Moonlight di Barry Jenkins è stato il canto del cigno del cinema obamiano. Il dramma di Chiron, raccontato in tre atti (infanzia, adolescenza, età adulta) dalla periferia tossica e omofoba di Miami a quella violenta e criminale di Atlanta, è stato l'underdog che ha battuto il favoritissimo La La Land agli Oscar 2017, portando a casa tre statuette (tra cui quella più prestigiosa: miglior film) su otto candidature.
Stasera in TV in chiaro su Rai 5 c'è Moonlight - Tre storie di una vita, dalle ore 23.05
Prodotto da Jeremy Kleiner e Dede Gardner di Plan B Entertainment, Moonlight nasce dall'incontro di Jenkins con il drammaturgo Tarell Alvin McCraney. Il regista elabora il soggetto, scritto inizialmente come una pièce breve dal titolo In Moonlight Black Boys Look Blue, con l'obiettivo di "aiutare anche me a tirar fuori alcuni dei miei ricordi di infanzia e a portarli sullo schermo".
D'altronde Jenkins e McCraney hanno avuto un'infanzia difficile come quella del loro Chiron. Sono cresciuti nei caseggiati popolari di Liberty City (una delle aree più depresse di Miami), figli di donne tossicodipendenti: quella del regista sieropositiva, quella del drammaturgo morta di Aids.
Moonlight è un ritratto schietto e minimalista, semplice ed elegante di formazione e riconciliazione con sé stesso di un ragazzo gay nero, colto in quella fase di passaggio dall'adolescenza (ferita) all'età adulta. Un'opportunità per riflettere sul conflitto tra sessualità e società, sulla ridefinizione dell'identità, sulla libertà di vivere apertamente i propri sentimenti in una comunità che impone ai maschi di non essere mai fragili, incompiuti e vulnerabili.
In un'intervista alla Bbc, McCraney ha dichiarato che l'effetto collaterale di questa mascolinità tossica è che gli uomini non vogliono più essere "accarezzati o consolati", ed è per questo che alcuni personaggi di Moonlight possono risultare sconcertanti agli occhi di molti spettatori.
Il film si apre con I. Piccolo, quando Chiron (Alex Hibbert) ha appena 10 anni, vive in un quartiere povero e degradato ed è per tutti 'Piccolo'. È un bambino che deve crescere in fretta: il padre è assente, la madre Paula (Naomie Harris) è una donna single e iper-protettiva, ma fa uso di droga per lenire le ferite psicologiche e i traumi che ha subìto. Come se non bastasse, l'introverso e inquieto Chiron subisce a scuola le botte di una banda di bulli, capeggiata dal tremendo Terrel.
La sua fortuna è l'incontro con lo spacciatore Juan (Mahershala Ali, vincitore dell'Oscar come migliore attore non protagonista per questo ruolo) e la dolce fidanzata Teresa (Janelle Monáe). La coppia si prende cura di 'Little': Juan lo porta in spiaggia e gli insegna a nuotare, diventa il suo mentore e la sua guida, la figura paterna che non ha mai avuto e che gli fornisce quegli insegnamenti che lo aiuteranno a sopravvivere.
Nel secondo capitolo, II. Chiron, il protagonista (Ashton Sanders) si espone per la prima volta alla propria omosessualità con l'amico e compagno di scuola Kevin (Alex Polidori), col quale passa una serata in riva al mare che si conclude tra baci e carezze. Nel frattempo, però, Juan è morto e Chiron si ritrova a contare sulla sola Teresa, mentre Paula continua a drogarsi e arriva a prostituirsi pur di procurarsi una dose.
Il terzo atto, III. Black, è la chiusura del cerchio. Chiron è stato arrestato e mandato in riformatorio perché, pestato a sangue dalla banda di Terrel, ha reagito spaccando una sedia sulla schiena del bullo, sfogando finalmente tutta la rabbia repressa.
Ora Chiron (Trevante Rhodes, ex campione di atletica della Louisiana) è un adulto, vive e spaccia ad Atlanta – la città della Coca-Cola è il centro del business della droga e l'ottava negli Stati Uniti per tasso di omicidi – ed è conosciuto in giro come "Black", il soprannome che gli aveva dato Kevin.
