Sean Penn non poteva che scegliere un personaggio larger-than-life per il suo primo film da attore e regista. Una vita in fuga, il suo sesto lungometraggio, è la ricostruzione dell'incredibile storia vera di John Vogel, il più famoso falsario della storia degli Stati Uniti.
Presentato in Concorso al Festival di Cannes 2021, Flag Day (questo il titolo originale: dall'American Flag Day, la Festa dell'Indipendenza) è stato sceneggiato da Jez e John-Henry Butterworth a partire dal libro autobiografico di Jennifer Vogel. Nel suo memoir, intitolato Flim-Flam Man - The True Story of My Father's Counterfeit Life, la figlia di John racconta il rapporto contrastato e tumultuoso con il padre nell'arco di oltre vent'anni a partire dagli anni Settanta.
Come ha spiegato la scrittrice, Una vita in fuga "è un'interpretazione: per molti aspetti si avvicina alla vita reale, benché per altri se ne discosti". Ma chi era davvero John Vogel e quanto c'è di vero dentro il film di Sean Penn? Scopriamolo insieme.
Chi è John Vogel
Nato a Sauk Centre il 4 ottobre 1942, John Bryson Vogel è in apparenza il classico americano medio: un rispettabile uomo d'affari, sposato con Patty (nel film Katheryn Winnick) e padre di Jennifer e Nick (interpretati da Dylan e Hopper Penn: i veri figli dell'attore e regista nati dal matrimonio con Robin Wright), due ragazzi che crescono nel Minnesota degli anni Settanta.
In realtà, John coltiva l'American Dream in un modo tutto suo. Conduce una doppia vita: a casa è un padre premuroso, fuori dalle mura domestiche è un rapinatore di banche e un falsario. È questo il motivo delle sue frequenti assenze. La crisi per i Vogel è inevitabile e l'uomo divorzia dalla moglie, abbandonando i figli per un lungo periodo di tempo. Poi torna all'improvviso e si riprende Jennifer, felicissima di trascorrere un'avventura con il suo papà.
Patty accusa il colpo e sprofonda nella solitudine e nell'abuso di alcolici. Quando Jennifer sembra aver trovato una relativa tranquillità, John sparisce nuovamente. La sua adolescenza è anarchica e travagliata: vive in uno squallido appartamento con il fidanzato Crip e un tossico che si imbottisce di coca e aspirine. E John, come al solito, si rifà vivo.
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La rapina a mano armata del 1986
Nel luglio del 1985 Jennifer ha 18 anni e decide di trasferirsi da suo padre. I due si spostano a Seattle. Dopo un autunno di assestamento, padre e figlia vanno in Iowa per trascorrere il Natale con Patty, che nel frattempo si è risposata e ha una nuova famiglia non meno disfunzionale. Finite le feste, John torna a Seattle un mese prima di Jennifer. Quando lei lo chiama per avvisarlo che sta per raggiungerlo, lui le risponde che sta andando "fuori città per affari".
John è strano. "Se dovesse succedermi qualcosa, ricordati che ti voglio bene. Sei il mio cigno, ricordatelo", le dice. Neanche ventiquattro ore dopo, la ragazza riceve una telefonata dalla polizia di Spokane: il padre è stato arrestato per una rapina a mano armata alla Great Western Savings Bank. Gli agenti della Washington State Patrol e dell'FBI sono riusciti a catturarlo soltanto dopo un inseguimento ad alta velocità.
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L'operazione di contraffazione del 1995
John finisce in carcere, ma esce in libertà condizionata nel 1991. Per quattro anni "opera" in incognito. Il 12 gennaio 1995 si reca presso un ufficio postale di Brownsville, nel Texas, per spedire uno strano pacco: la destinazione è il suo ufficio commerciale in Minnesota, appena fuori Minneapolis. Allo sportello dice che quel pacco contiene "vestiti".
L'impiegata è insospettita dall'uomo e dal peso dell'involucro e chiama gli addetti del dipartimento federale per il controllo delle dogane. Nella scatola ci sono quattro grammi di cocaina, 38 banconote da 100 dollari, stampe, piastre e presse con numeri di serie e sigillo del Dipartimento del Tesoro per allestire una piccola zecca clandestina.
Quando i funzionari dell'FBI perquisiscono il suo ufficio, scoprono che Vogel ha stampato 19 milioni di dollari falsi. È la quarta somma più grande mai sequestrata dagli agenti federali. John è arrestato per l'ennesima volta, appena in tempo: fino ad allora aveva fatto circolare solo 50mila dollari, in almeno metà degli Stati Uniti. Il 17 gennaio 1995, una gelida mattina d'inverno, riesce a uscire su cauzione in attesa del processo e inganna tutti facendo perdere le sue tracce: è ufficialmente un latitante scomparso e ricercato dalla polizia.
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Durante questo periodo, Jennifer si riconcilia con la madre e il fratello. Sin da piccola ama scrivere e si iscrive all'università, diventando ciò che ha sempre desiderato: una giornalista investigativa. Ci sono voluti anni per capire che suo padre è un contraffattore di valuta, un piromane e un trafficante di sostanze stupefacenti, oltre che un uomo inaffidabile, razzista e bugiardo patologico. Eppure, John resta un papà amorevole, appassionato di musica classica, cuoco sopraffino di torte meringhe al limone e sostenitore dei negozi a conduzione familiare.
L'epilogo tragico di John si consuma il 12 luglio 1995. Da sei mesi non si sa che fine abbia fatto. Quel giorno c'è stata una rapina in banca a Sioux Falls, nel South Dakota: è stato Vogel. Per sfuggire ai poliziotti, John corre veloce sull'autostrada e finisce fuoristrada vicino a Rushmore. Quando i suoi inseguitori lo raggiungono, trovano il suo cadavere: Vogel si è ucciso con un colpo di pistola alla tempia prima di poter essere acciuffato.
La storia di John Vogel diventa nota al pubblico statunitense quando viene ricostruita nel 19esimo episodio della settima stagione di Unsolved Mysteries, il popolare programma true crime condotto da Robert Stack dal 1987 al 2002.
Jennifer Vogel ha cominciato a scrivere di suo padre alla fine degli anni Novanta, ripensando al tempo passato con un criminale che per tutta la vita ha rapinato banche, bruciato edifici, truffato investitori e persino tramato un omicidio. Quello stesso uomo amante della storia e della letteratura che a dieci anni l'ha portata a vedere Rocky in un cinema vuoto la vigilia di Natale e che le regalava libri e raccontava aneddoti su ogni Stato che attraversavano insieme. Le sue memorie cominciano nell'articolo Daddy Was A Bankrobber (citazione da un brano dei Clash) per il magazine The Stranger di Seattle, per il quale ha lavorato dal 1998 al 2001, e si concludono con Flim-Flam Man, pubblicato da Simon & Schuster e inedito in Italia. "Papà era una miniera – scrive nel suo memoir – che noi razziavamo in cerca di indizi su noi stesse".
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