È l'ultimo grande classico novecentesco riconosciuto anche a livello internazionale della letteratura italiana; è anche il più giovane, essendo apparso per la prima volta in libreria nel 1980, ma il suo status è tale da porlo al fianco dei grandi autori italiani che si studiano sui libri di testo, tra i banchi di scuola. Ne era consapevole anche il suo autore, Umberto Eco, salutato nei giorni della sua scomparsa come l'ultimo umanista europeo.
Per il semiologo, filosofo e bibliofilo italiano il successo del suo primo romanzo di narrativa divenne però un vero e proprio cruccio; nonostante gli avesse donato fama internazionale e popolarità ben più vasta di quella che già aveva nei circoli accademici, Eco non si perdonò mai un testo che sentiva come bisognoso di correzioni e revisioni (ne uscì infatti una seconda versione del 2012) e non all'altezza dei suoi successori.
Il nome della rosa: un classico da cui non farsi spaventare
Essendo oltre che coltissimo anche molto ironico e brillante, Umberto Eco ci perdonerà, oltre l'ignoranza di cose dotte, anche questa nostra affezione al romanzo che tanto lo ha fatto penare. Un tomo dalla mole e dalla fama che spesso intimoriscono i lettori, tanto che è spesso descritto come uno dei romanzi più citati da lettori che fingono di averlo letto, senza averlo mai aperto. Dopo lo splendido film di Jean-Jacques Annaud (inizialmente venne massacrato dalla critica, pur avendo ricevuto il plauso di Eco) che aumentò ulteriormente la fama internazionale del libro, il classico di Eco si prepara a tornare un seconda volta su schermo. Proseguono in queste settimane le riprese della serie TV che avvicinerà spettatori e lettori vecchi e nuovi al giallo medioevale e bibliofilo che ha appassionato il mondo in quel lontano 1980.
Quale che sia il risultato qualitativo di questa serie TV già attesissima, non è davvero il caso di farsi intimorire dalla mole e dalla nomea di libro dotto di Il nome della rosa. Perché farsi spaventare da uno dei gialli più diabolici e sorprendenti mai scritti, con un'indagine capitanata dall'emulo medioevale di Sherlock Holmes?
Il nome della rosa: omicidi nel cuore del sapere medioevale
Guglielmo da Baskerville è un monaco benedettino che si appresta a partecipare come delegato del suo ordine a un delicato convegno riguardante i francescani, che rischiano la scomunica papale e l'accusa di eresia. Ad accompagnarlo nell'abbazia del centro Italia in cui si terrà l'incontro è il suo giovane allievo Adso da Melk, che narrerà in un suo scritto i diabolici omicidi che avranno luogo dentro una delle cittadelle del sapere più importanti dell'intera Europa in quel del 1327. Noto per la sua intelligenza, Guglielmo verrà chiamato a indagare su quella che presto verrà bollata come l'opera del demonio e degli eretici infiltrati nell'abbazia.
Al monaco non sfuggono però gli intrighi concreti e umanissimi che fanno da sfondo agli omicidi misteriosi dei monaci dell'abbazia, all'ombra di una delle più grandi biblioteche dell'Europa medioevale. Custodito gelosamente come un vero fortino, l'edificio si mormora nasconda anche libri perduti e proibiti, così radicali e preziosi che potrebbero spingere qualcuno a uccidere per poterli leggere, o impedire ad altri di farlo. Con l'arrivo dell'inquisitore Bernardo Gui, campione dell'ortodossia e acerrimo nemico di Guglielmo, la situazione precipita, fino al finale labirintico e bruciante, dove l'ignoto assassino svelerà la sua vera identità.
Il nome della rosa: il Medioevo come non te l'aspetti
Omaggiando i classici del giallo all'inglese e dando fondo alla sua sterminata conoscenza dell'epoca medioevale, Umberto Eco ha costruito un grande classico così stratificato da richiedere notevoli conoscente storiche e filosofiche per essere compreso fino in fondo. La sua grandezza sta però nell'essere incredibilmente complesso ma godibile come "semplice" rompicapo giallo: chi sta uccidendo i monaci dell'abbazia e perché? Sarebbe un'eresia svelare di più a riguardo, ma la risoluzione di Umberto Eco è tra le più memorabili mai lette in un giallo, che ci racconta molto dell'uomo e delle sue passioni, ancor prima che dello studioso.
Ad affascinare a un primo impatto è anche il ritratto vivido che Eco restituisce dell'epoca medioevale e delle sue ambiguità religiose e politiche: se sui libri di storia è tutto nero o bianco, eretici o santi, Eco illustra chiaramente come ricadere in un gruppo o nell'altro sia una questione di tenui sfumature e di incredibili intrighi politici in seno al Cristianesimo.
Da fine conoscitore dell'animo umano, lo studioso popola il suo romanzo di personaggi complessi nella loro bruttezza interiore ed esteriore, che distruggono quell'immaginario di epoca buia e superstiziosa del Medioevo. Accanto alla creduloneria popolare c'è infatti inesauribile sete di sapere che muove molti personaggi, fino a diventare un'autentica ossessione anche per il protagonista Guglielmo, bibliofilo irriducibile, che come altri per questa sua curiosità finirà per rischiare la vita.
Laddove finisce il mistero dei delitti e l'indagine storica, inizia quella umana: i monaci benedettini trecenteschi di Eco sono più contemporanei dei protagonisti di romanzi freschi di stampa, mossi da sentimenti alti e bassi, consumati da passioni carnali e spirituali. Lo stesso indimenticabile duo di protagonisti regala più di un passaggio toccante, con Guglielmo testimone dell'ingenuità del suo giovane allievo, del suo scoprire il mondo concreto e umano che va oltre la dottrina canonica. Dietro la sua saggezza sconfinata e la sua garbata ironia, anche Guglielmo nasconde un vissuto personale ricco di delusioni, tradimenti e amore; spirituale, divino, carnale.
C'è un altro personaggio umanissimo che colora le pagine de Il nome della rosa, di cui si raccontano le passioni con una certa dose di ironia: è Umberto Eco stesso, la cui passione sconfinata per il libro come strumento di sapere, oggetto da collezione e antidoto al veleno dell'ignoranza arde in ogni capitolo del suo romanzo più accessibile, ma non per questo banale.
Saltare i lunghi passaggi relativi al pericolo di scomunica dell'ordine francescano o le frasi in latino è un peccatuccio che non può né deve frenare il lettore italiano titubante: Il nome della rosa non è solo l'ultimo grande classico del Novecento letterario italico, è anche uno dei più appassionanti e divertenti da leggere.
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