Moonlight, la recensione: il black power conquisterà gli Oscar?

Con Moonlight il regista Barry Jenkins realizza uno splendido ritratto di una vita ombreggiata dalla peso delle aspettative sociali nei riguardi un afroamericano.

Autore: Elisa Giudici ,

Si sarebbe tentati di paragonare il film che ha lanciato lo sceneggiatore e regista Barry Jenkins agli Oscar a Boyhood, l'opera di Richard Linklater che qualche anno fa commosse l'Academy e i cinefili. Anche Chiron, giovane afroamericano che vive nei quartieri difficili di Miami, viene seguito dagli anni della fanciullezza a quelli dell'età adulta con uno sguardo emozionale, poetico, nonostante la realtà che lo circonda sia l'esatto contrario del calore e dell'affetto che trasmetteva la famiglia e la società che ruotavano intorno al ragazzino raccontato da Linklater. 

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La recensione di Moonlight
Una splendida storia di una terribile adolescenza, al chiaro di luna.

La verità è che, come sempre, la tentazione con Moonlight è di ricondurlo a qualcosa di più familiare e canonico (un eufemismo per dire bianco) o relegarlo nel grande gruppo di film più o meno drammatici e duri che raccontano il razzismo e l'emarginazione degli afroamericani nella loro stessa nazione. La storia di Barry Jenkins non merita queste facili categorizzazioni, perché possiede un equilibrio e una magia che la rendono innanzitutto una parabola universale, capace di far emozionare il cinefilo a ogni latitudine. 

Sì, Chiron vive in quartiere difficile e quando si nasconde dai coetanei che lo perseguitano lo fa in topaie utilizzate dai drogati per farsi, oppure cerca di sfuggire alle angherie della madre tossica cercando l'aiuto del suo rigoroso ma gentile fornitore di droga. Insomma, quella di Moonlight è una storia che si ritrova a fare i conti con la dura realtà degli afroamericani oggi, ma lo fa senza mai aggiungere un'oncia di retorica o drammatizzazione. Abbiamo visto decine di storie sul peso delle aspettative che la società ha nei confronti di ragazzi e ragazze: quella di Chiron pennella la crescita di un bambino, un adolescente e un giovane uomo che cercano di convivere con quello che sono e quello che la società vorrebbe che fossero. L'aspetto fragile e dolce di Chiron e le sue inclinazioni lo tormentano e lo inseguono, soprattutto quando si trova ad affrontare tre momenti cardine della sua vita, che lo definiranno come essere umano. 

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La recensione di Moonlight

Se dovessi confrontare Moonlight a un'altra pellicola, probabilmente sceglierei Week-end di Andrew Haigh e non certo perché in entrambe uno degli scogli da affrontare è come uscire dalla propria corazza di apparenze, almeno nel privato, per vivere con affetto e tranquillità la propria omosessualità.

Moonlight e Week-end si somigliano soprattutto per come sanno mettere l'immagine, il montaggio e la ricorrenza di colori, luoghi e close-up al servizio dell'emozione delle storie che raccontano. In maniera quieta ed elegante, Moonlight sfrutta appieno il proprio irrisorio budget per costruire una serie di ricorrenze, siano esse luoghi come la spiaggia o riprese gemelle come quella dell'immersione nell'acqua, per ricordarci quanto certe sfide siano sempre lì ad attenderci ad ogni momento importante della nostra vita: sapremo accettare noi stessi? Sapremo mostrarci per quello che siamo?

Per questo Moonlight, che arriva oggi 16 febbraio 2017 nei cinema, è forse il film più emozionale e romantico tra quelli in uscita a San Valentino (e di quelli usciti nel 2016), ma anche un lungometraggio che sta facendo la propria corsa agli Oscar per straordinari meriti cinematografici e non certo per coprire qualche quota. 

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