Il diritto di contare: Katherine Johnson e la storia vera che ha ispirato il film

L'affascinante storia di Katherine Johnson è raccontata nel biopic Il diritto di contare. Ecco chi era questa straordinaria matematica e scienziata americana.

Autore: Alice Grisa ,

Nel 2016 in molti hanno scoperto per la prima volta la storia di Katherine Johnson, matematica, fisica, informatica e scienziata afroamericana che si è fatta strada tra i pregiudizi del Novecento e ha conquistato una grande carriera, collaborando con la NASA, grazie alle sue doti intellettive e ai nuovi sistemi di calcolo informatico.

Il film Il diritto di contare, diretto da Theodore Melfi, è un biopic che illustra la vita di questa donna straordinaria, interpretata sul grande schermo da Taraji P. Henson.

Al suo fianco il cast schierava Octavia Spencer, Janelle Monáe, Kevin Costner, Kirsten Dunst e Jim Parsons.

Katherine Johnson ha collaborato con il Programma Mercury, la missione Apollo 11, la missione su Marte e tante altre, aiutando a definire con i suoi calcoli le traiettorie spaziali.

Il film racconta di Katherine e delle sue colleghe, alle prese con l’affascinante mondo dei calcoli lunari e con le umiliazioni e le discriminazioni nell’ambiente di lavoro.

La pellicola è stata tratta dal libro di Margot Lee Shetterly, che ha illustrato la storia vera della Johnson. Ma chi era questa scienziata? 

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Il diritto di contare

Il diritto di contare

La storia vera di Katherine Johnson

Katherine Johnson nacque nel 1918 a White Sulphur Springs, nella Virginia. La sua famiglia era di estrazione comune-modesta: suo padre lavorava come boscaiolo e sua madre come insegnante. Tuttavia, i suoi genitori ebbero l’illuminazione e la prontezza di trasferirsi non appena notarono la predisposizione geniale della figlia minore, Katherine, per la matematica.

La loro zona non offriva grandi possibilità per i bambini di colore che volevano studiare, così la famiglia si spostò a Institute, nella contea di Kanawha, dove la figlia cominciò a frequentare una scuola che apparteneva a un dipartimento dell’Università, quando aveva solo 10 anni.

A 14 anni aveva finito le superiori e a 16 cominciò a frequentare il campus West Virginia State College, dove si laureò con lode a 18 anni.

Era la fine degli anni ’20 e studiare, per una donna di colore, non era l’opzione più gettonata. Katherine, però, incontrò professori che credettero in lei e la formarono, aiutando a sviluppare le sue geniali abilità.

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Tra i suoi mentori, Angie Turner King, la terza afroamericana a laurearsi in Matematica. I docenti, colpiti dalle sue doti, crearono appositamente corsi per lei, ispirati dalle sue intuizioni.

Katherine Johnson dopo la laurea si trasferì in un’altra cittadina della Virginia per lavorare come insegnante, ma sospese l’attività dopo che si sposò e rimase incinta.

Nel 1953 decise di accantonare il lavoro di insegnante, interessata alle scoperte scientifiche e aerospaziali, una vera corsa ai satelliti nel periodo della Guerra Fredda, in cui lo spazio rappresentava un contesto di competizione tra gli USA e l’Unione Sovietica. 

Si presentò alla NACA (quella che sarebbe stata poi la NASA), rispondendo a un annuncio che cercava personale. L’istituto accettava donne afroamericane e Katherine entrò a far parte di un team di calcolatrici donne, che eseguivano delle operazioni di calcolo partendo dalle scatole nere degli aerei.

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Lavorava presso il Langley Research Center della NASA a Hampton, in Virginia, e il suo team femminile era soprannominato "Computers Who Wear Skirts".

Si spostò poi in un team di uomini per svolgere ricerche sulle raffiche di vento in relazione ai veicoli aerei, sfruttando le sue conoscenze di geometria analitica.

Conobbe Dorothy Vaughan, che supervisionò il suo lavoro e l’aiutò nella sua ascesa.

Sia lei che le sue colleghe subirono discriminazioni per la loro etnia e gli effetti del sessismo dilagante, soprattutto in ambienti prettamente maschili.

Ad esempio, non potevano utilizzare le toilette degli altri dipendenti, in quanto donne afroamericane, e non erano ammesse alle riunioni.

Il film mostra che, se avevano bisogno di andare in bagno, le donne afroamericane dovevano camminare quasi un chilometro per non mescolarsi con le toilette per bianchi.

La separazione è stata poi abolita, come racconta il biopic, per le sue lamentele: i superiori notavano le sue lunghe assenze e la sua risposta ha fatto sì che i bagni venissero unificati.

Katherine fu la prima a chiedere e ottenere di prendere parte alle riunioni davanti agli schermi per seguire i passi degli astronauti.

