Quali saranno i film migliori del 2021? Come sempre dal Festival di Cannes - una delle più importanti manifestazioni cinematografiche al mondo - arrivano importanti conferme ma anche qualche sonora bocciatura. Oltre al film francese Palma d'Oro Titane (destinato a un pubblico maturo e che ama il cinema senza mezze misure) di cui potete già leggere la promozione a pieni voti nella recensione dedicata, a Cannes quest'anno non sono emersi grandi capolavori in concorso, ma un solido squadrone di film sopra la media, che confermano il talento di grandi nomi internazionali e delle nuove leve incubate proprio dalla Croisette.
Non è mancata qualche sonora delusione, tra cui una tutta italiana che davvero nessuno si aspettava. Tra conferme, sorprese e qualche titolo imperdibile, ecco le pagelle del meglio e del peggio visti a Cannes 2021
I migliori
Drive My Car
Orso d'argento a Berlino e premio alla miglior sceneggiatura nello stesso anno: il 2021 del regista giapponese Ryūsuke Hamaguchi profuma di consacrazione, senza contare che la stampa avrebbe davvero voluto vederlo con la Palma d'oro in pugno.
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Il suo lunghissimo film liberamente tratto da due storie brevi di Haruki Murakami parte davvero lentamente ma raggiunge vette umane e cinematografiche memorabili, usando il teatro, la guida e Checkov per parlare dell'inconoscibilità di chi amiamo, sia quando è al nostro fianco sia quando ci ha già lasciati. Tucker Film ha già annunciato l'arrivo del film nelle sale italiane: nonostante duri tre ore, il consiglio e di liberare spazio in agenda per non perdersi forse il miglior film visto quest'anno a Cannes.
Red Rocket
Dal Sean Baker di Florida Project ci si aspettava un film sull'America emarginata e senza un soldo, ma in pochi avrebbero pronosticato una pellicola irriverente, brillante e disinibita come il suo nuovo progetto Red Rocket.
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Cosa fa un pornoattore vicino alla cinquantina che non riesce proprio ad accettare il fallimento della sua carriera in California quando torna in Texas senza un soldo e senza vestiti? Baker racconta un'America pre Trump che ancora sotto sotto ancora sogna di fare fortuna grazie al cinema (porno), immatura in età adolescenziale come da adulta, che tira avanti col petrolio e l'erba, sorretta da un edonismo e un egoismo senza freni.
Il protagonista Simon Rex meriterebbe di tornare da protagonista agli Oscar, mentre la stupenda Suzanna Son difficilmente passerà inosservata.
The Worst Person in the World
Pensi al regista norvegese Joaquim Trier (Oslo, 31. august e Thelma) e ti aspetti un film freddo, cupo, nordico. Invece The Worst Person in the World è una commedia sentimentale ipercontemporanea dolce amara, che sembra uscita dal cappello di Greta Gerwig e che avrà un sicuro appeal sul pubblico millenial internazionale.
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Impossibile per gli under 40 (ma forse davvero per tutti gli adulti alle prese con la contemporaneità) non immedesimarsi nello smarrimento inconscio della bella Julie, trentenne incapace di prendere una decisione sul suo futuro affettivo e lavorativo e inconsapevole della sua stessa immaturità. La protagonista The Worst Person in the World - già ribattezzata la Dakota Johnson norvegese per la notevole somiglianza con l'attrice americana - è una vera rivelazione.
I peggiori
Tre piani
Dove è finito Nanni Moretti? Impossibile riconoscerlo nel regista conservatore e paternalistico che guida un cast italiano di livello (Margherita Buy, Riccardo Scamarcio, Alba Rohrwacher, Adriano Giannini) verso il disastro di un film di cui non si sentiva il bisogno.
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Le Monde lo ha salutato con un "ok boomer" e tocca essere d'accordo con loro: la storia di un pugno di famiglie che abitano lo stesso condominio romano (adattamento di un romanzo israeliano di Eshkol Nevo) sembra del tutto scollata dal presente, abitata da uomini giustificati nel proprio maschilismo e donne succubi e fragili. I passaggi drammatici della pellicola paiono presi di peso da una parodia di Boris. Da dimenticare.
France
Per fortuna sono gli stessi cugini francesi a salvare Nanni Moretti dall'imbarazzo di aver presentato il peggior film in concorso. Il nuovo lungometraggio di Bruno Dumont con un'algida Léa Seydoux nei panni di una Lilli Gruber d'Oltrape è decisamente eccessivo, anche considerando l'indole non proprio sottile ed elegante del suo regista.
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Condanna al protagonismo dei giornalisti contemporanei o dramma privato di una donna inspiegabilmente infelice? Difficile a dirsi. Quel che è certo è che France è eccessivo e insistito oltre il sopportabile. Spiace solo per la povera Léa Seydoux, inseguita da continui primi in piani in cui è costretta a piangere o a fare le smorfie, per dover sostenere una prova da cui esce malissimo.
Flag Day
La buona notizia è che il nuovo film di Sean Penn presentato a Cannes non è nemmeno lontanamente terribile come Il tuo ultimo sguardo, leggendario scult visto in Croisette nel 2016, di cui i giornalisti parlano ancora con il terrore negli occhi.
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Flag Day è un film dignitoso, ma dall'approccio ormai datato e che ha un'unica, poco interessante missione: lanciare la carriera dell'amatissima figlia di Sean, Dylan Penn, bellissima giovane donna a cui difetta il talento paterno per la recitazione. Sfortunatamente, proprio come Dumont, Penn insiste nel seguire con la cinepresa il primo piano della figlia, mettendone in luce tutta l'immaturità recitativa in questa storia vera del tormentato rapporto padre-figlia tra una giornalista dall'infanzia difficile e un genitore truffaldino e irresponsabile.
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