Sony, Microsoft e Nintendo si danno costantemente battaglia nel mercato del gaming, ma questa volta hanno deciso di unire le forze per cercare di far cambiare idea al governo statunitense in merito ai dazi sui beni importati dalla Cina. La situazione è particolarmente drammatica, sia per le aziende che per i consumatori.
Come riporta Kotaku, i tre colossi del gaming hanno risposto alla proposta dell'amministrazione Trump (altro capitolo della trade war con la Cina dopo il caso Huawei) con una lettera congiunta inviata al Rappresentate per il Commercio degli Stati Uniti d'America. Le aziende chiedono di rivedere la proposta, che se approvata porterebbe a un rincaro del 25% sul prezzo finale delle console (quindi 840 milioni di dollari spesi in più dai soli consumatori sul territorio statunitense).
Nel documento di sette pagine datato 17 giugno 2019, Sony, Microsoft e Nintendo affermano che il 96% delle console importate dagli Stati Uniti d'America sono assemblate in Cina e che oggi, dopo tutti gli investimenti fatti negli anni, sarebbe impensabile spostare la fornitura altrove.
La catena di distribuzione delle console si è sviluppata in Cina dopo anni di investimenti delle nostre aziende e dei nostri partner. Spostare interamente la fornitura negli Stati Uniti d'America o in un paese terzo, causerebbe seri problemi alla filiera e incrementerebbe i costi di prodotti già oggi realizzati con scarsi margini.

Le console (come gli smartphone, ad esempio) includono componenti prodotti e forniti da più aziende da tutto il mondo, e cambiare anche un singolo tassello potrebbe minare la qualità del prodotto finale, spiegano le parti interessate:
Ogni console per videogiochi comprende dozzine di complessi componenti forniti da più paesi. La sostituzione anche di un singolo fornitore deve essere attentamente esaminata per mitigare i rischi sulla qualità del prodotto e scongiurare pericoli per la sicurezza del consumatore. I dazi interromperebbero gli affari delle nostre aziende e incrementerebbero così tanto i prezzi da condizionare negativamente le vendite di console, giochi e servizi che guidano la redditività di questo segmento di mercato.
L'obiettivo dei tre produttori è quello di convincere l'amministrazione Trump a escludere le console dai prodotti sui quali imporre i dazi, e per il suo raggiungimento hanno chiamato in causa anche l'egemonia statunitense nel settore. I dazi - e i conseguenti aumenti di prezzi - potrebbero compromettere l'innovazione tecnologica su cui puntano aziende e sviluppatori di videogiochi.
Credete che le scelte di Trump possano davvero rappresentare un pericolo (anche) per il mercato del gaming? Riusciranno Sony, Microsoft e Nintendo a far cambiare idea all'amministrazione USA?
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