Masters of the Air, recensione: morte ed eroismo ad alta quota

Autore: Manuel Enrico ,

Sono gli eroi a fare la storia, o è la storia a fare gli eroi? Se è vero che sono i vincitori a scrivere i libri di storia, è altrettanto vero che nelle pieghe dei grandi eventi sono nascoste vite ignote, protagoniste silenziose dei frangenti meno affascinanti della storia, pur essendone ingranaggi essenziali. E proprio per questo, sono i volti più affascinanti, più concreti e magnetici dei grandi eventi, le loro cicatrici e i loro ricordi sono la materia stessa di è cui fatta la storia. Deve averlo pensato anche Donald L. Miller, autore di Masters of the Air, che nel raccontare la vita del 100th Bomb Group, una squadriglia di bombardieri che durante il secondo conflitto mondiale era stata ribattezzata il Bloody Hundredth, per via delle incredibili perdite subite durante le sue missioni. Un debito sanguinario con la storia che ora viene in parte saldato grazie a Masters of the Air, serie di AppleTV+ che dal 26 gennaio, muovendosi dal racconto di Miller, rende onore a questi uomini divenuti eroi loro malgrado, come abbiamo potuto sperimentare nella nostra visione in anteprima dei novi episodi che compongono la serie.

Non dovrebbe sorprendere di vedere tra i produttori esecutivi di Masters of the Air i nomi di Steven Spielberg e Tom Hanks. Non paghi di avere raccontato una straziante storia umana ambientata nel teatro europeo con Salvate il soldato Ryan, i due erano stati centrali nello sviluppo di uno dei cult di HBO, Band of Brothers. Una serie seminale nel mostrare il lato più sporco, umano e meno eroico della guerra, cui seguì un decennio dopo The Pacific, war series in cui non ci si focalizzava sull’aspetto bellico come focus della narrazione, ma rendendo il conflitto il punto di rottura di uomini che erano costretti ad affrontare la dura, sanguinosa realtà di scontri disperati. Masters of the Air segue questo canovaccio, e lo fa mettendo subito in chiaro, sin dal primo episodio, che qui non ci sono eroi, ma uomini che devono accettare un destino senza potersi sottrarre.

Masters of the Air, morire tra i cieli per salvare il mondo

Eppure in questi frangenti emergono storie di grande amicizia. È questo senso di appartenenza che lega Gale ‘Buck’ Cleven (Austin Butler) e John ‘Bucky’ Egan (Callum Turner), ufficiali dell’aviazione americana destinati al 100th Bomb Group, stanziato in Europa. Partendo dall’Inghilterra, il 100th ha il compito di eseguire ricognizioni e bombardamenti su bersagli nazisti. Una missione che se nei primi momenti dell’episodio di apertura viene vista quasi con spavalderia dai due ufficiali, non tarda a presentare il suo pesante conto in termini di vite umane.

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Cleven e Egan sono parte di questa fratellanza di uomini volanti, lontani da casa a combattere una guerra spietata che li sta lentamente decimando. Una mattanza che spezza amicizie fraterne, vissuta nelle stanze delle basi con X segnate, colpendo duramente lo spettatore che non può fare a meno di accusare ogni morte come personale. Merito di una perfetta costruzione emotiva dei personaggi, fatta di momenti di commovente rassegnazione e di cameratismo trasformato in familiarità. Come il mettere una puntina su una cartina degli States per ricordare a ciascuno dove sia casa, per raccontare qualcosa di sé alla propria famiglia lontana da casa. Una sensazione ancora più evidente se si vede la serie in lingua originale, godendo dei diversi accenti dei personaggi e degli slang regionali che si fondono, trasformando quello che in patria sembrerebbe estraneo nella nuova voce di casa.

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Masters of the Air, sotto questo aspetto, mostra nuovamente l’alta qualità della serialità di AppleTV. Prima ancora che essere uno spettacolo visivo, la serie è un ritratto umano accorto e sensibile, senza cercare una spettacolarizzazione della guerra, ma travestendo da vittorie le ingenti perdite umane, concedendosi anche il lusso di dare alla vicenda una marcata matrice americana. Forse l’unico difetto della serie, limitare l’importanza degli Alleati, dimenticando l’importanza della R.A.F. britannica, ma è un peccato veniale che si perdona facilmente nel momento in cui l’attenzione viene focalizzata sull’anima di Masters of the Air:

