A volerlo alla guida della coproduzione Rai/HBO di L'amica geniale è stata proprio Elena Ferrante, la scrittrice italiana più famosa al mondo di cui pochissimi conoscono il vero nome e l'identità. È il 2008 e Saverio Costanzo riceve una chiamata da lo storico editore italiano della scrittrice, Edizioni E/o, il quale gli annuncia che Ferrante ha fatto due nomi per la regia della serie televisiva della quadrilogia napoletana: uno dei due è il suo.
Una decina di anni più tardi - il tempo necessario per mettere in piedi uno dei progetti seriali più ambiziosi e articolati d'Europa - Saverio Costanzo sfila sul tappeto rosso di Venezia 75 con le quattro giovani attrici che interpreteranno Lila e Lenù da bimbe e da ragazze. La cornice è la più prestigiosa possibile per la prima mondiale di una serie di 8 episodi che si rivela un successo internazionale. L'arrivo della seconda stagione sembra però imprimere una svolta qualitativa (e il raggiungimento di una fama) ancora superiore: se la prima stagione è stata lodata per la fedeltà nel trasporre il romanzo d'apertura della tetralogia, la seconda viene salutata come una vetta artistica televisiva di rara bellezza dal mondo della critica e del pubblico.
Un risultato non scontato, neppure quando di cognome fai Costanzo, sei sposato con un'attrice italiana amatissima nel circuito festivaliero come Alba Rohrwacher (che fa il voice over nelle prime due stagioni della serie) e sei alla guida di una mega produzione in cui Rai e HBO non badano a spese. Lo sforzo produttivo è gigantesco: mesi di provini in tutta Italia per trovare gli interpreti giusti, una città fantasma che cresce in un'ex area industriale del casertano per ricreare fedelmente il rione e altri edifici centrali nel racconto, esterni girati nei luoghi napoletani e nella Ischia raccontata da Ferrante.
A sovrintendere il tutto, oltre a Costanzo e sopra di lui, c'è un'ombra, un fantasma: quello di Elena Ferrante stessa.
Come Saverio Costanzo ha conosciuto Elena Ferrante
In un'intervista a Indiewire Saverio Costanzo ha raccontato del suo primo contatto con la scrittrice. È il 2007 e il regista ha appena terminato la lettura di La figlia oscura, a firma dell'autrice. Elena Ferrante è già molto amata dal pubblico italiano, ma lontana dall'essere il caso internazionale che è oggi, quando una testata prestigiosa come Guardian le ha affidato una rubrica, un editoriale settimanale che Ferrante ha deciso di scrivere per la durata di un anno.
È il 2007 e Saverio Costanzo rimane irretito da un romanzo oscuro come il suo titolo. Il racconto è quello di una donna che, alla partenza delle figlie ormai grandi per un viaggio, si scopre felice e quasi liberata, tanto da intraprendere una vacanza in un piccolo paese del sud per godere della libertà ritrovata. Qui però accade qualcosa: un piccolo gesto, apparentemente insensato, porta la donna a rivedere la propria esperienza di madre. Colpito, il regista pensa di adattare il libro in un film per il grande schermo. Contatta quindi la casa editrice per sapere se è possibile ottenere i diritti dello stesso e per che cifra.
La figlia oscura
Il romanzo che permise a Costanzo e Ferrante di entrare in contattoA rispondere attraverso l'editore è Ferrante stessa. Concederà a Costanzo i diritti gratuitamente, a patto che lui riesca in sei mesi a tirar fuori dal romanzo una sceneggiatura che la convinca. Costanzo ci prova, ma la sfida si rivela per lui impossibile: troppi di flashback, troppi gli sviluppi raccontati dalla voce intima della protagonista. Getta quindi la spugna e le scrive che non è riuscito nell'impresa. Lei non gli risponde. Poi, una manciata di mesi più tardi, arriva la telefonata di Edizioni E/o: Ferrante ha fatto anche il suo nome tra i possibili registi a lei graditi per un adattamento televisivo.
Costanzo viene scelto e si ritrova alle redini di un progetto enorme e delicatissimo. La figlia oscura invece passa di mano, in attesa: al momento ci sta lavorando Maggie Gyllenhaal, che vorrebbe dirigerne il film.
Costanzo e Ferrante: dialogo a distanza sul set de L'amica geniale
La storia a posteriori è semplice: Costanzo viene messo a capo del progetto e fa in modo di dirigere tutti e 8 gli episodi della prima stagione, girandone 6 su 8 della successiva. La sua idea di serialità, lontana da quella americana, si rifà a un prodotto coeso nell'estetica e nelle lavorazione. Una fiction per Costanzo è nelle mani di un solo regista che si prende l'onere e la responsabilità di non far perdere coesione a una racconto seriale e continuativo. Nella seconda stagione verrà affiancato da Alice Rohrwacher, sorella della compagna e regista nota a livello festivaliero, che si occupa dei due episodi chiave ambientati durante l'estate ischiana di Lila e Lenù.
