Stasera in TV c'è Perfetti sconosciuti: scopri la storia vera e altre curiosità sul film di Paolo Genovese

Dallo spunto ai riferimenti a Sliding Doors, Ettore Scola e la commedia all’italiana: tutte le curiosità e i segreti di Perfetti sconosciuti.

Autore: Alice Grisa ,

È stato uno dei film più amati e celebrati degli anni ’10, della modernità "da addiction agli smartphone". Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, uscito nel 2016, ha incassato più di 31 milioni nel mondo, come riporta Box Office Mojo, e ha vinto un premio per la Miglior Sceneggiatura al Tribeca Film Festival nella sezione International Narrative Competition.

Stasera 14 luglio in TV su Rete 4 alle 21.25 c'è Perfetti Sconosciuti

Il cast raccoglie una piccola crème di attori italiani tra cui Marco Giallini, Kasia Smutniak, Edoardo Leo, Alba Rohrwacher, Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston e Anna Foglietta che interpretano un gruppo di amici che si trovano per una cena casalinga e decidono di dedicarsi a una sfida pericolosa.

Miglior amico e peggior nemico, il cellulare è una piccola scatola oscura dove si nascondono tutti i segreti. Per questo Eva, la proprietaria di casa, propone un gioco al massacro: mettere tutti gli smartphone al centro della tavolata e condividere con gli altri ogni chiamata e messaggio, per tutta la durata della serata. Inutile dire che questa idea, apparentemente sciocca e innocente, scoperchierà un vaso di Pandora e verranno a galla i segreti più reconditi di tutti. 

La trama è nota, ma ci sono alcuni dettagli che forse non tutti conoscono su questa pellicola italiana, una feroce inanellata di situazioni e gag brillanti che riportano indietro ai tempi della commedia all’italiana.

Perfetti sconosciuti è una storia vera?

Non esiste una fonte certa, ma i rumor sostengono di sì. Pare, da voci di corridoio riportate da Coming Soon, Cinefilos e tanti altri, che Genovese si sia ispirato alla vicenda di un amico che è finito in ospedale dopo un incidente.

Accorsa al suo capezzale, la moglie ha preso in mano il cellulare e scoperto per puro caso tutti i suoi segreti. Lo spunto è fruttato questa commedia al regista, che è stata anche adattata in tanti altri paesi.

Un'idea che, opportunamente stesa, scritta e rimaneggiata, si è rivelata un successo.

Quante versioni esistono? Una cifra da Guinness

Perfetti sconosciuti è il film con il maggior numero di remake: come riporta Repubblica, se ne contano ben 18, dalla Grecia alla Spagna, dalla Sud Corea alla Francia.

Parlando sempre con Repubblica, genovese ha avuto una reazione modesta a riguardo.

Ci sono film più belli, ma ha saputo intercettare un fenomeno sociale in cui tutti si sono identificati. Non so se mi ricapiterà mai, ho avuto fortuna.

Di certo la storia ha assiomi universali che possono facilmente valicare i limiti culturali e adattarsi anche ad altri contesti.

Oltre ai vari remake, il film è stato esportato e tradotto (sottotitolato o doppiato) in 60 paesi.

Il gruppo di amici intorno a un tavolo è qualcosa di “prettamente italiano”

Perfetti sconosciuti può considerarsi un format narrativo esportabile in qualunque luogo del mondo, ma ci sono alcuni aspetti, alcuni dettagli, specificamente italiani. Ne ha parlato Genovese con La voce di New York.

Il tema in sé poteva essere internazionale, l’italianità è data dal modo: innanzitutto la tavola che è il centro della storia, poi il calore e l’informalità dei rapporti tra i personaggi. 

Solo in Italia c’è questa “sacralità” della convivialità tra amici. Il gruppo che si trova intorno a un tavolo è un tratto distintivo del nostro DNA.

