L'isola dei cani: Wes Anderson in un Giappone che parla di politica e futuro

Wes Anderson torna a incantare con la tecnica dell'animazione in stop motion in L'isola dei cani: tra atmosfere futuriste, padronanza tecnica e istanze politiche, ecco la recensione del film.

Autore: Elisa Giudici ,

Lo stato di salute artistica di un cineasta si misura non tanto nei suoi picchi, quanto nel livello dei suoi film di routine. L'isola dei cani ha aperto l'edizione 2018 di una Berlinale non certo stupefacente e in chiusura si è portato a casa il premio come miglior regia. Premio che in un anno più ricco e un concorso più combattuto un film così privo di novità forse non avrebbe spuntato, ma che certifica come Anderson si muova ad altissimo livello anche quando mette il pilota automatico e si basa più sulla sua statura autoriale che sul suo fervore creativo. 

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20th Century Fox
Chief e i protagonisti di L'isola dei cani
I cani sono gli unici personaggi a parlare una lingua intellegibile al pubblico anglofono in L'isola dei cani

L'isola dei cani: Giappone in stop motion 

Era dal 2009 che Wes Anderson non si cimentava con la tecnica dello stop motion, per cui viene naturale l'accostamento di questa nuova avventura animata con la precedente Fantastic Mr. Fox. Lo scenario è il medesimo, con Anderson attorniato da un'impressionante parata di star e dai suoi attori feticcio (su tutti Bill Murray), anche se solo nelle vesti di doppiatori di lusso. Si racconta che il regista sia andato a stanarli nelle loro meravigliose hollywoodiane, registrando porta a porta le performance vocali per il suo film, affinché nessuno mancasse all'appello. 

20th Century Fox
Una foto del cane di Atari
Atari approda sull'isola alla ricerca del suo cane Spots

Scritto, diretto e prodotto da Anderson stesso, questo racconto futuristico in salsa nipponica nasconde un contributo fondamentale: quello di Kunichi Nomura, attore giapponese che nelle vesti di sceneggiatore e consigliere già in passato è stato parte fondamentale del successo di film come Lost In Traslation di Sofia Coppola. Kunichi ci ha messo la voce e lo zampino. Il suo contributo si spinge molto più in là di un semplice supporto linguistico e culturale per un film ambientato nella fantomatica città giapponese di Megasaki, fulcro di un'influenza canina che porta alla messa al bando del miglior amico dell'uomo. 

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Per esempio l'idea di far parlare i cani in inglese e di lasciare che i protagonisti umani siano "incomprensibili" nel loro idioma giapponese (scelta che Nomura ha assicurato farà mantenere nei vari doppiaggi) viene proprio dall'attore, che ha contributo alla scrittura del film. Il resto è puro Anderson, che mette il pilota automatico e gira questa storia di amicizia e ironia politica esattamente come ci aspetteremmo da lui. 

20th Century Fox
I protagonisti canini di L'isola dei cani
Grandi attori hollywoodiani prestano la voce ai protagonisti canini del film

Così quando il malvagio sindaco Kobayashi esilia tutti cani su un'isola artificiale formata da cumuli di spazzatura, ecco apparire le famose riprese "laterali", distintivo marchio di fabbrica di Anderson insieme a una stratificazione continua di scritte e dettagli che impreziosiscono un film che già di per sé è una miniatura animata di un vero lungometraggio. Quando il 12enne figlioccio adottivo del sindaco Atari atterra illegalmente sull'isola alla ricerca del suo amato cane, ci ritroviamo di fronte agli stessi personaggi un po' danneggiati, molto malinconici, saldi nei loro principi e incredibilmente saggi di cui ribolle il cinema di questo regista. 

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L'isola dei cani: Wes Anderson con il pilota automatico

I cineasti di grande personalità, quelli che riconosci dopo un paio di movimenti della cinepresa, corrono spesso il rischio di rimanere intrappolati nel loro modo distintivo di dirigere e fare cinema. Non è il caso di Anderson, che qui ancora una volta dà uno sfoggio di impressionante maestria tecnica, tirando fuori un film che è un gioiellino nella sua realizzazione. 

20th Century Fox
Atari atterra sull'isola della spazzatura
Un manipolo di cani e un ragazzino ribelle cercheranno di sconfiggere il sindaco di Megasaki

Rispetto a Fantastic Mr. Fox qui a mancare è una certa vivacità creativa, quel guizzo geniale che aggiunge all'universo già vastissimo del cinema andersoniano, che qui invece si limita a replicare (anche se benissimo). Seppur travestita meglio da "favola per ragazzini", L'isola dei cani risulta meno cinico e spiazzante di Fantastic Mr. Fox, pur essendo politicamente più diretto e aggressivo. Nel sindaco despota che annichilisce il saggio rivale politico del Partito della Scienza non ci vuole poi molto a ravvisare una critica alla situazione politica di oggi degli Stati Uniti. Eppure è come se il livello bassissimo che la scena politica statunitense attuale offre come terreno di riflessione ai suoi cineasti finisse per semplificarne i discorsi. La presidenza in corso è così paradossale che l'attacco diretto risulta persino un vincere facile ma poco incisivo, come avvenuto per esempio per The Post. 

Lungi dall'essere un film men che riuscito, L'isola dei cani semplicemente non aggiunge nulla di nuovo alla cinematografia di Anderson, se non una splendida rivisitazione dei suoi precedenti lavori. Considerando che è stato preceduto da un film come The Grand Budapest Hotel, è più che lecito. Magari tutti i registi si muovessero a questi livelli quando non sentono l'urgenza creativa di rivoluzionare il cinema! 

L'isola dei cani arriverà in Italia a maggio 2018.

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Commento

Voto di Cpop

75
Un gioiellino di tecnica e personalità andersoniana che manca di un guizzo di novità: L'isola dei cani è una splendida rielaborazione dei precedenti film del regista. Gradevole ma non incisivo.

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