The Accountant, la recensione: Ben Affleck genio criminale

Autore: Emanuele Zambon ,

Prendete una mente brillante come quella del matematico John Forbes Nash (che ispirò A Beautiful Mind), aggiungete i disturbi ossessivo-compulsivi del Roy (Nicolas Cage) de Il genio della truffa di Ridley Scott e, infine, modellate il tutto con i muscoli di Batman: avrete il Christian Wolff di The Accountant, contabile dal talento sopraffino, affetto fin dall'infanzia dalla sindrome di Asperger, una forma rientrante nello spettro autistico in grado di compromettere le interazioni sociali.

Sguardo perso nel vuoto, monoespressività, decifit dell'attenzione: Ben Affleck pesca un altro personaggio che sembra cucito su misura per lui dopo il Nick Dunne de L'Amore Bugiardo. Adora le incongruenze, Christian Wolff, che dietro la facciata da commercialista di un ufficio di consulenza fiscale nasconde una doppia vita da tesoriere e/o consulente delle più controverse e spietate organizzazioni criminali, per cui ricicla il denaro sporco.

Lavorando per biechi assassini, boss mafiosi e terroristi, lo scaltro contabile conosce a menadito i rischi del mestiere: dai killer pagati per eliminarlo alla Sezione Crimini del Dipartimento del Tesoro, che gli dà la caccia da anni. Nel momento in cui accetta l'incarico per una multinazionale dedita alla progettazione di protesi articolari, si ritroverà ad essere testimone scomodo di una maxi truffa.

A Beautiful Batman

Il regista Gavin O'Connor aveva fatto intravedere straordinarie qualità con Warrior, storia di due fratelli in lotta. Dimenticate quelle vette: The Accountant è una sterile messinscena in cui il corpulento Ben Affleck si affanna fra sequenze numeriche e rebus, falciando nemici a amni nude o impugnando armi automatiche in pieno stile James Bond. Plot interessante, sviluppo sicuramente deficitario, specie se si tiene conto che la sceneggiatura latita nei dettagli e nei risvolti credibili della trama, che dopo un incipit avvincente scade nel patetico quando non si aggrappa disperatamente agli stereotipi.

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Warner Bros.
Ben Affleck in una scena del film

The Accountant è sostanzialmente un film di guardie e ladri in cui O'Connor si diverte a rimbalzare tra presente e passato sia del protagonista Christian Wolff sia del segugio Ray King (l'esperto agente del tesoro impersonato da J.K. Simmons), Viene svelato l'addestramento para-militare a cui si è sottoposto il giovane Wolff, figlio di un colonnello dell'esercito convinto che i disturbi relazionali del figlio fossero risolvibili attraverso la disciplina militare. 

Fratello, dove sei?

Flashback didascalici (in cui compare il fratellino di Wolff di cui si sono perse le tracce) che altro non servono se non a rendere telefonato ogni twist narrativo, depauperando il finale da ogni possibile effetto sorpresa. Nonostante evidenti limiti nella narrazione, la pellicola offre diverse sequenze action che sopperiscono all'approccio didascalico del regista di Pride and Glory: Ben Affleck è di gran lunga più a suo agio nei combattimenti corpo a corpo - non sfugge il training da Uomo Pipistrello - che con variabili e bilanci aziendali, restituendo con la propria performance l'immagine di un uomo anaffettivo, cinico e sempre sul punto di esplodere.

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Il suo Christian Wolff, a dispetto di quello che si possa credere, mostra molti più punti in comune con il Neil McCauley aka Robert De Niro di Heath - La Sfida che con il Raymond (Dustin Hoffman) di Rain Man. Un criminale alle prese con la giustizia (come lo era il Nicolas Cage di Lord of War), abituato a tagliare la corda in pochi minuti, se lo richiede il caso. Ritratto di un antieroe moderno, pigmentato però da colori tutti uguali tra loro. Proprio come i numeri cari al protagonista.

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