Io mi riconosco in quei sette, nel loro modo caloroso di avere a che fare gli uni con gli altri, che non è né la macchietta con cui a volte vengono presentati gli italiani, ma nemmeno c’è la freddezza e il distacco. E poi credo che proprio il concetto del gruppo di amici, degli amici di vecchia data, sia molto italiano: è credibile rispetto al paese in cui è ambientata la storia.

Le questioni filosofiche

Gli amici che si rivelano degli estranei, così come il marito o la moglie, i figli, i parenti. Perfetti sconosciuti tocca questo tema, catalizzato dalla forza “distruttiva” del cellulare, scrigno e deposito di segreti inconfessabili. Il regista però in un’intervista a Ciak Magazine ha raccontato di aver voluto anche toccare un altro argomento.

Il guardare sotto il tappeto: meglio farlo o non farlo? Personalmente penso che la risposta sia difficile. A volte è meglio sapere, a volte no.

L’impostazione teatrale

Il film può essere anche una validissima pièce teatrale, dato che è ambientato tutto in una stanza. Kasia Smutniak, durante la stessa intervista rilasciata a Ciak, ha parlato della facilitazione del girato in sequenza.

Abbiamo girato tutto in sequenza, non è un film di battute lunghe ma molto “misurato”, basato sulle relazioni e sulle reazioni contro reazioni. Bastava sedersi a quel tavolo con questi attori, che con un unico gesto ti raccontano un mondo, e agire di conseguenza.

Genovese prima di iniziare le riprese ha messo in scena la sceneggiatura in un teatro, chiedendo la collaborazione degli allievi del Centro Sperimentale di Roma.

La citazione di Inception

Tra le scene finali c’è un momento che è un chiaro omaggio a Christopher Nolan e a Inception

Show hidden content Dopo le sconvolgenti scoperte su Cosimo e la rabbia accumulata, Bianca si toglie la fede e la fa roteare sul tavolo. L’immagine richiama la famosa trottola del film, che lascia anche aperti i possibili scenari per una situazione come quella in cui è questa coppia e in cui potrebbero essere tante altre.

L’ambiente è uno solo

Facile accorgersene: Perfetti sconosciuti utilizza solo un ambiente, quello della casa della coppia protagonista, Eva e Rocco. La sala più vista è quella da pranzo, dove i commensali si radunano intorno al tavolo e dove parte il gioco dei cellulari. La scelta, che ricorda altri film “a camera chiusa” è particolare e per certi versi anche difficile, come spiega Genovese nell’intervista a Verve Magazine.

È difficile perché è come se si fosse in cucina: ci sono pochi ingredienti e devono essere ottimi. Due soprattutto: la scrittura e la recitazione. Non hai grandi spazi, panorami, cambi scena… le musiche. Insomma, quando si sta dentro una casa la storia deve funzionare. Non c’è una via di mezzo. Non hai punti di riferimento. […] Un film realizzato in un solo ambiente ti dà l’idea che stai facendo un’unica grande scena, che spezzetti. Quindi è complicato capirne il ritmo, è un unicum indivisibile, e te ne rendi conto al montaggio.

La tagline 

La tagline del film è famosa quanto il suo successo.

Ognuno di noi ha tre vite, una vita privata, una vita pubblica e una vita segreta.

La citazione proviene dal grande scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez. Questa è considerata uno dei suoi aforismi più celebri.

L’improvvisazione

Un film come questo potrebbe far pensare che si sia dato molto spazio all’improvvisazione, e invece non è così. Lo ha rivelato Edoardo Leo nel corso di un’intervista corale con Cinematographe.

Partivamo da un copione poi veramente così ben fatto che anche l’improvvisazione non era necessaria per arricchire, il testo offriva già molto.

Eppure la recitazione è così spontanea che sembra davvero generata da una scena qualunque di vita quotidiana.

L’ispirazione da Sliding Doors?

