Era il 1975 quando a bordo dell’Orca, sulle tracce di un enorme squalo bianco, il cacciatore di pescecani Quint (Robert Shaw) raccontava ai suoi compagni il terribile viaggio della USS Indianapolis, l’affondamento della nave e i giorni da incubo trascorsi in mare. Fu un'idea di Shaw, nel copione non c'era, ma il fatto che Quint fosse un superstite dell'Indianapolis (quello di Quint era un personaggio ispirato a un vero sopravvissuto) contribuiva a rendere ancora più credibile e profondo il suo personaggio.
- Che cos’è?
- Se ci tieni a saperlo, c’era scritto corazzata Indianapolis.
- Tu eri sull’Indianapolis?
Sono passati più di quarant'anni dall'affondamento della USS Indianapolis e alla fine è toccato all'attore/regista Mario Van Peebles portare sul grande schermo uno dei più grandi disastri che la marina americana ricordi.
Il destino di Little Boy
La USS Indianapolis, uno dei più veloci incrociatori a disposizione della marina americana durante la Seconda Guerra Mondiale, era la nave incaricata di trasportare fino all'Isola di Tinian Little Boy, l'ordigno nucleare destinato a radere al suolo Hiroshima. Una missione segreta affidata al capitano Charles Butler McVay III (Nicholas Cage) e al suo equipaggio, una missione pericolosa, senza scorta, che avrebbe esposto l'Indianapolis alla terribile minaccia dei sottomarini giapponesi.
La storia ci racconta come sono andati i fatti: la nave, dopo aver consegnato il carico, venne affondata da tre siluri la notte del 30 luglio del 1945 e per colpa di una serie di errori della marina (oltre che a causa della natura segreta della missione), i naufraghi rimasero dispersi per quattro giorni.
Senza viveri. Feriti. In un mare infestato dagli squali. Circa 900 uomini finirono in mare. Solo 317 furono portati in salvo.
Il problema della finzione
Il grande schermo, si sa, ha bisogno di scendere a compromessi soprattutto quando una pellicola cerca di raccontare eventi storici realmente accaduti e sono proprio i tanti compromessi il maggior difetto di USS Indianapolis.Tralasciando tutta la debolezza del comparto tecnico (gli effetti speciali sono molto scadenti anche se, bisogna dirlo, vengono usati con molta parsimonia) appare evidente che Van Peebles cerca in ogni modo di far empatizzare lo spettatore con l'equipaggio della nave.
Nei minuti iniziali del film, quasi per un terzo a dire il vero, vengono tessute trame che hanno il solo scopo di far amare (o odiare) i marinai imbarcati sulla nave. Si parte dalla coppia di amici che amano la stessa donna per poi passare alle scaramucce razziali e per finire con l'ufficiale figlio di papà che non è in grado di farsi rispettare dai propri uomini. Necessità di copione? Forse. Ma la USS Indianapolis aveva una storia così emotivamente carica, così cruda e drammatica, che non aveva bisogno di certi stratagemmi. Sarebbe bastato raccontare la verità.
Tre film in uno
L'altro grande difetto di USS Indianapolis è la discontinuità fin troppo evidente tra i blocchi narrativi. È vero, c'è una storia che deve per forza essere raccontata ma procedere per tappe forzate non hai fatto bene a nessun film.
Perciò il primo terzo del film racconta le storie dell'equipaggio e dissemina la strada di indizi, di piccoli riferimenti storici che fanno presagire la tragedia. Il secondo terzo è incentrato sui giorni trascorsi in mare dopo l'affondamento, sulla minaccia degli squali, sul dramma dei naufraghi. L'ultima parte è legata al processo a cui fu sottoposto McVay, sopravvissuto, una volta tornato in patria. È proprio quest'ultimo blocco il più sincero e meglio riuscito, non a caso anche quello che più si attiene alla realtà storica raccontata dal film e, crediamo, il verso senso ultimo della pellicola.
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McVay, incapace di sopportare l’odio spietato delle famiglie dei marinai morti e accusato di negligenza dalla corte marziale, si tolse la vita nel 1968 a 23 anni di distanza dalla tragedia. Solo nel 2001 la memoria di McVay fu riabilitata ammettendo che non aveva avuto nessuna colpa attiva nel disastro.Nonostante i nobili intenti, nonostante il dramma che intende raccontare, USS Indianapolis non riesce mai a uscire dal porto del dilettantismo per navigare nelle acque profonde del buon cinema. Si ingolfa, incespica e si arena. Preferiamo ricordare il disastro dell'Indianapolis attraverso il meraviglioso monologo di Quint ne Lo Squalo di Steven Spielberg (1975) oppure leggendo il bellissimo libro Il Comandante e gli Squali, Di Doug Stanton, una profonda, drammatica, accurata, sincera e appassionata biografia della USS Indianapolis, della sua storia, del suo equipaggio.
USS Indianapolis è al cinema ed è interpretato da Nicholas Cage, Tom Sizemore e Thomas Jane.
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