In occasione di Romics 2024, tenutosi dal 3 al 6 ottobre di quest'anno, abbiamo avuto l'opportunità di conoscere Richard Blake, artista entrato a far parte della famiglia di Edizioni BD con il suo Hexagon Bridge - Orizzonti Obliqui: un'opera che si presenta subito misteriosa e affascinante, vantando un comparto artistico in grado di raccontare quello che neanche le parole riuscirebbero.
Hexagon Bridge è una storia in bilico tra il perdersi e il ritrovarsi, ambientata in un limbo tra realtà e proiezione di essa, in cui esseri umani e robot senzienti convivono e cooperano nella volontà di spingersi oltre un confine che sembra invalicabile e attraversare il Ponte.
A questo punto, scopriamo come l'autore e artista Richard Blake sia arrivato a creare il mondo che Hexagon Bridge vuole proporre ai lettori, attraverso curiosità e aneddoti essenziali per avvicinarsi alla sua personalità.
Hexagon Bridge: nella mente di Richard Blake
Tu hai una carriera come storyboard artist ed è un elemento che rende cinematografico anche il lavoro fatto con Hexagon Bridge. Fino a che punto il linguaggio del cinema e quello di un graphic novel possono esprimersi allo stesso modo?
Penso che ci sia molta intersezione tra il cinema e il graphic novel e credo che l'aver avuto un po' di esperienza nel lavorare nel cinema mi abbia sicuramente aiutato quando ho iniziato a fare fumetti, in particolare per quanto riguarda raccontare la storia più il visivamente possibile, prima di ricorrere al dialogo per trasmettere le informazioni narrative.
Come storyboard artist, lavori solo con gli elementi visivi di una scena e crei una guida per l'inquadratura su cui il direttore della fotografia e il regista si baseranno, quindi è molto simile al creare un piccolo graphic novel del film. Quell'esperienza è stata inestimabile per imparare a progettare un modello visivo per una storia, non solo per quanto riguarda l'inquadratura, ma anche il ritmo e il montaggio. Inoltre, sono passato dallo storyboard alla cinematografia, il che ha approfondito la mia comprensione della luce e del colore: entrambi giocano un ruolo incredibile nel tono e nell'atmosfera di Hexagon Bridge.
Detto questo, i fumetti sono un mezzo più aperto e diretto nella pratica. Hai tutti gli elementi del cinema, ma senza i costi di produzione e senza il coinvolgimento di molte persone. Posso svegliarmi un giorno e iniziare semplicemente a lavorare su qualcosa, giocando con immagini e idee in un modo che è impossibile con il cinema. Quindi, in questo senso, i fumetti sono molto più simili alla scrittura di romanzi e alla progettazione grafica, e tutto può essere fatto da una o due persone.
Hexagon Bridge racconta la storia di Adley, una chiaroveggente che vuole ritrovare i propri genitori, Jacob e Elena, dispersi da anni in dimensioni parallele dopo una difficile missione. Per farlo, la figlia ormai adulta si serve dell'aiuto di Staden, un robot senziente che, insieme a lei, si spingerà verso limiti che nessun altro ha mai raggiunto.
Penso che se non fossi entrato nel mondo dell'arte, avrei scelto una professione che mi avrebbe permesso di viaggiare e vedere il mondo e tutte le sue città. Più tardi, ho sviluppato un interesse per l'estetica pura delle mappe, il loro splendore visivo e la loro - spesso strana - bellezza.
C'è qualcosa di affascinante nel rappresentare il mondo attraverso linee e astrazioni, ed è sempre stato interessante dal punto di vista pittorico; quindi, era naturale che questo sarebbe diventato un tema presente nel mio lavoro in qualche modo. Inoltre, non avevo mai visto questo tema trattato in modo esteso nei fumetti. Ci sono mappe nei fumetti, certo, ma non come elemento centrale della storia.
È stato proprio in Italia che ho scoperto Borges, e credo che leggere quelle storie e camminare per le strade di Roma abbia avuto un enorme impatto su di me e sui mondi che ho creato successivamente. Molto di Hexagon Bridge riguarda il perdersi e ritrovare la propria strada nel caos dello spazio, quindi ha senso che io abbia attinto alle mie prime esperienze per rappresentare questo.
All'inizio volevo seguire le orme di artisti come Lucien Freud, Francis Bacon e Stanley Spencer, e lavorare con oli su grandi tele. Curiosamente, è stato in Italia che la mia direzione è cambiata. Forse sono state le lunghe passeggiate che facevo per la città, quell'immersione e quel senso dello spazio che mi hanno spinto a pensare in un'ottica più architettonica.
Nonostante ciò, sono ancora molto interessato alle dinamiche della figura umana e del volto, ai vestiti che le persone indossano, e così, quando ho del tempo libero, spesso mi ritrovo a studiare o a dirigermi verso quel tipo di disegno.
In Hexagon Bridge, i personaggi si muovono all'interno dell'Hexagon 12, dove risiede una stazione di ricerca sui viaggi multidimensionali e sulla robotica avanzata. In qualche modo, costituisce una sorta di fortezza entro la quale i personaggi operano: un punto di partenza all'interno della narrazione, ma anche un elemento fortemente simbolico per i protagonisti e, soprattutto, per Adley.
Per crescere e trasformarsi, Adley deve lasciare quel luogo ed entrare nel mondo del caos. Lo fa inizialmente attraverso Staden e poi, ovviamente, con i suoi viaggi nel Ponte. In questo senso, Hexagon 12 è il classico paradigma della casa nell'avventura dell'eroe, qualcosa che si riscontra in numerose storie e racconti. È il luogo che deve essere abbandonato affinché la crescita dello spirito possa iniziare e l'identità autentica dell'eroe possa emergere.
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