Si alza il vento: il controverso finale del film di Hayao Miyazaki

Si alza il vento, una delle ultime fatiche di Miyazaki, è stato tanto acclamato quanto criticato, in particolare per il suo ambiguo finale.

Autore: Giulia Vitellaro ,

Nel 2013, Hayao Miyazaki, a ormai 73 anni, aveva annunciato Si alza il vento come la sua ultima fatica; fortunatamente, con un annuncio del 2017, ha ritrattato il suo ritiro, inizialmente apparso come definitivo. Dare vita a questo film avrebbe significato scavare da soli la propria tomba, aveva confessato al proprio staff in fase di produzione. La pellicola ha ricevuto nomination per gli Oscar, per i Golden Globe e per il premio assegnato dalla Japanese Academy, ma il suo successo è andato di pari passo con il disappunto di una parte di critica.

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“Si alza il vento” è la storia semi-biografica (ampiamente romanzata) di Jiro Horikoshi, un progettista di aeroplani della seconda guerra mondiale; lo spettatore segue Jiro dall’infanzia alla maturità, e lo vede inseguire il suo sogno in una vita punteggiata da piccoli piaceri sullo sfondo di un paese che si prepara al conflitto. La trama ingloba molti dei temi cari a Miyazaki e che vediamo ricorrere in molte sue creazioni: le atrocità della guerra, l'amore per le tradizioni e la semplicità dell’antico Giappone, l’aviazione degli anni dei conflitti mondiali.

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Jiro e Nahoko sotto la pioggia

La trama del film animato

Il film segue le vicende di Jiro, partendo dalla sua infanzia in una città di provincia del Giappone. Il suo sogno da bambino è pilotare aerei, ma una prepotente miopia dà una brutta frenata alle sue fantasie. Il suo amore per l'aviazione tuttavia non si spegne e Nei suoi sogni inizia a comparire una leggenda dell’aeronautica italiana, il progettista di idrovolanti Giovanni Caproni, realmente esistito e fondatore della ditta produttrice di velivoli Caproni. L’uomo lo incoraggia e gli rivela che, pur progettando aerei maestosi e avveniristici, lui stesso non è in grado di guidarli.

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Il piccolo Jiro sogna gli aerei dell'aviazione italiana

Nasce un nuovo sogno, ancora più motivato e incredibile del precedente: progettare. Jiro cresce e decide di immatricolarsi all’Università di Tokyo per studiare ingegneria aeronautica: mentre si reca nella metropoli, incontra sul treno la giovanissima Nahoko, di cui s’innamora. Il treno ha un incidente, dovuto a un terremoto e a un conseguente incendio: dopo aver salvato la cameriera di Nahoko, rallentata da una gamba rotta, i due si separano per non rivedersi ancora per molti anni. Caproni continua ad apparire nei suoi sogni durante tutto il suo percorso di studi nell’aeronautica e oltre, e dopo aver concluso la propria carriera accademica Jiro lavora progettando aerei per una compagnia di Nagoya. Lavora senza pausa e presto diventa insostituibile per i suoi colleghi e i suoi superiori.

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Jiro progetta aerei mentre il capo Hattori e il capo progetto Kurokawa lo guardano impressionati

Dopo una grande delusione professionale, Jiro è inconsolabile. I suoi superiori, preoccupati, lo spediscono in un resort nella speranza che riesca a distrarsi e rilassarsi. Lì, incontra nuovamente Nahoko, diventata una giovane e bellissima donna. I due decidono di sposarsi malgrado Nahoko soffra di tubercolosi e abbia poche probabilità di sopravvivenza. Il giovane progettista torna al lavoro ispirato e gli viene assegnato un'importante progetto finanziato dalla marina militare per la creazione di un bombardiere: la concentrazione che dedica al lavoro va di pari passo con il peggioramento delle condizioni di salute della sua novella sposa.

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Jiro, tornato esausto dopo una notte a lavoro, si sdraia accanto alla debole Nahoko

Prima della presentazione di quello che sarà il celebre e terribile Mitsubishi A5M (lo “Zero”), Nahoko e Jiro passano gli ultimi languidi momenti insieme. Lei torna all’ospedale in montagna, dove morirà. Il test dell’aeroplano du Jiro, invece, è un successo. Ha coronato il sogno per cui si è impegnato strenuamente una vita intera.

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Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, Jiro ha un ultimo incontro onirico con Caproni. Nel sogno cammina in mezzo a rovine a carcasse di aeromobili in uno scenario apocalittico e triste, per poi ritrovars, sconsolato, dinanzi su una collina, di fronte un grande campo verde. Ad attenderlo c'è Caproni, che lo consola: il suo sogno alla fine si è avverato, malgrado i suoi nefasti risvolti.

Gli aeroplani sono un sogno splendido ma maledetto. Il cielo azzurro finisce per inghiottirli tutti.

