Poche persone, tra quelle che hanno amato alla follia Piccole Donne, riescono a guardare un abete addobbato il 24 dicembre senza pensare a Jo March, i suoi conflitti post-vittoriani e i suoi frustranti corollari.
Natale senza regali non è Natale.
Poche riescono a non chiedersi quale modello femminile sia vincente, se quello di Amy (che, da "borghese inside e post-femminista", diventa ricca e sposa Laurie Lawrence), quello di Meg (che scopre quello che conta nella vita accontentandosi di una vita modesta) o di Jo (che, da "antiborghese e femminista", deve venire a patti con gli ideali romantici e ribelli per proiettarsi in un futuro agrodolce).
E nessuna, tra le lettrici compulsive del romanzo di formazione di Louisa May Alcott, è riuscita a non chiedersi – nell’ordine – quale delle sorelle March la rispecchiasse di più e quale tra le sorelle March avrebbe voluto essere.
Pubblicato nel 1868, Piccole donne fluttuò attraverso i secoli e divenne un manuale sulla tensione tra emancipazione e femminilità vittoriana. Meg, Jo e le altre diventarono archetipi comportamentali del quotidiano: i loro profili comportamentali e le loro dinamiche relazionali si potevano inserire come schede in diverse epoche e società, nelle famiglie del boom quanto in quelle della crisi.
Piccole donne è una storia universale e Meg, Jo, Beth e Amy sono un frullato (dis)funzionale tra quello che siamo, quello che vorremmo essere e quello che non vorremmo essere come sorelle, come donne, come persone.
Un successo così inter-generazionale non poteva non far fluire un elevato numero di adattamenti cinematografici o televisivi. Chiunque, leggendo i romanzi (Piccole donne come Piccole donne crescono ma anche Piccoli uomini o I ragazzi di Jo) prova a immaginare la casa dei March e la propria palette di attrici ideali per interpretare le quattro sorelle.
L’ultimo, in ordine cronologico, arriverà in Italia a gennaio 2020. Il cast è stellare: Emma Watson nel ruolo di Meg, Saoirse Ronan nei panni di Jo, Meryl Streep (zia March) e la nascente star Timothée Chalamet (Laurie).
Guarda qui il trailer:
In attesa dell'ottavo adattamento cinematografico di Piccole Donne, ripercorriamo gli altri adattamenti del famoso romanzo di Louisa May Alcott.
1- Little Women (1918)
Il cinema era ancora nella fase dei biberon quando Harley Knoles adattò il romanzo di Louisa May Alcott.
Questo fa pensare a quanto Piccole donne fosse “trasponibile”: è stato uno dei primi romanzi famosi a finire sul grande schermo.
Il film segnò il debutto di Conrad Nagel, che sarebbe diventato una grande star del cinema muto. Nel film interpretava il ruolo di Laurie Lawrence.
Non è uno degli adattamenti più famosi di Piccole donne, ma vanta qualcosa di prezioso: l’ambientazione. Il film, prodotto da William A. Brady Picture Plays, venne girato sia nella casa di Ralph Waldo Emerson che in quella di Louisa May Alcott, che si trovava a Concord, nel Massachusetts.
La scrittrice era morta 30 anni prima.
2 - Piccole Donne (1933)
L’adattamento in bianco e nero fu diretto da George Cukor e raccontò la storia in modo delicato e chiaroscurale, premendo sul conflitto tra libertà e tradizione nella figura in trasformazione della donna del Novecento.
Erano i primi anni ’30, gloriosi e curiosi sulla scia dei ruggenti ’20, e una “donna nuova” cominciava a emergere insieme alla middle class sempre più ambiziosa, figlia del progresso e del post-Rivoluzione industriale.
Il film di Cukor ha schierato la nuova icona femminile scegliendo Katherine Hepburn per il complesso ruolo di Jo, una ragazza ribelle - per cultura e per natura - che deve trovare a fatica il proprio posto nel mondo attraversando dolori, delusioni e sofferenze.
La storia accorpava i due romanzi e l’arco di formazione delle sorelle da Piccole donne a Piccole donne crescono, dosando perfettamente dramma e commedia e ponendo spunti interessanti sulla condizione femminile in conflitto con sé stessa e già vicina all’emancipazione.
Piccola nota di colore: Jean Parker, che nel film interpretava Beth, è ancora viva e ha 101 anni. Niente a che vedere con il suo personaggio, timido e dalla salute precaria.
Il film fu un successo: vinse l’Oscar per la Migliore sceneggiatura non originale (a Victor Heerman e Sarah Y. Mason) ed ebbe altre candidature, tra cui quella per l’interpretazione della Hepburn.
