Icona della Nouvelle vague capace di conquistare la copertina di Life con un solo taglio di capelli, Jean Seberg è stata un'attrice consumata dal suo stesso essere molto più di una diva, una bella donna, una valente interprete. A riparare ciò che la storia e l'FBI le hanno inflitto dovrebbe pensarci Seberg, il film diretto dal giovane Benedict Andrews che racconta dell'incredibile caccia alle streghe di cui fu protagonista la donna.
Sposata con un francese, la ragazza dell'Iowa divenuta stella del cinema non ci stava ad essere la fidanzatina d'America, bella e rassicurante. D'altronde siamo nel 1968, nella Parigi del pieno delle rivolte studentesche e Jean si prepara a volare a Los Angeles per le riprese di un film.
Seberg accenna appena a quello che a portato Jean ad essere la donna che è: diva, moglie e madre di un bimbo. Ci sono stati gli anni della gavetta in un mondo del cinema maschilista, c'è stato l'incidente sul set di Giovanna d'arco che per poco non l'ha vista bruciare viva sul rogo, per assecondare le manie del regista Otto Preminger.
Jean porta già cicatrici sul corpo e nel cuore, ma il colpo mortale lo riceverà in patria, negli Stati Uniti. Avvicinata da uno dei leader autonomi collegati al movimento del black power e delle pantere nere, l'attrice si appassionerà alla causa degli afroamericani, investendo il suo denaro e la sua immagine mediatica per dar visibilità alla loro protesta. Il suo interesse però non passerà inosservato e il dipartimento del FBI provvederà a metterla sotto sorveglianza.
Il martirio di una diva
Seberg è narrato attraverso gli occhi di un giovane tecnico del sonoro che finisce per far parte della squadra che terrà sotto stretta sorveglianza l'attrice. Le cimici controlleranno tutta la vita di Jean, senza lasciarle spazio, nemmeno in camera da letto. Quando la donna intesserà una relazione amorosa con uno degli attivisti della comunità nera, gli agenti del Bureau non esiteranno ad usare quest'informazione per demolire l'attrice di fronte all'opinione pubblica.
Seberg racconta la lenta discesa degli inferi di una donna via via consapevole di essere tenuta sotto sorveglianza, ma non da chi o per quale scopo. Il film fa uno sforzo per esprimere l'angoscia e l'ossessione dell'attrice, divenuta paranoica e senza prove concrete che avvalorassero la sua tesi di essere seguita e tenuta sotto controllo.
Tuttavia lo fa con una benevolenza quasi irritante, sentendo il bisogno di narrare la sua storia di donna, icona e attivista attraverso gli occhi degli uomini che l'hanno amata o odiata, aggiungendo addirittura il personaggio fittizio dell'agente del FBI, quasi che Jean abbia bisogno di supporto persino per narrare la sua storia.
La vita della protagonista è così ricca e tragica da poter riempire almeno un paio di film, ma è meglio che rimanga nell'oblio piuttosto che vederla sprecata in un film tanto annacquato, che vorrebbe raccontare una storia femminile e femminista ma non crede abbastanza a Jean per darle davvero voce in capitolo. Kristen Stewart fa quel che può ma stavolta non brilla, poco aiutata dal ruolo di martire e vittima che le tocca e da una regia che non la guida abbastanza.
Vale la pena di scoprire la storia di Jean Seberg in tutto il suo parossismo, ma meriterebbe un film più potente e veritiero.
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Voto di Cpop
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