersi limitato a realizzare un adattamento pedissequo alla fonte originale: non tutte le sue scelte forti però fanno bene alla rilettura dickensiana.

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