Sulla prateria del sogno spunta la bella Nahoko, che gli si rivolge dolcemente, dicendo “Mio caro, vivi... Vivi!”, riecheggiando la poesia di Paul Valery che i due hanno citato durante il proprio incontro: S’alza il vento, ora bisogna vivere.

Il finale del film e il suo rapporto con la guerra

Si alza il vento è stato considerato una delle pellicole più controverse di Miyazaki. Contiene senza dubbio temi molto adulti e la tragicità dell’amore di Jiro e Nahoko è chiara sin dall’inizio, ma non è questo quello su cui la critica si è concentrata. Il problema principale si concentra nella figura stessa del protagonista, Jiro Horikoshi: i suoi aerei furono uno dei principali strumenti nella brutale politica di conquista del Giappone durante la seconda guerra mondiale; in particolare, i critici americani  hanno sottolineato come i suoi “Zero” fossero stati impiegati anche nel famigerato attacco a Pearl Harbour. Ma le motivazioni vanno molto oltre la tragica ferita nella storia americana, e il film e la critica si interrogano su quanto possa essere problematica l'eulogia dell’amore per la progettazione, che pur essendo una tecnica raffinata e sopraffina può creare terribili strumenti di devastazione e morte. D’altronde, l'amore di Miyazaki per il design degli aeroplani protagonisti dei due conflitti mondiali non è certo una novità: tuttavia, il suo Porco Rosso si ambientava a guerra finita e non faceva mistero degli orrori (come la battaglia che trasforma misteriosamente Marco in un suino) che questa aveva generato.

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Jiro mostra il progetto incompleto del proprio aeroplano a Caproni in un sogno

L’atteggiamento negativo di una parte di critica è ben riassunto nell’articolo di Inkoo Kang per il Village Voice , dove la giornalista afferma che Si alza il vento è “moralmente ripugnante” e “Sintomatico dell’atteggiamento post-bellico del Giappone nei confronti della propria storia: un’accettazione totale degli orrori della guerra e un consapevole rifiuto delle atrocità commesse dal proprio paese durante il periodo del conflitto. […] La bellezza del film di Miyazaki è oscurata dalla sua irresponsabilità morale”. A fare indignare questa porzione di critici sono state le ultime scene del film, dove il rimorso di Jiro non è del tutto evidente, e dove la sua più grande preoccupazione sembra quella che nessuno dei suoi preziosi aerei sia tornato a casa.

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È davvero così?

Nella scena prima della sequenza finale, il momento del test del Mitsubishi, non vediamo Jiro partecipare della gioia degli aviatori e della sua compagnia. L’entusiasmo lo abbandona per fare spazio a una strana apatia, a un mondo silenziato: ha lo sguardo fisso sulle campagne intorno. Lo sguardo di Jiro è rivolto al Giappone. Improvvisamente, tutto è diventato reale: quello che era un meraviglioso sogno, fatto di ingegno, calcoli, fantasia e voglia di sperimentare ha trovato il proprio tragico spazio nella realtà.

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Modelli di Mitsubishi A5M, ideati da Jiro, volano in velocità

Le notti insonni, l’entusiasmo nel parlare con i colleghi, le idee innovative si trasformano in un altro strumento che unge gli ingranaggi della guerra. Citando le parole di un addolorato Oppenheimer in riferimento alla sua invenzione della prima bomba atomica: “Ora sono diventato la Morte stessa, distruttrice di mondi”.

“Vola da sogno!”, dice un entusiasta aviatore al nostro protagonista, appena terminato il volo di prova. In quella che dovrebbe essere la coronazione del suo sogno, Jiro si scontra con la crudeltà e l’orrore della realtà. Nahoko muore in quel momento: non c’è più posto per l’amore e per la delicatezza nel mondo che lui ha appena contribuito a creare.

Segue l'ultima scena, un sogno di Jiro. Il progettista cammina silenziosamente in mezzo ai cadaveri senza vita dei suoi meravigliosi, eleganti, mortali aeroplani, che durante la guerra hanno portato orrore e causato la morte di migliaia di persone.

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Jiro cammina tra i rottami dei propri aerei in un sogno

Lo aveva sempre saputo e lo aveva ignorato? O il suo sogno lo aveva assorbito tanto da fargli dimenticare il fine ultimo di quelle macchine? Nel sogno spunta Caproni accanto a lui, un’ultima volta. Gli fa i complimenti per lo splendido lavoro, anche se “gli aeroplani sono un sogno splendido ma maledetto”. Poi il progettista italiano gli indica la prateria, dove lo aspetta la candida Nahoko, che ha per lui una sola frase, che ripete sorridendo: Vivi!

Questo imperativo non è un mero invito a ignorare i brutti pensieri o i brutti sogni. Perché Nahoko gli ordina di vivere? Da quella frase capiamo che l’intenzione di Jiro è quella di smettere di vivere, forse di suicidarsi. Il pensiero di ciò che i suoi aerei hanno causato lo logora più di quanto Miyazaki voglia mostrare, rifuggendo una presentazione didascalica dei sentimenti del protagonista. Poco dopo aver pronunciato queste parole, Nahoko scompare; Jiro si volta e sussurra: “Grazie”. Erano le parole di cui aveva bisogno. Un inno alla vita. Alla speranza. Al rifiutare altra morte, dopo un’esperienza terribile come quella della guerra.