Masters of the Air raggiunge il suo massimo impatto visivo tra i cieli di un’Europa violenta e mortale. Gli scontri aerei sono costruiti con una cura maniacale nel trasmettere come quei veivoli siano ancora una sorta di miracolo meccanico, fragili nella loro possenza, capaci di dispensare morte dell’alto ma anche pronti a divenire trappole mortali per gli occupanti. Dimentichiamo le prodezze alla Top Gun, Masters of the Air vuole mostrare le asperità affrontate da uomini costretti alla temerarietà, che diventano padroni dei cieli per necessità, lanciandosi in battaglia in condizioni disperate, morendo per schegge che rimbalzano impazzite in anguste carlinghe o per il freddo che spezza la pelle. Il tutto giocato sulla centralità degli sguardi, l’unica parte dei volti degli aviatori libera da maschere e elmetti, frenetici nel sondare i cieli in cerca di bandits nemici. 

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Su questi dettagli si concentrano Cary Joji Fukunaga e Tim Van Patten, sull’adattamento di John Orloff, indugiando sulle braccia dei piloti, sottoposte a stress incredibile dalle cloche ancora rudimentali, o sulla tensione di artiglieri esposti al fuoco nemico. Un ritratto nervoso, accompagnato dalla frenetica voci di anti-area e cannoni di bordo, a contrastare il frenetico vocio degli equipaggi. 

Uomini prima che eroi

E lo spettatore viene rapito e catapultato nelle carlinghe dei B-17, è nel cockpit al fianco dei piloti a vedere ali spezzarsi e motori prendere fuoco. Non viene trasmessa l’adrenalina dei war movie steroidei, si torna alle atmosfere dei cult del genere, ma con una maggior preminenza dell’elemento umano, del terrore vissuto da chi vede una squadriglia di caccia abbattersi famelica sul proprio titanico, lento aereo. I punti di vista sopra la spalla dei mitraglieri, combinati con le stupefacenti velocità di chiusura frontale dei caccia, rendono i combattimenti frenetici e caotici, ampliando la sensazione di impotenza degli aviatori. Nonostante le loro dimensioni complessive immense, è evidente che gli spazi all'interno dei B-17 sono molto angusti, pronti a diventare la tomba di uomini feriti da schegge, maciullati da proiettili che passano il sottile metallo senza pietà. Masters of the Air non parla di eroismo, ma dell’orrore della guerra nella sua forma più reale e pura. 

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Merito di una recitazione sempre perfetta, frutto di un casting di prestigio. Austin Butler continua a inanellare interpretazioni di grande spessore, offrendo un pilota dal piglio energico e specchio di una mascolinità del periodo, perfetto nelle sue espressioni a tratti strafottenti contrapposte a sguardi preoccupati per i suoi uomini e alla ricerca di un sostengo emotivo nell’amico Egan. Al fianco di Butler tengono magnificamente il ruolo sia Cullen, che mostra il peso del comando e del prezzo da pagare, che un magnifico Barry Keoghan. 

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Sostenuto da una colonna sonora magnifica, Masters of the Air vanta una sigla iniziale da cinegiornale di guerra: musica orchestrale ampia, cieli tempestosi, riprese in slow-motion di personaggi che salutano, marciano, fissano l'orizzonte mentre il vento scompiglia i loro capelli perfetti, bambini che guardano con nostalgia verso il cielo. L’illusione di eroismo e di necessità mitigate da un racconto visivo struggente, perfetto per introdurre alla visione di questa spettacolare produzione di AppleTV+.

In un panorama seriale in cui modernità sembra far rima con spettacolarità forzosa, Masters of the Air rinuncia a esser contemporaneo e vuole abbracciare il rispetto della storia a ogni costo, senza compromessi. Ne risultano nove episodi che omaggiano un’epoca e gli uomini che la hanno vissuta, spesso subendola anziché scriverla, perché prima di esser gli eroi celebrati dai vincitori, sono stati gli uomini che hanno sanguinato per vincere. 

Commento

cpop.it

90

In un panorama seriale in cui modernità sembra far rima con spettacolarità forzosa, Masters of the Air rinuncia a esser contemporaneo e vuole abbracciare il rispetto della storia a ogni costo, senza compromessi. Ne risultano nove episodi che omaggiano un’epoca e gli uomini che la hanno vissuta, spesso subendola anziché scriverla, perché prima di esser gli eroi celebrati dai vincitori, sono stati gli uomini che hanno sanguinato per vincere.

Pro

  • Ricostruzione degli scontri aerei superlativa
  • Impatto emotivo impressionante
  • Colonna sonora impeccabile
  • Effetti sonori sontuosi
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