Per me è cominciato tutto con lei.
Ho iniziato a fare questo lavoro tredici anni fa, scrivendo il mio primo libro su Buffy.
La Cacciatrice è stato uno dei miei grandi, grandissimi amori televisivi. E oggi, quasi vent’anni più tardi, ci ha lasciato un’eredità importante.
Ieri, giorno del diciannovesimo anniversario del debutto di Buffy sulla TV Usa, Sarah Michelle Gellar ha deliziato i suoi follower su instagram con questo omaggio:
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Perché ci sono cose che non cambiano mai, come la consapevolezza di aver fatto parte di una serie di culto e, soprattutto, la consapevolezza che oggi quella serie è ancora molto, molto amata.
Buffy ha dato un contributo importante alla storia della TV.
Ha riscritto le regole dell’horror, sdoganandolo per il grande pubblico e mescolandolo con teen drama, romance, avventura, fantasy, comedy… Per dar vita a quella ricetta unica e irripetibile che ha confermato al mondo il talento di Joss Whedon.
Per la prima volta, un personaggio in TV cresceva insieme ai suoi telespettatori, accompagnandoli nella difficile transizione dall’adolescenza all’età adulta.
Anno dopo anno (e censura dopo censura: la TV generalista italiana interruppe la messa in onda all’episodio “The Body - Un corpo freddo”, in cui muore la madre della protagonista, e non trasmise “New Moon”, incentrato sull’omosessualità di Willow) Buffy ha giocato con gli stereotipi, le citazioni, gli omaggi e la cultura pop.

Ha dato vita a uno spin-off, Angel (che io ho amato tanto da dedicare un libro anche al vampiro con l’anima), si è trasformata accentuando il realismo e la verosimiglianza, inserendo tematiche attuali e scomode, spingendo lo spettatore a confrontarsi con le sue paure più grandi.
La paura di vivere in un mondo in cui l’orrore vero alberga nel cuore degli esseri umani, pronti a vendere l’anima per pochi spiccioli.
La paura di vivere in un mondo in cui la Bocca dell’Inferno è solo l’anticamera di una dimensione incentrata sul Male Primordiale, quello a cui l’uomo stesso ha dato origine facendo le scelte sbagliate.
La paura di vivere in un mondo senza un futuro, sempre sull’orlo del disastro, in cui l’apocalisse rappresenta - non troppo metaforicamente - la nostra tendenza all’autodistruzione.

Buffy Summers si è fatta portavoce di tutto questo, e di molto altro.
Ha preso un flop cinematografico di cinque anni prima e l’ha trasformato in un fenomeno di culto.
Ha trasformato la bella biondina, tipica vittima negli horror, nella Cacciatrice che prende a calci il mostro di turno.
Ha fatto sì che la bella ragazza un po’ svampita maturasse, sacrificio dopo sacrificio, fino a trasformarsi in un’adulta ben consapevole che nulla arriva, se non si è disposti a giocarsi il tutto per tutto.
E ha accompagnato una generazione di telespettatori verso la scoperta più importante: le serie TV, per quanto “fantasiose” possano essere, parlano sempre di noi.
Del nostro mondo, dei nostri amori tormentati, delle nostre paure, dei nostri sogni.
E della nostra passione.
Quella che non muore mai, nemmeno a distanza di vent’anni.
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