Malgrado il terribile epilogo dei propri sogni, Caproni invita Jiro a riflettere sul fatto che, in fondo, è riuscito a realizzare il proprio sogno, qualsiasi sia stato il costo.

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Caproni e Jiro in un sogno, al tramonto

Jiro non è un eroe perfetto e coraggioso come Nausicaa della Valle del vento, non è devoto al bene come Ponyo. Vediamo in lui sia l’idealismo che la negligenza: sin da piccolo si scaglia contro le ingiustizie dei suoi coetanei verso i più piccoli, e in moltissimi momenti del film, dall’inizio alla fine, lo vediamo intento in piccoli atti di gentilezza e coraggio quotidiani, malgrado il focus della maggior parte delle sue azioni rimanga la costruzione di aeromobili. In lui c’è l’errore, la contraddizione profonda presente in tutti gli esseri umani, che alle volte si manifesta in una strenua e disperata lotta interiore e che altre volte convive in noi silenziosamente, senza tempeste. Jiro non è malvagio, ma la sua responsabilità nei confronti della Storia è terribile, un fardello insopportabile.

La riflessione di Miyazaki non dà una risposta: è una domanda profonda sulla natura umana, sulle conseguenze delle azioni del singolo, sul contrasto tra l’individuo e il personaggio storico. Forse Jiro avrebbe potuto prevedere la distruzione che i suoi aerei perfetti avrebbero portato, forse avrebbe potuto abbandonare il suo sogno. Forse la guerra sarebbe avvenuta lo stesso e avrebbe causato la stessa distruzione. Le origini di questa riflessione si possono ritrovare nella biografia dello stesso Miyazaki, il cui padre, durante la seconda guerra mondiale, era proprietario della Miyazaki Airplane e si era guadagnato da vivere fabbricando componenti per aerei da guerra. Si alza il vento avrebbe potuto essere un delicato inno alla passione tradizionalmente giapponese per il design e la sofisticatezza dei progetti, ma come sempre il maestro dell’animazione giapponese lo ha trasformato in qualcosa di diverso. Con parole di Miyazaki

Faccio parte (e non mi escludo) di una generazione di giapponesi che sono cresciuti con dei sentimenti molto confusi e complessi riguardo la seconda guerra mondiale, e lo Zero rappresenta la nostra coscienza collettiva. Il Giappone è entrato in guerra con un’arroganza miope, danneggiando l’intera Asia orientale, e portando distruzione ovunque, persino su se stesso. Ma in tutta questa storia umiliante, lo Zero rappresenta una delle poche cose di cui noi giapponesi possiamo andare orgogliosi.

Nessuno, neanche Jiro saprà mai se ha vissuto la propria vita come un nobile inseguitore di ideali o come un irresponsabile superficiale. L’amore della sua vita era condannato alla morte sin dall’inizio. Il suo sogno era condannato a generare morte sin dall’inizio. Forse Jiro è entrambe le cose.

Il finale previsto dallo storyboard originale

L’invito finale di Nahoko a Jiro, “Vivi! Devi vivere!”, potrebbe sembrare un invito dell’inconscio di Jiro a scagionarsi dagli orrori che la realizzazione dei suoi sogni ha causato.

Nello storyboard originale, tuttavia, le parole che la giovane ragazza rivolge al proprio vedovo erano diverse, come affermato dallo stesso Miyazaki in un’intervista.

In giapponese, Nahoko grida dalla distesa d’erba: “Ikite!”, tradotto come “Vivi!”. Jiro sopravvive e grazie a lei decide di continuare la propria vita, malgrado fosse chiaro avesse intenzione di porvi fine.

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Nahoko cammina con un ombrello per ripararsi dal sole in una distesa erbosa nel sogno di Jiro

Non è così nella versione originale dello storyboard, cambiata all'ultimo momento, dove la ragazza dice invece: “Kite!”, che ha un significato diametralmente opposto: “Vieni!”. Un invito a raggiungerla dall’altra parte, ad abbandonare un mondo fatto di tristezza, rimpianti e distrutto dalla responsabilità di migliaia di morti. Aggiungendo una lettera si è riusciti a stravolgere le sorti di un personaggio. Probabilmente questo avrebbe dato un tocco più tetro e malinconico alla trama, dove un Jiro stanco e affaticato dai rimpianti avrebbe potuto finalmente abbandonare la -terribile- realtà terrena per riunirsi alla sua amata.

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Si alza il vento (Kaze Tachino), è un film di Hayao Miyazaki prodotto da Studio Ghibli. È uscito in Italia 13 Settembre 2014 ed è attualmente disponibile sulla piattaforma streaming Netflix.

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