La ricerca spasmodica e continua della "competitività" e la tanto decantata e strombazzata concorrenza altro non sono che l'ennesima arma rivolta contro i lavoratori e lo strumento del capitale per tenere i salari sempre più bassi. Ne è convinto Ken Loach, che nel suo Sorry We Missed You racconta in maniera tanto drammatica e toccante quanto lucida e precisa il degrado disumanizzante delle condizioni di vita del proletariato di oggi.
Presentato in Concorso al Festival di Cannes 2019 e sceneggiato da Paul Laverty, Sorry We Missed You è il secondo film consecutivo del regista britannico ambientato a Newcastle dopo Io, Daniel Blake, premiato con la Palma d'Oro. "Mi spiace, non c'era nessuno in casa": è quello che c'è scritto sui bigliettini che i corrieri lasciano quando il destinatario di una consegna non è reperibile. Da qui comincia il viaggio del film nelle aberrazioni della gig economy e del "lavoro accessorio", fino ad un finale che lascia impotenti e senza fiato.
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La trama
I Turner sono una famiglia alle prese con le drammatiche conseguenze della crisi finanziaria del 2008. Da quando ha perso il lavoro da carpentiere e non può più garantire il pagamento del mutuo per comprare casa, Ricky (Kris Hitchen, idraulico nella vita reale) si è messo a fare il corriere freelance per la PDF. Le regole d'ingaggio dell'azienda sono ferree: niente contratto, niente stipendio fisso, niente ferie né congedo per malattia o per gravi motivi familiari. Il mantra è "sei datore di lavoro di te stesso": non lavori "per" loro ma "con" loro.
Ricky guadagna a consegna. È uno degli schiavi della gig economy, il lavoro a chiamata. La ditta che l'ha assunto fa intermediazione di manodopera per colossi come Amazon, Apple e eBay: ha il profitto come unico obiettivo, passa sopra a qualsiasi responsabilità sociale e pensa esclusivamente alla riduzione dei compensi. In pochi giorni, Ricky diventa uno dei tanti precari sfruttati da un sistema che spaccia il delivering a commissione come un lavoro autonomo con ghiotte possibilità di benefit.
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Ricky lavora 14 ore al giorno per 6 giorni alla settimana, passa la maggior parte della giornata nel suo furgone (comprato vendendo l'auto della moglie) e cerca di massimizzare tempi e guadagni mangiando e dormendo il minimo indispensabile, persino pisciando in una bottiglietta per evitare le soste. Un palmare di bordo lo segue e ne controlla consegne e spostamenti: come il tristemente noto braccialetto brevettato da Amazon per tracciare i movimenti delle mani dei dipendenti.
Non va meglio alla moglie Abby (Debbie Honeywood, insegnante di sostegno nella vita reale), assistente sanitaria a domicilio per anziani e malati non autosufficienti. Dopo aver venduto l'auto per permettere al marito di comprare un furgone che la PDF si è guardata bene dal mettergli a disposizione, la donna fa orari massacranti dividendosi tra mezzi pubblici, appuntamenti con gli assistiti e cura della casa, delle bollette e dei due figli, il maggiore Sebastian (Rhys Stone) e la piccola Liza Jane (Katie Proctor). Tutto questo con un contratto a ore e un salario sottopagato.
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Il finale
La famiglia Turner è a pezzi. Seb e Liza hanno caratteri opposti. Lui è intelligente e ha un talento per il disegno, ma soffre l'assenza costante dei genitori e a 17 anni ha già smesso di credere nel futuro. Per giunta si è messo nei guai vendendo il suo giaccone per comprare delle bombolette spray e fare graffiti con i suoi amici, provocando la reazione rabbiosa del padre. Liza è agli antipodi: è molto più matura dei suoi 11 anni e vorrebbe soltanto un po' di tranquillità per i suoi cari.
