See: la recensione dei primi 3 episodi della stagione 1 e le considerazioni sulla serie

Autore: Silvia Artana ,

L'1 novembre ha fatto il suo debutto Apple TV+ e tra i contenuti originali immediatamente disponibili sulla piattaforma c'è See. L'aspettativa per la serie era molto alta, sia per la presenza di Steven Knight (Locke, Peaky Blinders e Taboo) e Francis Lawrence (Hunger Games - Il canto della rivolta 1 e 2), rispettivamente alla sceneggiatura e alla regia, che per quella di Jason Momoa nel ruolo del protagonista, Baba Voss. Lo stesso attore di origini hawaiane ha contribuito a soffiare sul fuoco dell'hype, affermando che il suo personaggio è una sorta di Kahl Drogo.

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Ma (purtroppo) See non funziona come i fan speravano. Anche se i margini di miglioramento ci sono. E considerato che al momento di questa recensione erano disponibili 3 episodi su 8 totali, la possibilità che la serie cresca e rimedi a piccoli e grandi problemi c'è (ed è auspicabile). 

L'equilibrio (che non c'è) tra credibile e inverosimile

Il plot alla base di See non è nuovo. Un virus ha ridotto la popolazione mondiale a poco più di 2 milioni e i sopravvissuti si ritrovano a vivere in un futuro in cui l'umanità ha fatto ritorno alle origini. Ma la storia presenta una variante affascinante. Gli uomini, le donne e i bambini che vivono nel nuovo mondo sono ciechi. I sopravvissuti hanno trovato un equilibrio e un ordine, ma la nascita di una coppia di gemelli con il dono della vista nella tribù degli Alkenny mette tutto in discussione.

L'idea di una società che vive in un buio completo aveva tutti i presupposti per introdurre nella narrazione un elemento di originalità molto potente, ma ci è riuscita solo in parte. Alcune trovate sono interessanti e convincenti. Per esempio, il richiamo dei guerrieri per coordinare le azioni di attacco e di ritirata e comunicare la propria sopravvivenza e posizione. Così come le corde con conchiglie e altri piccoli oggetti che "suonano" e funzionano come una sorta di guida per trovare la strada ed evitare i pericoli. Anche la scrittura "tattile", ovvero fili su cui sono annodate lettere e forse parole o frasi (non è chiaro), è una soluzione plausibile e che immerge lo spettatore nella condizione di cecità dei protagonisti.

Per contro, ci sono tante (troppe) altre trovate e situazioni superficiali e poco verosimili. A partire dall'abilità nel combattimento dei guerrieri (che prevale sull'insicurezza, nonostante alcuni convincenti momenti "alla cieca" nella battaglia iniziale), alla apparente facilità con cui persone, gruppi e intere tribù si spostano e raggiungono luoghi, per arrivare agli abiti elaboratissimi della regina dei Witch Hunters (con molti elementi apparentemente lavorati a maglia), è inevitabile alzare un sopracciglio. Perché vanno bene le centinaia di anni di evoluzione e adattamento, ma per la maggior parte del tempo sembra che una società completamente priva della vista non sia poi molto diversa da una che ce l'ha.

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Certo, lavorare con una condizione di totale cecità dei personaggi per una intera serie non è impresa da poco (pure con le dovute differenze, Bird Box era un film ed è incappato in un sacco di scivoloni). Ma nel caso di See, l'impressione è che basterebbe un po' più di equilibrio.

L'eredità di Game of Thrones e la mancanza di controllo

La sensazione che la sceneggiatura non sia perfettamente sotto controllo ritorna nelle scene in cui la regina dei Witch Hunters "prega". Il sesso esplicito (a onor del vero, nelle prime stagioni) di Game of Thrones ha fatto scuola, ma il modello non è replicabile sempre e comunque. E neppure all'infinito.

Show hidden content Per uno spettatore medio, l'autoerotismo e i rapporti orali "mistici" della Queen Kane non sono scandalosi, ma sanno di trovata per creare buzz intorno alla serie. Poi non è detto che nel prosieguo di See l'approccio della regina alla religione non si riveli funzionale e necessario alla storia, ma al momento comunica l'idea di essere (del tutto) gratuito.

Anche la rappresentazione dei personaggi non è esattamente cesellata. E considerata la lentezza dei primi episodi (in cui gli eventi non mancano, ma accadono in maniera "faticosa"), c'erano tempo e spazio per una maggiore caratterizzazione. Invece, i protagonisti rispondono ad archetipi precisi (l'eroe con un passato oscuro, l'amante ferita in cerca di vendetta, il prescelto perseguitato...) e sembrano avviati su strade previdibili. Soprattutto (purtroppo) i gemelli protagonisti della serie, con le loro personalità perfettamente speculari e complementari.

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Apple TV+
Il poster della serie TV See
Jason Momoa nel poster della serie TV See

Idee in potenza e Jason Momoa

Naturalmente, la speranza è di essere smentiti. Perché See ha innegabile potenziale e molte buone cose. Una su tutte, i paesaggi e le ambientazioni. E poi, naturalmente, il testosteronico, dirompente Jason Momoa. Forse non sarà (mai) un esponente del cinema d'essai, ma la star di Game of Thrones e di Aquaman ha una energia muscolare e ipnotizzante, che riesce a dare significato a ogni personaggio che porta sullo schermo e finisce con il contagiare in maniera positiva tutto quello con cui ha a che fare.

E dare una ragione e una speranza a See ha senza dubbio un valore. Perché nonostante i suoi difetti, la serie sembra avere molto da offrire. È come se sotto la superficie pulsassero embrioni di idee in cerca di una via per crescere e svilupparsi. La contrapposizione tra religione e scienza, credenza e conoscenza. I legami di sangue, d'affetto e sociali. L'essenza insignificante e precaria dell'uomo di fronte alla grandezza eterna della natura. Tanti argomenti densi, profondi, pregnanti, forse troppi. Ma la serie ha ancora 5 episodi della stagione 1 per trovare la strada (e il finale del terzo sembra di buon auspicio). E poi altri 8 della stagione 2 per confermarsi. Perché prima ancora del pubblico, è stata Apple a decidere di dare fiducia a Baba Voss e alle sue vicende.

Giudizio finale

La società di Cupertino ha fatto bene? Il gioco di parole è infelice, ma See è una serie che va vista. I primi 3 episodi non bastano a dare un giudizio definitivo e vale la pena scommettere e seguire la storia degli Alkenny e dei Witch Hunters (ai quali è molto probabile si uniranno altri protagonisti) almeno fino alla fine della stagione 1. Se a quel punto la serie non avrà trovato l'identità che sembra possedere, allora accanirsi potrebbe essere inutile e doloroso.

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