L'arrivo di Mulan su Disney+ ha fatto aumentare del 68% il numero di abbonati alla piattaforma streaming rispetto alla settimana precedente (lo rivela una ricerca di Yahoo! Finance) ma ha anche suscitato polemiche così accese che molti utenti spingono sui social per un boicottaggio del film.
Il remake live-action dell'animazione del 1998, diretto da Niki Caro con un cast di star come Yifei Liu, Li Gong, Donnie Yen, Jason Scott Lee e un irriconoscibile Jet Li, tocca due questioni molto delicate nella Cina di Xi Jinping: il "genocidio demografico" degli Uiguri, la minoranza di religione musulmana e di etnia turcofona, e la repressione della "lotta per la libertà" di Hong Kong.
Che c'entrano gli Uiguri con Mulan?
Gli Uiguri vivono nella regione dello Xinjiang, nel nord-ovest della Cina, e rappresentano lo 0,6% degli abitanti totali del Paese asiatico. Il governo cinese ritiene pericoloso questo gruppo etnico-religioso per le sue rivendicazioni indipendentiste e il presidente Xi ha condotto una dura campagna per sedare ogni tentativo di rivolta. Secondo il New York Times, Pechino avrebbe addirittura rinchiuso migliaia di Uiguri in veri e propri centri di "rieducazione" ed internamento.
La produzione di #Mulan ha ambientato proprio nello Xinjiang alcune scene del film e da quando la storia dell'indomita eroina dal "chi" prodigioso che difende la Cina dall'attacco degli invasori è online, molti spettatori hanno notato che nei titoli di coda viene ringraziato l'ufficio di pubblica sicurezza della provincia in cui la minoranza uigura viene perseguitata e reclusa.
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Mulan è stato girato in venti diverse location in Cina. Quelle dello Xinjiang sono il deserto di Mingsha Shan e la valle di Tuyuk, un sito storico a est di Turpan. La questione è ancora più spinosa dal momento che Mulan verrà distribuito nelle sale cinesi a partire dall'11 settembre.
Le istituzioni statali dello Xinjiang che appaiono nei credits sono diverse, dal CPC Xinjiang Uguyghur Autonomous Region Committee all'ufficio di pubblica sicurezza di Turpan, coinvolto direttamente nello scandalo di 14 campi di internamento e lavoro forzato.
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Il World Uyghur Congress di Monaco di Baviera, l'ente che promuove i diritti umani Uiguri e spinge per una soluzione pacifica al conflitto nel Turkistan orientale, ha postato su Twitter un articolo del Guardian, firmato dall'inviata a Pechino Lily Kuo.
La giornalista, intervistando il ricercatore politico di Victims of Communism Adrian Zenz, sottolinea come Turpan sia stato "il primo caso documentato di rieducazione o indottrinamento politico usato contro gli Uiguri per sradicare il territorio per l'allevamento e la diffusione dell'estremismo religioso".
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Shawn Zhang, un altro ricercatore schierato apertamente contro il Partito Comunista Cinese, ha pubblicato sui social le immagini satellitari dei centri di rieducazione al centro del dibattito: lo Shanshan County Vocational Skill Education Training Center è a 7 chilometri dalle location del film, così come vicinissimi sono il Turpan City Detention Center e il Gaochang District Vocational Skill Education Training Center.
Zhang ha calcolato che la troupe di Mulan, per raggiungere il deserto di Kumtag, poco fuori la città di Shanshan, è passata attraverso i sette campi di detenzione che si incontrano arrivando dall'aeroporto di Turpan.
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Pechino ha sempre negato l'esistenza di questi centri e questa posizione è stata ribadita dal ministero degli Esteri, Zhao Lijian. Disney, interpellata in merito, non ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale.
Questo silenzio è stato commentato con profonda indignazione da Joshua Wong, l'ambiguo (ha avuto incontri opachi con Raed Al Saleh, il capo dei caschi bianchi siriani, la diplomatica statunitense Julie Eadeh e Marco Rubio, il senatore repubblicano sponsor di Juan Guaidó in Venezuela) e ormai famoso leader secessionista di Hong Kong ed ex segretario generale del partito pro-democrazia Demosistō.
Wong e altri attivisti anti-cinesi di Taiwan e Tailandia hanno lanciato su Twitter una campagna per il boicottaggio del film, trainata dagli hashtag #BoycottMulan e #BanMulan. L'accusa rivolta alla Casa di Topolino è di "inchinarsi" a Pechino per compiacere l'importante mercato cinese.
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Mulan e le proteste di Hong Kong
Proprio le manifestazioni di Hong Kong, nate per la legge sull'estradizione verso la Cina che secondo i movimenti rappresenterebbe un passo importante verso l'ingerenza cinese nel sistema giuridico dell'ex colonia britannica, sono state il primo focolaio di polemiche sul remake live-action del cartoon Disney.
L'estate scorsa, infatti, la protagonista Yifei Liu ha pubblicato un messaggio su Weibo, il popolare social cinese, nel quale ha espresso pubblicamente il suo sostegno alla polizia di Hong Kong. "Adesso potete anche picchiarmi. Che vergogna per Hong Kong", ha aggiunto in un post successivo, aggiungendo l'hashtag #IAlsoSupportTheHongKongPolice.
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In un'intervista concessa a The Hollywood Reporter, l'attrice sino-americana ha ribadito la propria posizione sulla "rivoluzione colorata", moderando però i toni.
È ovviamente una situazione molto complicata, e non sono un'esperta. […] Spero davvero che la questione si risolva presto. Penso che sia una faccenda molto delicata.
Dai piani alti di Disney, Alan Horn è intervenuto sempre con The Hollywood Reporter, confermando in una tavola rotonda con il magazine che l'azienda è fermamente "apolitica quando si tratta di argomenti del genere".
La mia sensazione è che certamente la libertà di parola sia una componente importante della nostra società, e la gente dovrebbe essere in grado di dire quello che vuole dire. Non posso esprimermi su quello che Liu dice in Cina – non lo sapevamo e non sapevamo cosa avrebbe detto – e questo dipende esclusivamente da loro.
Horn è ovviamente preoccupato dai risultati di Mulan al box-office cinese, come non ha nascosto nel corso dell'intervista.
Se Mulan non dovesse andare bene in Cina, avremo un problema.
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La controversia che ha colpito Mulan aggiunge benzina sul fuoco al fervore anti-cinese già in crescita negli Stati Uniti colpiti pesantemente dall'epidemia di Covid-19. Le tensioni economiche, diplomatiche e militari tra le due superpotenze sono ormai ai massimi livelli.
Con un budget di 200 milioni di dollari, il film rischia di diventare un clamoroso buco nell'acqua per Disney. E potrebbero persino rivelarsi inutili le modifiche che Niki Caro ha apportato al final cut per "assecondare" i gusti degli spettatori asiatici.
La regista ha infatti confessato a The Hollywood Reporter di aver tagliato, su pressioni dello studio, la scena del bacio tra Mulan e Chen Honghui (Yoson An), non gradita dagli esecutivi locali durante una proiezione di prova riservata al solo pubblico cinese.
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