3- Piccole Donne (1949)
Celeberrima e mai dimenticata, la versione di Mervyn LeRoy schierava Elizabeth Taylor in versione bionda e boccolosa nel ruolo di Amy, Janet Leigh (anni prima della doccia fatale di Psyco) in quello di Meg, June Allyson in quello di Jo e Rossano Brazzi in quello del professore che avrebbe sposato Jo.
La trama non perde, come le altre, la fedeltà al libro e - come il precedente film - accorpa Piccole donne con Piccole donne crescono.
La critica ha preferito la versione di Cukor, ma questa – un melodramma che sfiora il sentimentalismo – ha avuto più successo nazionalpopolare, anche grazie alla presenza della già diva Elizabeth Taylor. Manca forse la sottigliezza nel ritratto delle quattro ragazze, che preferisce una trattazione più convenzionale dei caratteri e improntata alle emozioni invece che sulla psicologia e i conflitti interni.
4- Little Women (1978)
La miniserie dei quasi-anni ’80 fu prodotta da Universal, diretta da David Lowell Rich e andò in onda su NBC in 2 puntate.
Nel cast erano annoverati Susan Dey, Meredith Baxter Birney, Ann Dusenberry, Eve Plumb, Dorothy McGuire e William "capitano Kirk" Shatner.
La serie ha vinto due Emmy.
5- Una per tutte, tutte per una (1988)
Quando arrivò una versione anime di Piccole Donne, le bambine e ragazzine di tutto il mondo non poterono trattenersi dal passare pomeriggi con tazze di tè e occhi incollati al piccolo schermo.
Del progetto, di fine anni ‘80, si occupò Nippon Animation, studio di animazione giapponese con sede a Tokyo che decise di serializzare un grande cult di formazione, noto in tutto il mondo.
Ne uscì un cartone animato in 48 puntate che proponeva le 4 sorelle nella loro versione più iconica e fumettosa: biondissima e viziata Amy, Meg vestita di verde e Jo di rosso, mentre Beth appariva in rosa, con una treccia laterale che le scivolava giù dalle spalle.
L’anime è arrivato per la prima volta su Italia 1 nell'estate del 1988 ogni lunedì, mercoledì e venerdì ma poi ha dominato gli inverni e le primavere degli anni ’90, trasferendo le lettrici del romanzo dalle pagine alla televisione.
L’atmosfera e il mood sono molto leggeri, senza i picchi di amore e dolore di LeRoy e l’analisi raffinata di Cukor. Il prodotto è stato un successo e, avendo a disposizione quasi 50 puntate, ha potuto dosare e approfondire i numerosi, interessantissimi episodi dei romanzi, dalle vicissitudini di Jo scrittrice al famoso ballo di Meg fino al rapporto tra Jo e l’amico del cuore Laurie.
6 – Piccole Donne (1994)
Nel 1994 Winona Ryder insistette per la realizzazione del progetto, un nuovo adattamento del romanzo di Louisa May Alcott.
Naturalmente l’attrice, una vera icona degli anni '90, voleva il ruolo di Jo, anche se a tutti è sembrata troppo bella, troppo delicata, troppo minuta e dai lineamenti sottili per interpretare il forte temperamento della secondogenita March.
La versione fu diretta dalla regista australiana Gillian Armstrong e schierò, al fianco della Ryder, Claire Danes nel ruolo di Beth, Samantha Mathis in quello di Amy (mentre Amy da piccola era Kirsten Dunst) e Susan Sarandon in quello della madre, mentre Laurie era interpretato da Christian Bale.
Il progetto era ambizioso ma la critica non lo premiò: troppo “racconto” a discapito dell’analisi, troppo melò, troppo focus sulle dinamiche relazionali senza pensare a quelle sociali e alla contestualizzazione di quattro giovanissime donne che cercano di conciliare la loro stessa natura con gli insegnamenti materni, le regole sociali, le velleità, i sogni, i pregiudizi e la convenzionalità.
Il film si concentra sul matrimonio con il ricco Laurie come “sogno borghese” rifiutato da Jo e accettato da Amy (per amore, ma pur sempre accettato), dopo la scena profetica in carrozza, in cui Amy bambina si lamenta con Laurie di aver paura che nessuno la baci e strappa una promessa civettuola.
Ti prometto di baciarti prima che tu muoia.
Sono proprio Jo e Amy gli opposti dello spettro che colloca le sorelle in zone di luce e d’ombra diverse. C’è la ribellione, l’istinto e la forza da una parte (quella di Jo) e ci sono i vizi, i capricci, la convenzione e la rivalsa sociale dall’altra (quella di Amy): in mezzo si collocano le altre, con le loro sfumature.
Molte ragazze si identificano in Jo, ma probabilmente tutti siamo una sintesi (in percentuali variabili) tra il sole e la luna, tra Jo e Amy, due prototipi – con lo stesso sangue – così diversi.
Quale tra questi adattamenti avete preferito?
Iscriviti al nostro canale Telegram e rimani aggiornato!