Perché Bridgerton è la serie cult del momento e di cui non si può fare a meno

Da poco meno di una settimana su Netflix c'è la seconda stagione di Bridgerton. Ecco perchè il drama storico e inclusivo prodotto da Shonda Rhimes è un vero e proprio cult

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Autore: Carlo Lanna ,

Nel corso degli ultimi giorni si è letto e scritto praticamente di tutto in merito a Bridgerton, la serie di Netflix che è tornata in streaming dal 25 marzo con gli episodi – 8 in tutto – della seconda stagione. Non è trascorsa neanche una settimana e sul web è scoppiata di nuovo la Bridgerton-Mania.  Lo dimostra il fatto che lo show è già ai vertici delle classifiche italiane del colosso dello streaming, arrivano alla numero uno e scalzando persino le Pretty Little Liars, e lo si nota anche dai tanti tweet e hashtag che si leggono un rete. E’ nato un nuovo fenomeno mediatico? Sicuramente sì ed è impossibile negarlo. La sola prima stagione ha racimolato ben 86 milioni di visualizzazioni in tutto il mondo e un plauso da parte del pubblico nell’aver reso così pop e glamour la vita a Londra a inizio del 1800.

La seconda stagione pare confermare il trend positivo e il successo non si fermerà di certo qui, dato che sono stati già confermati il terzo e il quarto capitolo e, all’orizzonte, si intravede anche uno spin-off sulla Regina Carlotta (notizia ancora da confermare). L’impero di Shonda Rhimes è davvero ricco e senza eguali, ma perché Bridgerton è una serie che crea così tanto rumore attorno a sé? Ecco perché il drama in costume di Netflix è da vedere e rivedere.

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La “Regency Era” così pop e inclusiva

Per la cultura inglese, il periodo che copre i primi venti anni dell’800 è un momento di grandi cambiamenti sociali e politici. Con lo spettro delle guerre napoleoniche, a Londra si respirava un’aria inquieta. La nobiltà, in questo senso, si aggrappava con le unghie e con i denti al proprio status sociale. Ma erano anche gli anni dei grandi balli, dell’esplosione della cura per l’immagine (sia per l’uomo che per la donna) ed erano gli anni di intrighi e sfrenate passioni. Bridgeton trae forza da tutto questo, e la serie TV propone uno sguardo sincero e utopistico su un mondo in continua evoluzione. Ma non è tutto. La visione che traspare dalla serie in questione è una visione molto al passo con i tempi, in cui si parla di inclusività e femminismo. Proprio lì, dove il concetto ancora non era nato ma si muoveva già silente tra i ranghi più alti della nobiltà.

Il duca e il Visconte: due lati della stessa medaglia

Ovviamente è una serie TV che strizza l’occhio al pubblico femminile, affascinato dal culto della bellezza e delle storie d’amore intense, tormentate e appassionanti. Nella prima stagione abbiamo conosciuto il Duca di Hastings, duca di colore che ha sedotto (e si è lasciato sedurre) da Lady Bridgerton. In questa seconda stagione al centro dell’azione c’è il Visconte Anthony. Bello da mozzare con quel sorriso sghembo, regala un’immagine sexy e accattivante di un uomo che non si ferma di fronte a nulla pur di raggiungere i suoi scopi. Eppure, il duca e il visconte sono molto simili. Come se l’uno dipendesse dall’altro. Entrambi sono belli e tormentati e nascondono molto bene le proprie debolezze.

Prima della serie tv: l’eredità dei romanzi di Julia Quinn

Il successo di Bridgerton è nato da una lunga saga di romanzi, 9 in tutto, che sono stati scritti da Julia Quinn. Tradotti anche in italiano, è grazie alla penna algida e tagliente dell’autrice che le storie della nobiltà inglese hanno trovato un tale appeal sul pubblico. 9 romanzi autoconclusivi che aprono una lunga parentesi su quello che è stato la Londra di ieri e su ciò che potremmo diventare. Ovviamente, da parte degli sceneggiatori, c’è la voglia di trasformare in serie tutti i romanzi della saga.

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