Nel 1958 passò alla squadra degli ingegneri aerospaziali, che studiavano le traiettorie per i lanci e le missioni nello spazio. Lavorò in questo dipartimento fino al 1986, incrociando la sua mente geniale con le immense potenzialità che arrivavano dalle scoperte sui calcolatori, i moderni computer.

Fu lei a calcolare, ad esempio, la traiettoria per lo sbarco sulla Luna avvenuto nel 1969.

Si occupò anche di tante altre missioni spaziali, come quelle alla scoperta di Marte.

È stata in attività fino al 1986, anni in cui ha scritto 26 pubblicazioni e ha seguito da vicino le missioni spaziali nei primi scampoli dell’epoca digitale.

20th Century Fox
Le protagoniste de Il diritto di contare
Le donne de Il diritto di contare

Si è sposata due volte e ha cantato per 30 anni nel coro della chiesa presbiteriana Carver Presbyterian Church.

Alla prima de Il diritto di contare il pubblico l’ha acclamata con una standing ovation. È stata premiata anche da Obama nel 2015 con la Medaglia Presidenziale della Libertà.

È morta il 24 febbraio 2020, a 101 anni.

Differenza tra film e realtà

La storia vera è stata raccontata così com’è avvenuta?

È normale che un biopic si modelli sulla realtà colonizzandone però tempi (un’attività di condensazione è sempre richiesta, per adattare una lunga storia alla durata del lungometraggio). Anche i personaggi sono stati “caratterizzati” in modo da avere una funzione narrativa più solida e coerente.

Come segnala History vs Hollywood, ci sono alcune differenze tra la storia vera e il racconto filmico.

Il personaggio di Kevin Costner non esiste nella realtà

Al Harrison rappresenta più persone che hanno notato l’eccellente lavoro di Katherine e l’hanno aiutata. Sono state accorpate in un unico personaggio per un discorso di economia narrativa ma anche perché non è stato ottenuto il consenso per utilizzare i veri nomi dei colleghi della scienziata.

20th Century Fox
Una scena de Il diritto di contare
Il personaggio di Al rappresenta più persone

Il personaggio di Jim Parsons non esiste nella realtà

Anche Paul Stafford è un personaggio completamente fittizio, che rappresenta gli uomini con atteggiamenti sessisti e razzisti, che hanno ostacolato la vita e la carriera di donne come Katherine. È stato creato per rappresentare certi atteggiamenti razzisti e sessisti che esistevano negli anni '50. Oltre a demansionarle, bloccavano le loro velleità per partecipare al programma spaziale, alle riunioni, alla vita lavorativa dei colleghi.

Altrettanto simbolicamente, il personaggio di Parsons alla fine si ricrede, e dimostra come molte persone abbiano cambiato idea scoprendo il valore di Katherine e delle professioniste come lei.

Il personaggio di Kirsten Dunst non esiste nella realtà

Vivian Mitchell, supervisore snob, è inserita per raccontare i “pregiudizi inconsci” contro le donne afroamericane che si respiravano nella vita sociale dell’epoca.

La segregazione raccontata non è perfettamente reale

In un’intervista a WHROTV Katherine ha raccontato di non essersi sentita segregata e discriminata più di tanto. Le discriminazioni c’erano, erano un dato di fatto, ma lei lavorava in un luogo dove in primis c’erano le ricerche, i calcoli. Ha affermato anche di essere stata trattata alla pari e non aver subito tutto il razzismo che vediamo nel film. Tuttavia, considerato che le leggi esistevano (dall’ala separata dei computer, chiamata “Colored Computers”, ai bagni distanti da quelli dei bianchi) e tante persone subivano discriminazioni sul posto di lavoro, calcare un po’ la mano era funzionale a un racconto di quel tipo.

20th Century Fox
Una scena de  Il diritto di contare
Le storia delle donne afroamericane alla Nasa

Katherine non era davvero addetta a svuotare il bidone della spazzatura

Questo dettaglio c’è nel film ma non nel libro, la cui autrice comunque ha dato il proprio consenso a tutti i fatti narrati.

La vicenda delle riunioni

È vero che Katherine inizialmente non era ammessa alle riunioni ma ha aggirato l’ostacolo con una semplice domanda: “C’è una regola?”. Non c’era, per cui ha cominciato a prendervi parte.

Katherine camminava davvero così tanto per andare in bagno?

Non esattamente. Il libro fa riferimento a questa questione come relativa a Mary Jackson, il personaggio interpretato dalla Monàe. Pare che invece Katherine avesse utilizzato inconsapevolmente, per anni, bagni per bianchi, finché qualcuno non glielo aveva fatto notare.

Che ne pensate? Vi è piaciuto questo film?

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