Il celebre attore Pasquale Zagaria iniziò la sua carriera sotto il nome d'arte Lino Zaga, ma su consiglio di Totò, per superstizioni legate al mondo dello spettacolo, decise di modificarlo in Lino Banfi. Questo cambio si rivelò fortunato, dato il successo che seguì.
Lino Banfi, originario della Puglia, ha avuto una carriera diversificata, spaziando tra il cinema e la televisione. Iniziò recitando accanto a Franco e Ciccio, per poi diventare un volto noto in numerose pellicole e programmi televisivi, assumendo anche il ruolo di conduttore. La sua popolarità crebbe notevolmente grazie alla serie "Un medico in famiglia", dove interpretò il ruolo del "nonno nazionale".
Particolarmente apprezzato nel genere della commedia italiana, soprattutto quella degli anni '80, Banfi è diventato famoso per le sue interpretazioni in film cult come "L'allenatore nel pallone". Inoltre, insieme ad altri celebri attori come Alvaro Vitali, Mario Carotenuto e Renzo Montagnani, è stato uno dei volti principali della commedia sexy degli anni '70, un genere caratterizzato da situazioni esilaranti e spesso piccanti, con un gruppo di uomini di mezza età e giovani studenti che spesso si trovavano a osservare le bellezze di attrici famose come Edwige Fenech, Gloria Guida e Nadia Rizzoli.
La classifica dei migliori 10 film di Lino Banfi
Nei film lo abbiamo visto vittima di scherzi, manesco e irascibile, arrapeto o ingrifeto (come direbbe lui), ma comunque sempre in ruoli da perdente, che sia un preside, un allenatore oppure un lupo di mare. Sempre con quelle vocali invertite (le "e" al posto delle "a") o quei suffissi strambi ("stron*olo"). Per riscoprire il cinema da ridere di Lino Banfi, abbiamo selezionato le sue 10 migliori commedie. Prima di avventurarci nella classifica, però, occorre una precisazione. In esame sono stati presi i titoli dove Banfi è più o meno il protagonista assoluto (quindi niente I pompieri o Grandi magazzini e neppure la piccola ma divertente partecipazione a Quo vado?) o divide la scena con un numero ridotto di colleghi.
Il film in assoluto più importante che lo vede in un ruolo minore è Detenuto in attesa di giudizio, grande regia di Nanni Loy al servizio di un superbo Alberto Sordi ad uno dei suoi più bei ruoli drammatici. Fuori classifica, naturalmente, per diversità di genere, ma doveroso ricordarlo (Banfi è il direttore di un carcere) assieme ad una manciata di pellicole che si piazzano appena fuori dalla top ten. Tra queste, lo stracult L'esorciccio (citato pure da Villaggio in Fantozzi), lo sgangherato Il brigadiere Pasquale Zagaria ama la mamma e la polizia (il suo primo assolo sul grande schermo) e le farse Spaghetti a mezzanotte, Ricchi, ricchissimi... praticamente in mutande e Cornetti alla crema.
- Vai avanti tu che mi viene da ridere
- Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio
- Pappa e ciccia
- Com'è dura l'avventura
- Scuola di ladri
- Vieni avanti cretino
- Il commissario Lo Gatto
- Fracchia la belva umana
- L'allenatore nel pallone
- Al bar dello sport
Vai avanti tu che mi viene da ridere
Già che Banfi si chiami Bellachioma in Vai avanti tu che mi viene da ridere fa capire che razza di sventurato sia questo commissario testardo ma inetto, intenzionato a sventare un attentato, proteggendo pure l'unico testimone ancora in vita, l'affascinante presunto travestito Andrea di Agostina Belli.
Garbato poliziesco da ridere che affronta un tema scivoloso (specie per l'epoca) con ironia e tatto, senza mai scadere nel triviale. Si ride con le avventure del commissario, parente stretto di Auricchio, aiutato da un appuntato più cretino di lui, il Cavicchioni di Nando Paone.
Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio
Cerca la protezione della Madonna dell'Incoronèta, Altomare Secca, proprietario di un negozio di elettrodomestici assai superstizioso. Le tenta tutte, dal sensitivo strabico ai cornetti, per sfuggire agli anatemi dell'Innominato, vicino di casa dal pelo irto e setoso.
Banfi su di giri in una pochade che tratta di iella, fatture e superstizioni. Il sale versato per sbaglio, coincidenze catastrofiche e un protagonista via via sempre più esasperato e in preda ad attacchi isterici. Insuperabile.
Pappa e ciccia
Nicola Calore ha una chepa dura come una cassaforte. Sogna Wall Street ma fa l'imbianchino in Svizzera, dove è emigrato in cerca (vana) di fortuna. Insomma, è un povero disgrazieto (le "a" e le "e" nell'universo banfiano si scambiano i ruoli) che deve far fronte all'arrivo dalla Puglia della nipote, l'avvenente Milly Carlucci, che lo crede un tycoon. Si ride di gusto in Pappa e ciccia, farsa veloce veloce in cui a Banfi tenta in tutti i modi di mascherare la propria modesta condizione ai parenti, soprattutto per orgoglio. Nell'episodio con protagonista Paolo Villaggio, poi, l'attore pugliese delizia con un cammeo da pilota d'aerei sui generis: il comandante Tombale che "calma e gesso, non è un fesso".
