L'incredibile storia dell'Isola delle Rose è il nuovo film che vede il ritorno di Sydney Sibilia al lungometraggio, dopo aver chiuso la fortunata trilogia di Smetto quando voglio, vede come protagonista del cast Elio Germano, nei panni dell'ingegnere bolognese Giorgio Rosa, la cui leggenda si radica sul finire degli anni '60 in quel clima rivoluzionario sessantottino che vide sorgere al largo delle acque marittime italiane l'Isola delle Rose, uno stato autoproclamato indipendente che diede non pochi grattacapi all'amministrazione del governo italiano dei tempi.
Perché quella dell'Isola delle Rose è davvero una storia che ha dell'incredibile, che si porta dietro anche un po' di sapore del Davide contro Golia, alimentata dall'impulso di un vento di cambiamento che lasciava presagire che anche le più strambe utopie fossero realizzabili.
Cerchiamo però di ripercorrere cronologicamente gli eventi, partendo dal 1958, anno in cui Giorgio Rosa lavora al progetto di una palafitta che sarebbe dovuta sorgere a circa 12 km a largo della città di Rimini, 500 metri fuori la giurisdizione territoriale italiana e quindi in piene acque internazionali.
Ciò avrebbe portato la sua palafitta al di fuori di ogni controllo governativo.
Nei mesi immediatamente successivi, intensi per il lavoro di sopralluoghi e per l'approvazione dei progetti (che erano stati presentati come finalizzati a ricerche scientifiche e quindi accettati in quanto destinati ad operare in territorio internazionale), iniziarono le prime operazioni per installare i piloni che sarebbero andati a sorreggere la struttura. Questa, nelle intenzioni, avrebbe ospitato un hotel, un bar e una radio.
L'azienda che si occupò delle prime colate per allestire i piloni sui quali sarebbe andata a sorgere l'isola fu la Società Sperimentale per Iniezioni di Cemento (S.P.I.C.), appositamente costituita per l'occasione dalle tasche dell'ingegnere e da sua moglie Gabriella Chierici. L'azienda proseguì la sua attività, non senza intoppi ma con costanza, fino alle soglie del maggio 1968.
La piattaforma che misurava al termine dei lavori una superficie di 400 metri quadrati, aperta al pubblico nel corso del 1967 e subito divenuto polo di attrazione di curiosi e volenterosi finanziatori, il 1° maggio 1968 dichiarava indipendenza con il nome ufficiale di Repubblica Esperantista dell'Isola delle Rose.
E questa che di fatto era una micronazione (entità creata da una singola persona o un piccolo gruppo di persone non riconosciuta come effettivo stato indipendente a livello internazionale) aveva le idee chiare per quanto riguardava il proprio ordinamento interno, a partire proprio dalla scelta della lingua, l'esperanto, che conferì anche parte del nome all'isola.
Creata dal linguista polacco Ludwik Lejzer Zamenhof nel 1887, l'esperanto è una lingua artificiale ausiliaria che tenta di mescolare in una grammatica franca idiomi di differente origine affinché possa porsi come lingua di utilizzo intermedio tra differenti popoli.
Un ideale che abbracciava e intercettava in pieno gli interessi e le idee di fraternità dello stesso Giorgio Rosa, che nella sua Insulo de la Rozoj nel frattempo stava anche battendo moneta, mentre stampava francobolli e conferiva cittadinanze onorarie.
L'Isola delle Rose si diede una bandiera, con tre rose rosse su uno scudo bianco e sfondo arancione, e un vero e proprio governo: c'era una Presidenza del Consiglio dei Dipartimenti e cinque differenti Dipartimenti (Presidenza, Finanze, Affari Interni, Industria e Commercio, Relazioni e Affari Esteri), a loro volta suddivisi in divisioni e uffici.
Ma come tutti i sogni più strambi e pieni di immaginazione, anche quello dell'isola dell'ingegnere non era destinato a durare molto.
L'utopia di Giorgio Rosa divenne di pubblico dominio il 24 giugno del 1968, ma nel frattempo le cose diventarono sempre più difficili per il suo piccolo stato che non ottenne mai nessun riconoscimento ufficiale. Il via vai dalla costa italiana all'isola artificiale divenne nel corso di questi quasi due mesi sempre più intenso e frequente, considerata la facilità di accesso a quello che veniva considerato ormai come uno snodo di attrazione.
Questa anomalia non impiegò molto ad attirare anche le attenzioni del governo italiano dell'epoca, presieduto per la seconda volta dal democristiano Giovanni Leone, che nello scetticismo generale di un parlamento sì diviso ma concorde (ognuno a modo suo) nel vedere nell'Isola delle Rose una possibile minaccia nel suo porsi come porto libero per fantomatici paradisi fiscali o come centro di aggregazione di militanze politiche indesiderate all'una o l'altra fazione, intervenne rapidamente con fermezza e decisione.
All'alba del 25 giugno, su iniziativa del Ministro degli Interni Francesco Restivo, la piattaforma venne circondata da motovedette della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, che dettero il via alle operazioni di smantellamento con ingente quantitativo di dinamite. La demolizione si concluse a metà aprile del 1969, periodo del definitivo abbattimento e affondamento della struttura.
La breve parentesi dell'Isola delle Rose durò quindi 55 intensi giorni, vedendo infine prevalere l'ottuso Golia sul romanticismo donchisciottesco del Davide di Giorgio Rosa, venuto a mancare nel 2017.
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