I due papi, la recensione del film Netflix: vivo un Papa se ne fa un altro (film)

Autore: Elisa Giudici ,

Dio, amore, sesso, sport, musica e umorismo. Non c'è una tematica su cui I due papi si lasci sfuggire l'occasione di mettere a confronto i suoi due protagonisti, quasi fosse un'intervista doppia del programma Le Iene, con lo schermo diviso in due parti. Da un lato c'è Bergoglio, il Papa pop e comunista, che balla il tango, conoscere l'amore e conquista la gente essendo sé stesso. Dall'altra c'è Ratzinger, il Rottweiler della dottrina che conosce i Beatles e gli ABBA solo di nome, il sacerdote che anela il silenzio e la solitudine e quando è sé stesso risulta ancor più respingente di quando parla latino con i suoi cardinali. 

Si potrebbe discutere per ore su quanto queste due identità di facciata - il papa ortodosso e polveroso, quello affabile e moderno - vengano incollate su persone e pontefici ben più complessi dell'immagine popolare ricavata in anni di Angelus e viaggi per il mondo (o mancanza di). Spulciando tra i nomi dei realizzatori del film, un indizio lo troviamo: I due papi è tratto da un'opera teatrale dell'autore e sceneggiatore neozelandese Anthony McCarten. Si tratta dello scrittore e giornalista che ha firmato la sceneggiatura di Bohemian Rhapsody, un film che ha rimaneggiato così tanto la storia di Freddie Mercury e dei Queen da sconfinare nel campo del fiabesco.

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I due papi conversano in giadino
I due papi ruota tutto attorno al confronto tra due modi diversi d'intendere la fede e la vita

L'impressione è che Netflix coroni il suo splendido 2019 cinematografico con l'ennesima pellicola riuscita e lanciatissima ai Golden Globe e alle serate di gala successive. Stavolta però la caratteristica vincente non è tanto una qualità incontestabile (come nel caso di The Irishman o Storia di un matrimonio), quanto piuttosto la capacità di rendere nobile un'operazione solitamente ben più modesta nelle sue ambizioni.

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Insomma, arruolando un regista di nicchia e di grande creatività come il brasiliano Fernando Meirelles, la grande N dello streaming si assicura una confezione inconsueta per questo genere di prodotto. Con l'aggiunta di due interpreti eccellenti e in forma sfagliante, rende più difficile (ma certo non impossibile) individuare nel film le stesse scelte e lo stesso linguaggio zelante e devoto con cui ormai da anni si porta su piccolo e grande schermo la figura del pontefice e del suo predecessore ancora vivente. 

Il Papa polveroso e il Papa pop

I due papi è dunque solo l'ultimo tentativo di raccontare e insieme santificare anzitempo Bergoglio, che in pochi anni ha visto crescere una filmografia sempre più nutrita a lui dedicata, tra documentari e docufiction, solitamente di fattura modesta. Quello di Meirelles invece è forse il primo tentativo di grande ambizione e grandi mezzi di raccontare Papa Francesco. La persona vivente a cui sono stati dedicati più film rimane la Regina Elisabetta II, ma anno dopo anno il Pontefice sta recuperando  il divario con la testa coronata più famosa al mondo. Vuoi perché ormai essere morti non è più un requisito necessario per un'operazione agiografica come questa, vuoi perché il linguaggio e le scelte di Bergoglio hanno affascinato gli intellettuali tanto quanto i fedeli, Papa Francesco è irresistibilmente pop anche al cinema. 

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In teoria I due papi non dovrebbe essere interamente focalizzato su di lui, quanto piuttosto sull'eccezionale evento che ha portato il mondo ad avere due pontefici ancora in vita nello stesso momento. Il protagonista ombra del film è Papa Benedetto XVI, qui utilizzato dalla sceneggiatura come colore di contrasto per far risaltare ancora di più la rivoluzionaria semplicità del successore venuto dalla fine del mondo. Come però spesso succede quando si realizza un film biografico come questo, la distanza a cui ci si pone rispetto al soggetto raccontato è cruciale per gli esiti del racconto. Ne I due papi succede una cosa curiosa: Ratzinger, il polveroso Papa postosi a guardia della dottrina cattolica e ignaro del mondo, finisce per essere una figura infinitamente più interessante di Bergoglio, proprio perché il film non si fa troppi problemi a mostrarne difetti e bassezze. 

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Bergoglio e Ratzinger dialogano nella Cappella Sistina
Bergoglio e Ratzinger a confronto (e scontro) nella suggestiva cornice della Cappella Sistina

Il tentativo in entrambi i casi è di affrontare anche il lato oscuro delle vite dei due pontefici: gli anni del nazismo e gli scandali pedofilia per Ratzinger, la connivenza con la dittatura argentina per Bergoglio. La cura con cui in entrambi in casi si giustifica ancor prima di raccontare dà una cifra di quanto in realtà sia mediato il racconto di questo film, con due protagonisti dalla dimensione spirituale totalizzante, tormentatissimi dal loro passato. In cerca di un'espiazione dalle rispettive dittature, Bergoglio e Ratzinger finiscono per avvicinarsi, si riscoprono molto più simili di quanto pensassero. Di problemi terreni come Vatileaks, i Corvi e lo IOR si parla pochissimo: I due papi dovrebbe raccontare una guerra politica interna al Vaticano ma insiste sulla dimensione spirituale e amicale dei protagonisti, sul loro continuo dialogo con il divino e l'apprensione per le sorti spirituali della Chiesa. 

Il dinamico duo Hopkins & Pryce

Per chi tifino la bizzarra regia di Meirelles e la sceneggiatura è palese, tanto che una mossa sconcertante ed epocale come "il gran rifiuto" di Ratzinger viene rimandata e smorzata il più possibile. Inquadrata come una fuga verso il silenzio e una capitolazione verso la modernità di Bergoglio, la scelta di Benedetto XVI resta difficile da relegare sullo sfondo. A Bergoglio invece non fa bene il trattamento con i guanti di velluto che gli riserva il film. La sua crisi spirituale dovuta alle dolorose vicende argentine, il suo carattere orgoglioso e a tratti arrogante vengono così smorzati da costringerlo quasi sempre nella bidimensionalità di un santino i cui guizzi umani (l'amore per il calcio e per il tango) sembrano più tocchi di scrittura per aumentarne la simpatia che veri elementi biografici. 

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Certo I due papi gode di una ricostruzione vaticana splendida. A sorreggerlo c'è una sceneggiatura che, pur agiografica come non mai, dal punto di vista squisitamente cinematografico è davvero ben scritta e capace di appassionare lo spettatore a un racconto che è tutto dialoghi di due anziani litigiosi, passeggiate in giardini e stanze vaticane. A fare davvero la differenza però - osservazione banale ma che non si può davvero omettere - sono le performance di Anthony Hopkins e Jonathan Pryce. I due attori, aiutati da una somiglianza di base forte coi rispettivi pontefici, danno interpretazioni davvero spettacolari, ricche di carisma individuale e chimica di coppia. Sono loro a far fare al film il salto di qualità, a rendere vividi due ritratti altrimenti sin troppo mediati e piacioni.

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I due papi mangiano la pizza
I due papi concede ad entrambi i pontefici qualche parentesi profana come la divisione di una pizza nella Stanza delle lacrime

I due papi è disponibile nel catalogo Netflix a partire dal 20 dicembre 2019

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Commento

cpop.it

70

Hopkins e Pryce fanno volare un film curato e convincente dal punto di vista cinematografico, ma ben lontano dall'essere incisivo o verosimile nel raccontare il doppio papato e il Vaticano di oggi.

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