Com'è dura l'avventura
All'epoca dell'uscita fu un flop. Eppure Com'è dura l'avventura si smarca dalle commedie commerciali in voga allora, proponendo una truffa assicurativa pensata a Varese e messa a punto in Marocco. Quel tocco di esotico rende strepitose alcune trovate (l'urlo nel deserto è memorabile) e cementa il connubio fra odissea dei protagonisti e commedia. Un ritmo a singhiozzi rovina in parte un film in cui si percepisce il tramonto di una stagione comica durata quasi un decennio. Un crepuscolo in cui alla farsa si affianca la riflessione, con un sottotesto musicale davvero meritevole e un cast di assoluto livello, da Flavio Bucci (lo iettatore padre Ribaldo) ad Alessandro Haber, passando per Gastone Moschin, perfetto nei panni dell'imprenditore senza scrupoli.
Scuola di ladri
Da inetti senza futuro a professionisti del crimine. Alla trasformazione dei Siraghi (Egisto, Amalio e Dalmazio, per nulla imparentati a dispetto del cognome) ci pensa zio Aliprando, ladro volpone che progetta colpi milionari (fantastico Enrico Maria Salerno). Si preme sullo slapstick in Scuola di ladri (la scena dei magazzini strappa più di un sorriso), una sorta di Banda Bassotti che incontra il professor Xavier degli X-Men votato al furto. Interpreti formidabili, su cui svetta Banfi, martoriato al pianoforte e umiliato pure da un vigilante notturno alla toilette.
Vieni avanti cretino
Il Banfi one man show di Luciano Salce. Gag, sberleffi, schiaffi, frizzi e lazzi. Una carrellata di scene in cui il filo conduttore è la dabbenaggine del protagonista e nulla più, Vieni avanti cretino propone l'avanspettacolo nudo e crudo, tra dialetti pugliesi sottotitolati e malintesi piccanti dal dentista. Aspettando che, dododododo, arrivi Marlon Brando col jumbo jet.
Il commissario Lo Gatto
Ancora un commissario per Banfi, la "belva" Lo Gatto, spedito a Favignana dopo aver osato sospettare di un omicidio il papa. Sull'isola, aiutato dal brigadiere Gridelli (Maurizio Ferrini), indagherà su un presunto omicidio collaborando col reporter zoppo Vito Ragusa (un super Maurizio Micheli).
Alla regia c'è Dino Risi e, benché la mano non sia più quella di un tempo, la commedia si tuffa nel costume, indagando su torbidi triangoli amorosi che coinvolgono liberi professionisti dalla sessualità fluida, latin lover, donne disinibite e ragazzine precoci. Lo spessore latita ma il tono farsesco è azzeccato e si adatta ai guizzi verbali di Banfi e alle sue espressioni da incapace alle prese con un caso più grande di lui. Ottimi i comprimari e hit di stagione per una commedia estiva senza troppe pretese ma comunque superiore alla media.
Fracchia la belva umana
Uno stornello improvvisato per replicare al titolare di una trattoria, la ricetrasmittente che non funziona solo a lui, i pantaloni strappati: il commissario Auricchio ne combina di tutti i colori in quel poliziesco da ridere qual è Fracchia la belva umana. Paolo Villaggio si sdoppia nel ruolo del pavido impiegato imparentato con Fantozzi e in quello del ricercato internazionale. È Banfi, però, il vero mattatore. Quando c'è lui in scena il film si accende. Specie nelle scaramucce col suo vice De Simone, interpretato da Sandro Ghiani.
L'allenatore nel pallone
Oronzo Canà, papà di tutti gli allenatori sanguigni e mediocri della Serie A. Reclutato per guidare la neopromossa Longobarda, il mister prima vola in Brasile per scoprire la perla nera Aristoteles e poi rimedia figuracce a non finire, riuscendo però in extremis a salvare la squadra dalla retrocessione, passando per tentativi di combine, ammutinamenti di squadra e pomodori in faccia.
Lo avevano preso per un cogl*#ne. Si rivelerà un eroe della panchina. L'allenatore nel pallone è cult assoluto di Banfi, che si ritaglia un posto tra i miti della commedia italiana, non solo di stampo trash. Ad aiutarlo ci sono Gigi e Andrea, duo scoppiettante.
Al bar dello sport
"Non ci torno a fare zig zig zig!!!". Lino, emigrato pugliese a Torino, conduce una vita da miserabile lavorando sotto banco come elettrotecnico delle vongole veraci da un pescivendolo truffaldino. Su indicazione di un muto inserviente di un bar (il Parola di un fantastico Jerry Calà), vince al Totocalcio 1 miliardo e 300 milione giocando una variante anomala (il 2 a Juventus : Catania).
C'è tutta la grandezza di Banfi nel personaggio del reietto Lino, nel riscatto di una vita avara di soddisfazioni attraverso una fortunosa vincita, che gli farà scoprire tanto sulle persone che lo circondano. Scapperà con l'amico Parola verso la Costa Azzurra, facendo tappa a Sanremo.
Commedia da libidine (coi fiocchi), che cala leggermente nel finale ma che si lascia vedere con piacere.
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