Come finisce L'uomo bicentenario, il finale e il significato del film (e del romanzo)

Andrew Martin è un robot anomalo, che vorrebbe diventare umano. Il film, tratto da un racconto di Isaac Asimov, parla di un’umanità come meta e non come passaggio.

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Autore: Alice Grisa ,

Stasera 7 maggio 2024 in TV c'è un film imperdibile. Sul Nove alle 23.35 va in onda in chiaro L'uomo bicentenario.

L’uomo bicentenario è un film di genere sci-fi del 1999, diretto da Chris Columbus e tratto dal racconto omonimo di Isaac Asimov. Parla della storia di un robot che sviluppa sentimenti, reazioni e pensieri umani, ma deve confrontarsi con la propria natura, fino alla decisione finale. La pellicola è interpretata dal grande Robin Williams, nei panni del robot Andrew Martin, affiancato da Sam Neill e da Embeth Davidtz, che interpreta il grande amore del protagonista.

La trama parla di Andrew Martin, un robot positronico che nel 2005 viene portato a casa dalla famiglia Martin per svolgere le faccende domestiche. Ben presto tutti si accorgeranno che le sue funzioni vanno ben oltre una meccanica attività di rassettamento. Andrew si affeziona a tutta la famiglia, in particolare alla figlia, che chiama Piccola Miss. La casa madre, allertata sulle straordinarie potenzialità di Andrew, vorrebbe vivisezionarlo ma i Martin lo considerano ormai parte del loro nucleo familiare. Andrew intraprenderà così un percorso difficile e sofferto verso lo status di essere umano, cercandosi una casa sulla spiaggia, raggiungendo l’indipendenza (anche economica, grazie alla fabbricazione di orologi) e soffrendo di fronte al matrimonio di Piccola Miss con un altro uomo. Intanto il tempo passa e con la nipote di lei, Portia, Andrew crede di aver trovato il vero amore, una relazione da vivere concretamente. Ma la strada per diventare umano, ed essere riconosciuto come tale, è ancora lunga.

L'uomo bicentenario (1999)

17/12/1999 (en)
Fantascienza, Dramma,

Nel 2005 in casa Martin, aristocratici ricchi, arriva in regalo il robot Ndri che la piccola Miss battezza Andrew (da android) e che, per sbaglio di costruzione...

Il finale

Dopo 200 anni di vita, Andrew è riuscito a farsi considerare umano a tutti gli effetti dal Congresso Mondiale: grazie a questo, ha potuto anche sposare Portia ma entrambi sono in ospedale, attaccati a un macchinario che li tiene in vita. Andrew è bicentenario ormai quando arriva la sua ora – proprio durante il programma televisivo in cui dichiarano la sua umanità - e Portia chiede all’infermiera-androide Galatea (un robot variante femmina) di praticarle un’iniezione letale, in modo che possa unirsi subito ad Andrew. Prima che muoia, Galatea la rassicura sul fatto che non è importante che Andrew si sia spento prima di sentire tutta la trasmissione, e le ripete una frase che lui le aveva detto anni prima: “È un piacere essere al servizio degli altri”/ "Uno è lieto di poter servire." Portia chiude gli occhi tenendo la mano ad Andrew.

Il significato

L’uomo bicentenario è un film controverso (tratto da un racconto, poi diventato romanzo - Robot NDR-113, scritto da Robert Silverberg e Isaac Asimov – altrettanto controverso), perché parla di un percorso che non sembra a tutti così necessario di un robot verso lo status di essere umano. La trama non presenta un leitmotiv diverso dal vampiro o dalla creatura paranormale che soffrono, in un mondo di umani, per la loro diversità. Per questo Andrew, che si rende conto di non essere né un robot né un umano, vuole raggiungere l’umanità, per poter amare Piccola Miss (che poi, con lo scorrere del tempo, si “trasforma”nella nipote Portia) e, paradossalmente, poter morire, fermare il proprio orologio. Questo tema è connesso a quello del libero arbitrio, la necessità e facoltà di scegliere non solo la propria natura, ma anche il tempo da trascorrere al mondo.

L’attività di Andrew di orologiaio è strettamente connessa con il tema del film: la limitatezza dei giorni sulla terra, una risorsa incredibilmente invidiabile da parte di chi è “condannato” a vivere meccanicamente in eterno. La lotta di Andrew Martin, che cerca di diventare umano in ogni modo, anche facendosi impiantare il sangue mortale, si traduce nella battaglia per (conseguire) l’umanità, che si distingue qualitativamente dalle altre forme di vita per la presenza dell’amore.

In altre parole, la vita vale la pena essere vissuta (in un tempo ristretto e non eterno) solo con una persona al proprio fianco.

Le implicazioni alla Blade Runner, che ragionano sull”anima della macchina ”e della sua necessaria, ineluttabile ribellione, si convertono, in questa pellicola, in una deriva zuccherosa e sentimentale, senza problematizzare la condizione del robot “anomalo” e senza imprimere teleologie sulla vita stessa, vista in questo caso come obiettivo e mai come passaggio.

L’origine letteraria

Il film è l’adattamento di un racconto di Isaac Asimov, di genere fantascientifico, del 1976. Il racconto fa parte de L’antologia del bicentenario, che contiene 11 storie ideate in 10 anni, dal 1966 al 1976. Il romanzo che amplierà la traccia del racconto arriva nel 1993, ed è stato scritto da Asimov a quattro mani con Robert Silverberg: il titolo è Robot NDR 113 ed è stato edito in Italia da Bompiani.

Il racconto finisce come il film: Andrew, dopo aver messo a punto una graduale umanizzazione di se stesso, viene proclamato come tale e muore poco dopo il suo 200esimo compleanno, dopo aver perso le persone che amava.

L'accoglienza del film è stata controversa, sia al box office (ha incassato 87 milioni di dollari su un budget di 100 milioni) che a livello di critica: alcuni hanno contestato il percorso del robot verso l'essere umano in quanto rappresentava un'eccessiva mitizzazione della condizione umana, considerabile migliore di tutte le altre.

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