L'uomo tiene nascosta la sua vera personalità perché ha paura che la gente scopra la "verità" sul suo conto. Ma il passato torna a bussare alla sua porta. Una notte, una telefonata di Kevin (André Holland) lo sveglia: l'amico gli chiede di perdonarlo per quanto accaduto prima del suo arresto.
Turbato da quella chiamata, Chiron va a trovare Paula, la quale vive in un centro di recupero in Georgia. Chiron guida fino a lì e si riavvicina alla madre dopo anni di distacco: la donna ammette i casini che ha fatto, però sta cercando di smetterla con l'eroina. Nonostante non sia stata capace di amarlo, vuole bene al figlio: i due si riconciliano tra le lacrime, con un abbraccio liberatorio. Sulle note di Cucurrucucú paloma di Caetano Veloso, Chiron prende l'autostrada verso Miami.
La telefonata ricevuta quella notte risveglia in Chiron la voglia di rivedere Kevin, che adesso fa il cuoco in un diner e, pur non essendo sposato, è diventato papà di un bambino: Kevin Jr. La coppia si ritrova in modo inatteso dopo dieci anni: si siedono a tavola e bevono insieme una bottiglia di vino.
Alla chiusura del ristorante, Chiron accompagna a casa Kevin che lo invita ad entrare. Nell'intimità dell'appartamento, a pochi passi dal pontile sul quale si erano scambiati il primo bacio, "Black" può esprimere i sentimenti che prova e confessare a Kevin che è stato "l'unico uomo che mi abbia mai toccato".
"Chi sei?", gli domanda Kevin. "Sono io, non voglio essere nessun altro", risponde Chiron. Il ricordo corre alla loro giovinezza e a quello che sono diventati. "Non sono mai stato me stesso, ho sempre fatto quello che la gente pensava dovessi fare", ammette Kevin.
Dopo un intenso scambio di sguardi, Chiron scoppia a piangere e appoggia la testa sulla spalla di Kevin, che gli accarezza dolcemente il capo. Il film si chiude così, con la memoria che corre alle onde dell'oceano, l'unico posto dove le sue preoccupazioni si dissolvono.
L'acqua per i neri queer è duale, gli ha insegnato Juan. La citazione è dal saggio Black Atlantic, Queer Atlantic di Omise'eke Natasha Tinsley: dai tempi della diaspora transoceanica tra Africa e Caraibi, nelle stive delle navi di schiavi l'acqua è sempre stata vita, morte e rinascita. Può essere allo stesso tempo disuguaglianza e sfruttamento così come bellezza e resistenza. Chiron torna 'Piccolo', è di spalle e all'improvviso si volta e volge il suo sguardo oltre.
Jenkins ha spiegato nelle note di regia che Kevin lancia a Chiron "un'ancora di salvezza" perché "è la sola persona con la quale si sia lasciato andare, concedendosi una certa intimità".
Grazie alla profondità dei suoi sentimenti, riesce in un certo senso a liberarsi. Kevin dice al suo vecchio amico: non voglio costringerti, non voglio forzarti, voglio solo offrirti una luce...
Il titolo Moonlight fa riferimento proprio a questo: il chiaro di luna è quella luce nell'oscurità della notte che illumina ciò che non si vorrebbe mostrare, che permette di togliere la maschera, fronteggiare e trovare se stesso.
Questo svelamento è restituito anche da un punto di vista visivo. Fotografato da James Laxton (già collaboratore di Jenkins al precedente Medicine for Melancholy) e girato in Cinemascope, Moonlight è ricco di colori abbaglianti ed esplosivi. Gli edifici di Liberty City, ha raccontato il regista, "brillano di colori pastello: un meraviglioso blu, rosa o arancio. Non vengono ridipinti da 40 anni, ma il colore resta".
Moonlight è a tratti un film intenso, che tratta temi molto seri, ma volevo catturare l'inattesa brillantezza di quei comprensori – e l'esperienza provata quando quella luce di Miami e quei colori ti colpiscono la retina.
Cosa significa essere nero e omosessuale negli States di oggi?
La risposta è nell'educazione sentimentale di Chiron che, conclude Jenkins, "coinvolge e trascina", un'esperienza nella quale "i personaggi affrontano un po' alla volta i sentimenti ai quali permettono di affiorare. Quello che restituiscono al mondo attraverso l'espressione di quei sentimenti non è altro che il desiderio universale di affermare la propria identità".
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