Shia LaBeouf parla del suo (ultimo) arresto: "Ho incasinato tutto"

Autore: Silvia Artana ,

Erano le prime ore del mattino di sabato 8 luglio 2017, quando Shia LaBeouf ha dato in escandescenze per una sigaretta negata ed è finito in manette. L'attore si trovava a Savannah, in Georgia, per le riprese del film The Peanut Butter Falcon e il video che documenta la sua reazione scomposta all'arresto ha fatto il giro del mondo.

La star di Transformers ha insultato i poliziotti, pronunciando uno sconnesso discorso dai toni razzisti e vantandosi dei suoi "avvocati da milioni di dollari", ed è stato portato in carcere con le accuse di ostruzione, comportamento molesto e stato di ebbrezza in luogo pubblico. 

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Dopo una notte in carcere, Shia è stato rilasciato dietro il pagamento di una cauzione di 7mila dollari e a ottobre 2017 si è dichiarato colpevole e ha fatto pubblica ammenda.

A distanza di diversi mesi dall'accaduto, l'attore è tornato a parlare dell'episodio in una lunga intervista a Esquire, durante la quale ha raccontato anche del controverso rapporto con il padre, del legame fortissimo con la madre e di come una drammatica violenza subita da quest'ultima gli ha causato un DPTS (disturbo da stress post traumatico), che è all'origine di gran parte dei suoi problemi comportamentali.

L'arresto a Savannah

Shia LaBeouf ha affrontato con fatica l'episodio dell'arresto di Savannah. Pesando le parole, l'attore ha cercato di dare una spiegazione articolata dell'accaduto:

Quello che è successo in Georgia è stato mortificante. Privilegio bianco e disperazione e disastro... Arrivava da un'illusione egocentrica... Ero io che cercavo di assolvere me stesso dal senso di colpa per essere stato arrestato. 

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Poi ha abbandonato la cautela e ha ammesso con franchezza:

Ho fatto una c******.

Shia ha rivelato che un aiuto fondamentale nel prendere coscienza di sé stesso e del suo comportamento autodistruttivo gli è stato dato da Zachary Gottsagen, suo partner sul set di The Peanut Butter Falcon.

Armory Films/Lucky Treehouse
Il poster di The Peanut Butter Falcon
Il poster di The Peanut Butter Falcon, l'ultimo film di Shia LaBeouf

L'attore ha instaurato un fortissimo legame con il collega 32enne, affetto da Sindrome di Down, e quando è tornato al lavoro dopo essere stato scarcerato, quest'ultimo non ha fatto finta di nulla come il resto della troupe, ma gli ha sbattuto in faccia le conseguenze delle sue azioni:

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[Zachary mi ha detto, n.d.r.]: 'Tu sei già famoso. Questa è la mia occasione. E la stai rovinando'. Sentirgli dire che era deluso da me, probabilmente ha cambiato il corso della mia vita. [...] Zachary non poteva che essere dannatamente schietto e onesto e lo benedico per questo. Perché in quel momento avevo bisogno proprio di qualcuno così, che non mi lasciasse margine di discussione.

Shia ha continuato dicendo che l'amico e collega gli ha aperto gli occhi:

Io non credo in Dio... ma ho visto Dio? Ho sentito Dio? Attraverso Zack, sì. Mi è venuto incontro con amore e in quel momento amore significava verità.

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Forte di questa nuova consapevolezza, l'attore ha parlato con amarezza dei suoi proverbiali scatti di ira, approfittando di un paragone con John McEnroe, da lui interpretato sul grande schermo:

McEnroe era padrone della sua rabbia. Io sono un buffone. Le mie esplosioni in pubblico sono un fallimento. Non hanno nulla di strategico. Sono un f******, incasinato figlio di p******, che mostra il suo c*** al mondo. Devo guardare in faccia i miei fallimenti per un po'. Ho bisogno di prendere coscienza della mia m**** e di fare pulizia, prima di tornare a lavorare. Sto cercando di restare creativo, mentre imparo dai miei errori.

I problemi comportamentali

Nel corso della lunga intervista a Esquire, Shia ha rivelato che il problematico rapporto con il padre Jeffrey ha influito pesantemente sullo sviluppo della sua complessa personalità. I genitori dell'attore si sono separati quando aveva 3 anni, ma Jeffrey ha continuato a fare parte della sua vita, insieme a una mai sconfitta dipendenza da alcool e droga:

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Continui a parlarne, continui ad affrontarlo, continui a metterlo in scena e a pensare al suo odore. Ma non riesci mai ad arrivarci. E molta della mia m**** ha a che fare con il rapporto con mio padre. Quell'uomo è la mia benzina.

Invece, Shia ha definito la madre Shayna "il mio tutto". Tuttavia, proprio questo sentimento di amore totale e totalizzante avrebbe un ruolo enorme nei problemi comportamentali dell'attore. 

La star di Transformers ha raccontato che quando aveva 9 anni, lui e la madre sono andati a vivere a Tujunga, nella San Fernando Valley. Il padre ha chiesto a un motociclista che abitava nella casa vicina di tenere d'occhio la ex compagna e il figlio, perché non accadesse loro nulla. Ma non è servito. Un giorno, un uomo si è introdotto in casa e ha violentato la donna.

Shia ha rivelato di essersi bloccato e di non essere riuscito a fare nulla e anni dopo, in rehab, gli è stato diagnosticato un DPTS (disturbo da stress post traumatico)

E proprio questo episodio e le sue conseguenze sarebbero ciò che innesca la sua violenza.

Chissà se stavolta Shia ha (davvero) sconfitto i suoi demoni. O almeno, ha imparato a tenerli a bada?

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