Nel corso dell’intervista rilasciata a Verve Magazine al regista è stato chiesto se ha preso ispirazione da pellicole classiche ambientate in un solo appartamento, come Carnage o Cena tra amici. E a storie biforcate, come Smoking/No Smoking o Sliding Doors. Genovese ha spiegato che Perfetti sconosciuti deve rimanere a sè stante, perché è qualcosa di diverso, anche se il famoso film con Gwyneth Paltrow è uno spunto che ha considerato.

Viene in mente Sliding Doors, che è il capostipite, ma si tratta di storie diverse. Rimane una similitudine concettuale.

Benedetta Porcaroli, la protagonista di Baby, è la figlia di Rocco ed Eva

Nel cast c’è anche una giovane Benedetta Porcaroli, la star rivelazione della serie Netflix Baby. All’epoca neanche diciottenne, con i capelli scuri e il look acqua e sapone, la Porcaroli interpreta la figlia adolescente di Rocco ed Eva.

La ragazza rappresenta uno dei “segreti” del padre. Rocco la sta consigliando nel periodo delle sue prime esperienze sessuali, all’insaputa di sua madre, che viene invece riempita di bugie. 

I riferimenti a Ettore Scola

Più di un critico ha accostato Perfetti sconosciuti alla tradizione (ormai semi-abbandonata) della commedia all’italiana dove le risate si mescolavano a una critica sociale, al dramma, alle tragedie. A Cinematographe il regista ha spiegato di prendere molto sul serio il grande maestro del passato.

Penso che un filone che accomuna tutto il corpus di opere di Ettore Scola sia non solo il riso, ma il riso mischiato al dramma. Oramai siamo pieni di film che vogliono solo far ridere, ma si dimentica che la tradizione del nostro cinema si basa sulla commedia che ha in sé una forte componente drammatica.

Il film è stato paragonato proprio a La cena, del 1974.

Marco Giallini all’inizio non voleva interpretare Rocco

Lo ha rivelato a Verve Magazine Marco Giallini, che ha avuto l’onere e l’onore di dare vita, insieme a Bianca e a Peppe, a uno dei tre personaggi “completamente positivi o quasi” della storia: inizialmente quel ruolo non lo convinceva.

Rocco era il personaggio che mi piaceva meno. Invece poi lavorando e riguardando il risultato finale, credo di aver fatto un discreto lavoro, e credo che sia un grandissimo film.  

I personaggi sono stati pensati in base agli attori

Nel caso di Perfetti sconosciuti, essendo così cruciale l’impatto degli attori (in assenza di grandi movimenti di macchina, stacchi, cambi di ambienti, ecc), i ruoli sono stati pensati cuciti addosso agli interpreti ancora prima che vedessero la luce, già in fase di sceneggiatura. Lo ha detto il regista sempre nel corso dell’intervista a Cinematographe.

Per quanto riguarda Perfetti Sconosciuti si è pensato agli attori che avrebbero interpretato i ruoli prima ancora di scrivere i ruoli stessi. Tant’è che sul copione originale al posto dei nomi dei personaggi c’erano quelli reali degli interpreti.

Ecco perché ognuno di loro ci sembra così… “nella parte”.

Un manifesto apocalittico sulla tecnologia

Tornando ai tempi di Marshall McLuhan si potrebbe porsi la solita domanda: il medium è il messaggio?

Secondo Genovese sì. A suo parere questa commedia feroce ironizza (ma neanche tanto) sull'epoca degli smartphone, che ci rendono "frangibili", come dice Rocco alla fine del film. Il regista ne ha parlato con Cinematographe.

Cosa penso di tutta questa tecnologia? Che sia diventata un po’ il nostro tallone d’Achille.

Si può essere d'accordo o no, ma di certo questa storia aiuta a chiederci se davvero le tecnologie abbiano una responsabilità nel rafforzamento delle barriere che ci separano da chi amiamo.

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