The Happy Prince: Rupert Everett diventa regista e omaggia Oscar Wilde

Autore: Elisa Giudici ,

"L'uomo è condannato dal principio e corre verso la rovina".

Non potevano mancare aforismi e brillanti sprazzi di verità racchiusi in una riga elegante in un film che celebra un personaggio usato e abusato proprio per la sua capacità di incapsulare la realtà in un pugno di parole. La vera sorpresa è però quanto Rupert Everett sia titubante e parco nell'utilizzare le massime fulminanti del personaggio che va ad indagare: lo fa solo quando si sente abbastanza sicuro di averlo tirato fuori da quel ritratto estremo e caricaturale che nasconde l'uomo dietro l'artista

Paloma
Rupert Everett è Oscar Wilde a Napoli
Diventare regista per avere il ruolo della vita: Rupert Everett vince la sfida dietro la macchina da presa

The Happy Prince racconta l'ultima corsa sfrenata e mitologica di Oscar Wilde verso la sua personale rovina, cominciando dalla gogna pubblica del carcere. Nei fatali mesi finali trascorsi tra la Francia dei boulevard e la viziosa Napoli, il poeta e commediografo amante della decadenza e della trasgressione non è più sé stesso. È trasfigurato dall'esperienza brutale (anche quando solo accennata dal film) del carcere, eppure è incapace di lasciare alle spalle quel suo modo di vivere che l'ha condotto alla rovina.

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Al suo capezzale vanno e vengono denaro e debiti, amici e amanti, ma il centro della scena è chiaramente tutto suo, di un Rupert Everett che si regala un ruolo intenso, mettendosi per la prima volta anche dietro la macchina da presa. Non sorprende che un attore della sua levatura sappia addomesticare e mantenere in equilibrio un ruolo tanto complesso, ma bisogna comunque sottolineare come Everett superi brillantemente questa prova. Il suo anziano Oscar Wilde non scade mai nella macchietta o nell'eccesso, pur continuando anche nelle sue ultime settimane di vita ad essere sempre a centro della scena, ad amare e tradire, senza saper resistere alla tentazione di vivere senza reticenze.

Esteta della vita e del cinema

A colpire della prova da regista di Rupert Everett è il risultato più che discreto che è capace di portare su grande schermo al suo esordio in questa veste. L'elemento più dirompente in The Happy Prince è però una fotografia superba, curata da John Conroy, rifinita in ogni singola scena, sin all'eccesso. Nel catturare le luci fumose dei bar parigini e il sole caldo della costa napoletana, il film sembra impegnato nella stessa elegante ricerca estetica del suo scrittore. Si potrebbe parlare di manierismo, ma se c'è un personaggio il cui gusto per la bellezza formale giustifica un film tanto ricercato, quello è proprio Oscar Wilde. 

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I problemi arrivano semmai proprio in come venga raccontato il poeta e commediografo. Non si può che applaudire il tentativo di smantellare senza tante cerimonie quell'immagine stucchevole del poeta gaudente finito in disgrazia che trova all'ultimo Dio e spira lontano dai suoi cari, penitente. Oscar Wilde, fedele a sé stesso, fu incoerente fino alla fine. The Happy Prince lo fotografa proprio quando è lacerato dal desiderio di indulgere in vecchi rapporti velenosi, ma amaramente consapevole di quanto gli stessi gli siano costati, di quanto dopo avergli tolto tutto potrebbero ancora trovare modi e metodi per farlo soffrire. 

Paloma
Rupert Everett a Napoli
Napoli viene ritratta in The Happy Prince come il più classico dei rifugi decadenti letterari

Lo troviamo ricco esule a Parigi, ma dall'apertura del film già sappiamo che finirà senza un soldo nei rioni popolari, alla ricerca dei piaceri della carne. Lo vediamo strappare una lettera dell'amante che lo ha condotto alla rovina, salvo poi partire al suo fianco verso un viaggio a Napoli che si preannuncia catastrofico ancor prima che venga ideato, e a cui Wilde non si sottrae. Lo vediamo nella veste di padre narratore instancabile e di marito e papà vero, e proprio assente e traditore

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Le interpretazioni di Everett e del suo circolo di raffinati caratteristi inglesi giovani e meno giovani sono all'altezza della sfida, eppure manca qualcosa ad un film che colpisce in linea di principio ma mai nelle viscere dello stomaco. L'errore sta forse nel voler rendere esemplare la storia di Wilde negandone l'unicità, rendendola paradigma e modello di quelle degli omosessuali condannati e derisi come lui quando colti in fallo dall'ipocrita società inglese dell'epoca.

Paloma
Rupert Everett in The Happy Prince
Rupert Everett è un Wilde penitente e senza vergogna in The Happy Prince

Se il film non manca mai di raccontarci la complessità dei sentimenti contrastanti del suo protagonista, pecca forse di eccessiva semplicità nel dividere il codazzo di suoi ammiratori e parenti tra buoni e cattivi, e proprio non riesce al trattenersi dal salire in cattedra, perdonare e condannare, senza lasciare che sia la forza della storia contraddittoria di Wilde a guidare il pubblico a una riflessione personale e attuale. 

Quando una storia umana diventa una lezione, anche se inscatolata nella migliore delle confezioni e impartita da un volto familiare come quello dell'attore regista, finisce per non far presa a livello umano. È proprio quello che succede in The Happy Prince, esordio che raggiunge la sufficienza ma senza impressionare davvero. 

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The Happy Prince è nelle sale italiane dal 12 aprile 2018.

Commento

cpop.it

60

Alle volte a un attore tocca diventare regista per regalarsi il ruolo atteso da una vita: Everett non se la cava così male, ma il suo eccessivo manierismo tronca la potenza sentimentale del suo Wilde.

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