È partita la nuova attesissima serie su Leonardo da Vinci, l’ennesimo racconto visivo del genio italiano dopo la versione dark di Da Vinci’s Demons e quella più rassicurante affidata al volto di Luca Argentero. D’altronde, la vita di da Vinci – tra misteri irrisolti, ambiguità e processi – è già una sceneggiatura pronta per il ciak.
Si vince facile, quindi: i pezzi forti (le opere, i viaggi, le relazioni) sono già tutti sul tavolo, è solo una questione di montaggio. Ma è proprio questo a fare la differenza. Il racconto, il tono di voce, lo stile sono gli elementi che rendono unico ogni Leonardo cinematografico, staccandolo da tutti gli altri. E questo, prodotto da Lux Vide e Rai Fiction, svolge bene il suo compito, almeno sul fronte del cast e delle immagini.
Alla fine dei primi due episodi, però, si ha la sensazione che manchi qualcosa e questo nonostante i tanti elementi narrativi, spesso inventati di sana pianta, che tentano di dare mordente a una storia che ha nella sua “visione italiana” i suoi pregi e i suoi difetti.
L’orgoglio italiano e l’effetto anti-critica
Firenze. La Firenze rinascimentale funziona sempre e il Leonardo Rai le rende giustizia con una fotografia da cartolina che ci rende tanto orgogliosi. Leonardo parte già con un punto di vantaggio perché una serie da esportazione che ci mostra così in forma al resto mondo non può che solleticare quel campanilismo che ci predispone positivamente alla visione e ci rende riluttanti alle critiche. Anche gli effetti speciali sono meno posticci di quelli a cui le produzioni italiane ci hanno abituate.
E poi c’è il cast in cui spicca l’italianissima Matilda De Angelis (il cui triste destino nelle produzioni internazionali è quello di morire entro il primo episodio, citofonare Nicole Kidman e Hugh Grant in The Undoing). Dal punto di vista visivo Leonardo c’è: gli attori recitano bene (sì, la De Angelis è doppiata da Myriam Catania), le scene sono belle, i costumi sono ok, la fotografia veste bene tutta la storia. Un trionfo del Made in Italy (nonostante la co-produzione anglo-francese) che ci disegna un sorriso in faccia. Ed eccoci qui, sul divano, avvolti da un tricolore al posto del rassicurante plaid.
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Manca il ritmo, nonostante le “invenzioni”
Leonardo però è una storia per gli occhi, ma non per il cuore perché il coinvolgimento visivo non tiene il passo con quello emotivo. La storia è farcita di “invenzioni” (e non parliamo di quelle di da Vinci, ma degli sceneggiatori) che fanno prendere alla storia direzioni da true crime o da soap opera e che dovrebbero dare colore, spingere sul thrilling, solleticare l’anima.
Il personaggio della De Angelis, Caterina Da Cremona, è praticamente scritto da zero. Pare che una modella di nome Caterina, Leonardo l’abbia avuta davvero così come pare esistere il bozzetto de “La scapigliata”, ma tutta la narrazione sull’amicizia tra i due, la sua morte e persino le indagini con i detective in calzamaglia rinascimentali, sono opera di fiction. E ci sta: Leonardo deve intrattenere, non solo divulgare, solo che gli episodi non scorrono veloci come dovrebbero, non “prendono” fino in fondo e qualche sbadiglio lo concedono.
La visione “italiana” si vede nelle lunghe pause tra i dialoghi e nel tappetino musicale al piano onnipresente in ogni scena che, più di una volta, concedono ad un relax non troppo voluto che dopo le 22.30 può essere fatale.
Il coraggio di osare
Sintetizzato, probabilmente, non solo nell’audacia di scrivere una storia sulla Storia italiana ma anche nella volontà di mostrare un bacio gay, prima delle 23.30, nella prima serata di Rai 1. Nulla di eccezionale, specie se consideriamo il respiro internazionale della produzione, ma comunque degno di nota per una TV italiana da famiglie troppo spesso “democristiana”. Si, ci meravigliamo ancora. Nel 2021. E il 1500 di da Vinci non sembra poi troppo lontano.
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