Si può sbagliare un film che ha per protagonisti Robert Pattinson e Tom Holland, ovvero il novello Batman e l'amatissimo Spider-Man in carica? Due star, sex symbol e per giunta attori che hanno già dimostrato di essere più che capaci, riuniti su un set dove il loro far parte della A list di Hollywood rischia di mettere in ombra colleghi del livello di Sebastian Stan (Soldato d'Inverno), Bill Skarsgård (l'ultimo Pennywise), Jason Clarke. Sembra quasi l'elenco di uno di quei film tratti dai romanzi di Agatha Christie, in cui la lista di star nel cast è talmente lunga che i loro nomi finiscono per affollare la locandina, scritti a caratteri minuscoli per starci tutti.
Qualcosa di delittuoso The Devil All the Time a ben vedere ce l'ha e, pur volendo risultare ruvido ed estremo, non manca di un certo glamour. D'altronde lo spaccato sociale descritto dalla Christie nell'Inghilterra classista d'inizio Novecento è per certi versi simile a ciò che la letteratura della seconda metà del secolo ha aiutato a mettere a fuoco negli Stati Uniti. Da Philip Roth a Cormac McCarthy, non mancano i grandi romanzieri che hanno esplorato il lato oscuro dello spirito americano, trovandoci dentro una radice violenta, ideologica, animale, basata sulla prevaricazione di sesso e di classe.
Il romanzo da cui è tratto il film l'autore Donald Ray Pollock in realtà l'ha scritto nel 2011, ma i riferimenti tematici e critici sono palesemente quelli che hanno caratterizzato gli ultimi decenni del secolo appena conclusosi sulla scena letteraria statunitense.
Tra morte e destino
Antonio Campos prende il romanzo e lo adatta in un film che rende più coese e interconnesse le linee narrative che delineano la storia. Una coppia di serial killer, un veterano della guerra perseguitato da un'orribile visione, un reverendo maniaco, uno sceriffo corrotto, un predicatore folle: queste cinque storie nere s'intrecciano a cavallo tra Virginia e Ohio, tra gli anni '50 e gli anni '60. I protagonisti sono inconsapevoli di quanto i loro destini continuino a sfiorarsi, di quanto abbiano influito in maniera cruciale sull'esistenza degli altri, scontrandosi per un solo, fatale momento. Ne è particolarmente inconsapevole il giovane Arvin (Tom Holland), che sembra quasi inseguito dalla mano della morte, costretto a perdere in maniera tragica chiunque ami.
La sua storia farà da capolinea a quella degli altri, in un affresco spietato di un'America visceralmente attratta dalla religiosità settaria, incapace di tenere a freno i propri istinti animaleschi, in cui la follia estatica e la lussuria indiscriminata macchiano continuamente la quotidianità di violenza. Sia in veste di sceneggiatore, sia in veste di regista Antonio Campos si dimostra capace e competente, preciso nel ritrarre la brutalità umana senza però scadere in un vouyerismo dell'atto criminale, che è sempre il pericolo principale con questo genere di trame. Il suo lavoro accurato però non è abbastanza coinvolgente da giustificare un minutaggio di 138 minuti. La pellicola conosce parecchi momenti di stanca e quando non può contare sull'esplosione della violenza, sulla morte e sui passaggi narrativi più sanguinari, fatica davvero a giustificare sé stessa.
Oltre l'esperienza della violenza pura e semplice di un Midwest più bigotto e senza speranza che mai, cosa vuole consegnarci Le strade del male? Ha qualche messaggio, un qualcosa da dire? Il punto del film dovrebbe essere il tragico, sinistro ricorso del destino. I protagonisti sembrano maledetti, destinati a morire o uccidere, senza via di scampo. Tuttavia questo senso di predestinazione senza via d'uscita è così meccanicamente inseguito, annunciato da un voice over onnipresente e onnipotente, da risultare molto macchinoso, artificiale.
Nato vecchio
A mio modo di vedere, il problema principale di questo film però è un'altro. Immaginatelo girato una decina o una ventina di anni fa, con Pattinson rimpiazzato da un giovane Christian Bale, con il padre interpretato da Bill Skarsgård con le fattezze di Cillian Murphy. Cos'altro bisognerebbe cambiare nel film per renderlo credibile come uno prodotto d'inizio millennio o degli anni '90? La risposta è: nulla. A parte le facce che esibisce, questo film è completamente sconnesso dal presente storico e cinematografico.
Lo testimonia il modo impacciato con cui muove i suoi personaggi femminili, destinati in vita e in morte a una sudditanza e una passività sconcertanti. Con questo non voglio dire che i personaggi di Mia Wasikowska e Haley Bennett dovessero menare le mani o farsi giustizia da sé, ma ci sono tanti modi per dare a una vittima una capacità di agire e reagire che vada oltre il classico ruolo che ti fa pensare "oh poverina". Le poverine di Le strade del male sono imprigionate in una totale sudditanza narrativa dettata dalla controparte maschile: sono figlie di, madri di, sorellastre di, mogli di. Vivono e muoiono in funzione di questo ruolo. Per non parlare della totale assenza della questione razziale, della segregazione...o proprio di personaggi non caucasici.
Questo film è totalmente sconnesso dal presente. Non solo racconta il passato, ma ci vive dentro. Un passato nemmeno realistico, perché quella descritta da The Devil of the Time è una visione di come è stata l'America tra gli anni '50 e '60, che il cinema e la letteratura ci hanno raccontato. Nel frattempo abbiamo imparato quanto possa essere parziale, riduttiva Almeno, noi spettatori l'abbiamo fatto, ma Netflix e Campos invece no, a giudicare dai risultati. È innegabile che Pattinson, Skarsgård e Clarke sappiano maneggiare con grande destrezza personaggi così oscuri, tuttavia dubito che al netto delle facce note che recitano qui, qualcuno avrebbe notato questo film.
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Voto di Cpop
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