Se la prima stagione si rifà esplicitamente al neorealismo italiano (stile con cui ancor oggi il nostro cinema viene identificato, nonostante sia strettamente associato al dopoguerra), la seconda si fa più ambiziosa e ardita. La voglia è quella di uccidere quelle stesse radici omaggiate precedentemente, con soluzioni tecniche che variano da un intero episodio girato in 16 mm al resto della stagione realizzato con una ALEXA con lente anamorfica curata dal leggendario Vittorio Storaro. C'è voglia di novità nell'Italia che sente le avvisaglie del boom economico, in un paese che da sfondo alle storie di Lila e Lenù diventa protagonista con la sua storia. L'energia di una generazione e di un paese che rinasce si riflette sulla voglia di sperimentare di Costanzo e della sua troupe.
Su di loro incombe Elena Ferrante. Non è né madre né vestale: si limita ad essere un fantasma. Avendo collaborato alla stesura delle sceneggiatura, Ferrante sa che direzione prende l'adattamento, fornisce il suo contributo schietto, anche se sempre per iscritto, mediata dall'editore. Saverio non ha paura a definire il rapporto impari, come quello che si può avere una presenza che conosce il tuo volto e la tua storia e di cui tu invece non sai nulla. Ferrante però rispetta Costanzo, lo lascia lavorare, osserva e interviene solo a livello di scrittura degli episodi.
Saverio non abusa del suo nome, prende tutte le scelte cruciali da solo. Tranne una: le bambole. I giocattoli di Lila e Lenù appaiono nell'avvio della prima stagione e sono fatte di pezza, povere nei materiali e nell'aspetto come potevano essere i giochi di una bambina abitante di un rione popolare nella Napoli degli anni '50. È grazie alle bambole e al loro smarrimento che le due protagoniste creano un legame, in un episodio narrativo che si rivelerà cruciale in frangenti inaspettati della loro esistenza. La troupe fornisce a Saverio 4 differenti tipi di bambole, storicamente accurate ma ognuna un po' diversa dall'altra. Di fronte alla scelta - che sente cruciale - Costanzo cede. Invia una foto alla casa editrice e chiede che venga interpellata l'autrice. Sarà l'unica volta che Ferrante verrà consultata durante le riprese nella prima stagione.
Cosa pensa Saverio Costanzo di Elena Ferrante (e dell'Amica Geniale)
Se la figura di Ferrante è piuttosto misteriosa, un dettaglio è stato ribadito più volte dall'autrice: è una donna italiana, con un forte legame con la città di Napoli. Eppure proprio il suo sesso è oggetto di costante messa in discussione da parte del mondo culturale italiano, che fatica ancora molto ad accettare (o forse sarebbe meglio dire perdonare) il successo all'autrice. Così riecco apparire un vizietto tipicamente italiano dai contorni sessisti: insinuare più o meno direttamente che un tale successo avrebbe molto più senso se riconducibile a una firma maschile, magari una che alla critica piaccia e il cui successo ha dimensioni capaci di non mettere in crisi gli strettissimi confini (mentali) del mondo letterario italiano.
Sulla questione Costanzo risponde a Indiewire senza mezzi termini: no, per lui Elena Ferrante è una donna. Non ha mai avuto modo d'incontrarla, ma la sua impressione conferma ciò che Ferrante ha più volte detto di sé. Dichiarazioni che a quanto pare ad alcuni non bastano. Per Costanzo invece l'esperienza di lettura e di regia suggerisce una mente di donna.
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Non è una storia che io avrei mai potuto scrivere con il mio vissuto e il mio sentito. Tuttavia non credo che in quanto uomo mi sia preclusa la possibilità di dirigerla - chiarisce un Costanzo desideroso di fare chiarezza - Il mio adattamento racconta il mio punto di vista, quello che mi ha trasmesso la storia così come immaginata da Ferrante.
Di fronte a chi lo critica in quanto regista di una storia davvero tutta al femminile, dalla scrittrice alle protagoniste, Saverio ricorda il coinvolgimento di Alice Rohrwacher, a cui sono stati affidati gli episodi chiave della seconda stagione. Perché non aprirsi a più firme femminili? Il problema sta in quella coesione stilistica e spirituale che Costanzo vuole mantenere e che lo stretto rapporto con la Rohrwacher gli ha assicurato. Inoltre L'amica geniale è un progetto per scala praticamente unico in Europa. Non basta una regista, serve qualcuno con il curriculum e l'esperienza per gestire una responsabilità simile.
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