In attesa di vederla in veste di regista nell'imminente settantesima edizione del Festival di Cannes, approda finalmente nelle sale italiane il film con protagonista Kristen Stewart che fece tanto parlare di sé nella scorsa kermesse e valse all'attrice persino qualche fischio. Personal Shopper è davvero così brutto e malfatto da meritare tutto lo scherno raccolto all'indomani della prima mondiale sulla Croisette? Come spesso accade nell'atmosfera tutt'altro che apolitica e neutra della kermesse francese, il film di Olivier Assayas (regista francese che si conferma affascinato dalla bellezza androgina e quasi involontaria dell'attrice statunitense) è stato vittima della mancanza di fiducia della stampa, che non ha concesso ai toni eteri e strambi di questa ghost story contemporanea e bizzarra di fare effetto.
Come è successo anche con The Handmaiden e La Ragazza Senza Nome, Personal Shopper è in corso di rivalutazione dalla critica e per ottimi motivi: è davvero difficile vedere un film che prenda un genere così codificato come quello dei fantasmi e delle presenze e lo aggiorni alla stretta attualità, senza però perderne l'allure. D'altronde qui dietro la cinepresa c'è Assayas, un regista il cui cinema vive più di atmosfere, non detti e omissioni ambigue più che di stretta narrazione e rapporto causa-effetto.
Al centro di questa storia di presenze impalpabili e pericolo concreto ritroviamo Kristen Stewart, promossa al ruolo di protagonista assoluta dopo il suo ruolo palpitante ed enigmatico nel precedente Sils Maria, al fianco di Juliette Binoche e Chloë Grace Moretz. È lei la personal shopper del titolo, salvo occuparsi di compere e accostamenti modaioli per motivi prettamente economici, dato il suo palese disinteresse per la moda e gli accessori che procura alla starlette odiosa e tirannica per cui lavora. In realtà la star vera e propria sembra comunque lei: ogni personaggio del film, dai collaboratori del mondo della moda fino allo stesso regista, è palesemente affascinato dalla sua allure androgina e involontariamente cool.
Il suo personaggio vive in perenne attesa di una risposta promessale dal fratello gemello, morto per una rara disfunzione cardiaca contro cui lei stessa combatte. Accomunati dalla malattia e da alcune capacità da medium, i due si erano promessi di tentare di mettersi in contatto dopo la morte, per provare l'esistenza dell'aldilà, prima di tornare a riaffrontare la vita.
Il ruolo cucito su misura sulle fattezze e sull'indole inquieta e introversa di Kristen Stewart vive di fatto una non vita, in perenne ricerca di quella risposta definitiva che la libererà dalla promessa e dalla vita odiosa e monotona che conduce a Parigi. A risvegliarne l'ardore che cova sotto la cenere è solo il gusto per il proibito, una sorta di feticismo quasi sessuale che la porterà in un turbinio di esperienze molto più palpabili dei fantasmi a cui dà la caccia e altrettanto pericolose.
La premessa assolutamente necessaria per gustarsi Personal Shopper è non lasciarsi prendere in contropiede dall'inaspettato punto di partenza del film: non siamo infatti di fronte al solito protagonista scettico che dovrà ricredersi sull'esistenza del sovrannaturale, quanto piuttosto a una ragazza che confessa con grande serietà e convinzione a sconosciuti appena incontrati di avere capacità di medium e di stare tentando di mettersi in contatto con il gemello morto.
Per quanti si lasceranno circondare dalle atmosfere e dalla sottile trama intessuta da Assayas, il film riserverà una prova della Stewart che ne conferma la maturità artistica che già le sospettavamo e un twist finale che corona una pellicola scarna di trama ma ripiena di allure e atmosfera, proprio come vuole la tradizione della ghost story. Far funzionare tutto questo attraverso messaggi scambiati sullo schermo di un Iphone è un'impresa tutt'altro che semplice, ma Assayas ci riesce davvero bene.
Personal Shopper è nelle sale italiane.
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