Il finale de Il silenzio della palude mescola realtà, finzione e alter ego

Il noto Berlino de La Casa di Carta, Pedro Alonso, è il protagonista de Il silenzio della palude, un film crime che, come svela anche il finale, mescola realtà e finzione.

Autore: Alice Grisa ,

Fa strano vedere Berlino de La Casa di Carta, Pedro Alonso, su un set che riproduce i quartieri della criminalità valenciana, una piramide configurata su un canneto, che per la sua conformazione non si può in alcun modo estirpare. L’attore spagnolo rivelazione della serie più richiesta del 2020 è il protagonista di un thriller-crime, prima opera di Marc Vigil: Il silenzio della palude.

L’ispirazione è il romanzo omonimo di Juan José Braulio Sánchez, che racconta l’ambiente di malavita e corruzione a Valencia, che parte dalle alte sfere delle istituzioni fino ad arrivare ai quartieri più disagiati, dove avviene il riciclaggio di denaro nelle vie polverose e nelle piccole e insignificanti attività di quartiere: ristoranti, lavanderie, parrucchieri.

Alonso dà vita a Q., un ex giornalista e scrittore di romanzi ambientati a Valencia. Q.,come Dexter, ha una doppia vita: al fianco di una persona regolare c’è un doppleganger, una persona senza empatia e assetata di sangue.

Q. indaga per il suo libro sulla corruzione politica e la criminalità dei bassifondi di Valencia, quella che lui definisce “una città fluviale”, costruita su una palude. Il suo interesse si concentra ben presto su Ferrán Carretero, professore di economia ed ex politico corrotto, implicato con il governo. Anche una famiglia disagiata di trafficanti di droga segue le sue manovre.

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Il finale

Q. rapisce Carretero per fargli confessare i suoi misfatti, e poi lo uccide. La sua sparizione scatena il caos e il disordine negli ambienti (alti e bassi) della criminalità e del traffico di droga. Mentre i giorni passano, la polizia indaga e le istituzioni cercano di insabbiare il rapimento, Q. diventa collante di diverse piste e diversi percorsi di violenza che coinvolgono anche l’ignaro fratello di Q., Nacho, che viene ucciso dal criminale Falconetti in quanto scambiato per Q.

Il poliziotto che indaga su Nacho è colluso con la delegata del governo, a capo della piramide di corruzione, e scopre che la moto di Nacho in realtà era stata venduta a Q., e che è stato proprio Q. ad aver fatto sparire il professor Carretero dal parcheggio della palestra del campus. Dopo la segnalazione e l’arresto dell’anziana donna a capo dalla gang dei trafficanti, Fran raggiunge l'uomo nella sua casa sulla palude, il suo nascondiglio.

Q. custodisce tanti segreti in questa casa di famiglia, la casa che suo fratello avrebbe voluto vendere ma lui si è sempre rifiutato perché base della sua ispirazione, della sua arte… e dei suoi misfatti. Alla fine, però, cavalcando la metafora che accosta la città di Valencia al simbolo della palude, prende consapevolezza che è impossibile sradicare un canneto, perché sorge sull’acqua, su acque paludose e acquitrinose. Per questo, nelle ultime scene vediamo Fran raggiungere la casa di Q. e puntargli un fucile alle spalle. Q. non oppone resistenza e fissa la palude davanti a lui mentre l'altro gli spara e (anche se noi non lo vediamo, perché l’inquadratura è sul paesaggio) verosimilmente lo uccide.

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Una scena de IL silenzio della palude
Q. alla ricerca di verità per il suo romanzo

In realtà, scopriamo anche un’ultima scena in cui Q., nel suo elegante appartamento ultramoderno (molto diverso dai quartieri e dalle case fatiscenti che abbiamo visto nel film), finisce di scrivere il libro e lancia la stampa. Cos’era realtà e cosa finzione? 

La spiegazione del finale 

Per capire il finale bisogna partire dall’inizio. Lo scrittore Q. a un evento dedicato al suo romanzo sta firmando autografi. Una ragazza gli chiede perché il suo personaggio (che nel prologo abbiamo visto uccidere un taxista) commette omicidi, visto che nel libro non ne ha esplicato le motivazioni. Ha subito traumi? Ha sofferto? Q., visibilmente a disagio perché si cala a tal punto nelle storie da diventare personaggio, è evasivo e dice solo: “Perché può”.

Il film confonde realtà e finzione e da una parte descrive le indagini poco ortodosse di Q. per scavare nella storia, nella corruzione e nei segreti di Carretero; dall’altra indaga un gruppo di trafficanti di droga, un assassino di nome Falconetti, con un passato di violenze familiari e carcere, e un ragazzo del suo quartiere a cui viene dato il compito di scoprire che fine ha fatto il professore.

Teoricamente i piani della realtà (Q. che scrive) e della finzione (Q. scrittore che scrive e compie delitti) sono così intrecciati che è molto difficile distinguerli. Non sappiamo se Q. lo scrittore ha davvero un fratello, se ha commesso anche lui dei misfatti come il personaggio, ovvero se stesso nella forma dello scrittore-omicida.

Si può ipotizzare che l’unico elemento che può permettere di distinguerli sia lo sfondo: l’appartamento minimal e lussuoso del ricco Q. ci fa capire che siamo fuori dalla cornice della cornice narrativa, mentre i bassifondi riportano nel territorio della finzione. Ma effettivamente non sappiamo se Q. scrittore e personaggio scrive in un appartamento e uccide in altri quartieri della città, e quindi se abbiamo a che fare sempre con lui dall’inizio all’ultimissima scena finale, dove riappare “il vero scrittore”.

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Pedro Alonso ne Il silenzio della palude
Q. in versione scrittore e motociclista

In altre parole, alla fine del film, ci rendiamo conto che la narrazione del personaggio principale era filtrata dalla scrittura del romanzo. E, come in una struttura complessa di matrioske, scopriamo che, all’interno della finzione filmica, abbiamo seguito un’altra finzione in mano a un alter ego. Ma quanto era finzionale questo alter ego, ovvero il Q. scrittore e omicida?

Non ci sono risposte chiare, perché probabilmente la traduzione filmica del romanzo d’origine rende nebulosissima la distinzione tra realtà e finzione. In ogni caso, nessuno ci assicura che la fonte della narrazione, il Q. scrittore, sia completamente innocente, anzi! Il suo personaggio, il Q. scrittore-omicida, prende spunto per le sue storie da una realtà corrotta di cui lui stesso fa parte. E non è detto che il vero autore, per creare storie vivide, non faccia lo stesso, e non si debba calare ancora di più nel marcio delle storie, nel sangue e negli agguati.

Questa interpretazione chiuderebbe perfettamente il cerchio con la risposta alla ragazza durante l’incontro in libreria: Q. uccide perché può. Ed è la stessa cosa che fa il suo creatore.

Che ne pensate? Vi è piaciuto questo film?

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