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Quest'equilibrio instabile si spezza quando Seb viene sospeso per aver fatto a botte con un compagno di scuola e ruba tre bombolette di vernice in un grande magazzino. Lo stress divora Ricky, che schiaffeggia il figlio quando spariscono le chiavi del suo furgone. In realtà non è stato lui a nasconderle ma Liza, convinta che sottraendo il padre a quel lavoro infernale potrà passare più tempo con loro e tutto tornerà "normale". Ricky è ormai al limite. Durante l'ennesima consegna sul filo del rasoio, tre ladri lo aggrediscono rubando la merce nel suo furgone e pestandolo a sangue.Image not found
Portato al pronto soccorso da Abby, Ricky è costretto a subire un'altra umiliazione: Maloney, il suo cinico capo, gli telefona per informarlo che l'assicurazione non copre il danno e dovrà ripagare 500 sterline per la merce rubata e 1000 per lo scanner dei codici a barre che i tre delinquenti gli hanno distrutto.
La rapina ha avuto almeno un lato positivo: Ricky riallaccia i rapporti con Seb. Ma l'affetto della famiglia non paga multe e debiti. Di primo mattino, ancora ferito e confuso, Ricky si rimette al volante: non ha altra scelta. Lascia un messaggio alla moglie sul tavolo della cucina: "Non arrabbiarti Abby. Ce la farò, ti amo". È Seb il primo a fiondarsi sul furgone per impedire al padre di mettersi alla guida, raggiunto subito dopo da Abby e Liza. Non c'è nulla da fare: Ricky fa retromarcia e in lacrime si avvia verso l'ennesima giornata di consegne e vessazioni.
Un finale durissimo e spietato, che fa guardare con occhi diversi la vita di un corriere. Non ci sono eroi né un consolatorio happy ending: solo la vita reale. Ricky non può far altro che tornare al lavoro e continuare a girare come un criceto su una ruota che non va da nessuna parte.
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Il messaggio di Ken Loach è forte e chiaro: il capitale ruba il nostro tempo e la gig economy distrugge le famiglie. I mandanti di questo massacro, della distruzione sistematica della persona e del welfare, sono chiari: l'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, il mantenimento della competitività a tutti i costi che impone flessibilità e precarizzazione, il neoliberismo e l'abbandono dell'economia mista incorporati nei Trattati e nel tessuto profondo dell'Unione europea.
Ma il film di Loach, girato in un mondo pre-Covid prima che i corrieri diventassero "key workers" innescando una feroce concorrenza per il lavoro a chiamata e l'inevitabile compressione dei salari, mostra anche il completo fallimento dei programmi di assistenza pubblica per i lavoratori dipendenti e autonomi che non hanno accesso ai normali sussidi statali e cosa succede quando le persone di cui i governi dovrebbero prendersi cura vengono lasciate indietro. "L'aspetto più sorprendente – spiega Loach nelle note di regia – è il numero di ore che le persone devono lavorare per guadagnarsi decentemente da vivere e anche la precarietà del loro lavoro".
È sostenibile fare acquisti grazie a un uomo in un furgone che si ammazza lavorando 14 ore al giorno? In fin dei conti, è davvero un sistema migliore rispetto a recarci in un negozio e parlare con il gerente? Vogliamo davvero un mondo in cui le persone lavorano sotto una simile pressione, con ripercussioni devastanti sulle loro amicizie e sulle loro famiglie e un restringimento delle loro vite? Qui non si tratta del fallimento dell'economia di mercato, al contrario è la logica evoluzione del mercato, conseguenza della concorrenza selvaggia a ridurre i costi e ottimizzare i profitti. Il mercato non si interessa della nostra qualità di vita, è preoccupato solo di fare soldi e le due cose non sono compatibili. I lavoratori sulla soglia della povertà, come Ricky, Abby e la loro famiglia, pagano il prezzo.
Lo dimostra la terribile storia vera che ha ispirato il regista e lo sceneggiatore: quella di Don Lane, un corriere DPD di Christchurch morto a causa di un collasso diabetico dopo essere stato multato di 150 sterline dalla sua azienda per aver preso un giorno libero per andare dal medico. L'agghiacciante finale di Sorry We Missed You fotografa alla perfezione quello che il filosofo coreano Byung-Chul Han ha teorizzato sulle pagine della Süddeutsche Zeitung: nella gig economy "ogni individuo è padrone e schiavo in una lotta di classe che è diventata una lotta interna con se stessi".
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