Quando un film è tratto da un romanzo, il pubblico è doppio. Ci sono i lettori, che hanno in uguale misura grandi aspettative e paura di vedere tradita la storia che amano. E poi ci sono i "neofiti", gli spettatori che non conoscono il libro e che arrivano senza "pregiudizi". Basterebbe questo a rendere la trasposizione sullo schermo una sfida da sudori freddi. Ma le cose si complicano ancora quando il romanzo è un classico della letteratura e ha già avuto più di un adattamento, tra cui uno realizzato da un "maestro" del cinema.
In questo senso, #Rebecca diretto da Ben Wheatley e interpretato da Lily James e Armie Hammer è un caso da manuale. Il film di Netflix è basato sul romanzo Rebecca, la prima moglie di Daphne Du Maurier, che non solo è una pietra miliare del genere gotico, ma è arrivato in sala (tra l'altro, per la prima volta) per mano di Alfred Hitchcock e si è guadagnato l'appellativo di "capolavoro", vincendo pure due Oscar (per il Miglior film e la Migliore fotografia).
Come se la cava il nuovo adattamento del libro che racconta la storia di una giovane donna (senza nome) che conosce un vedovo facoltoso (Maxim de Winter), se ne innamora, lo sposa e lo segue nella sua enorme e lussuosa magione, la "famosa" Manderley, in Inghilterra? Purtroppo, non bene.
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Il "tradimento" di Daphne Du Maurier
Non è tanto il fatto che Rebecca di Netflix cambia la storia in più punti e introduce elementi nuovi e che non esistono nel romanzo. Letteratura e cinema hanno tempi ed esigenze diverse e l'adattamento di un libro sul grande schermo spesso e volentieri comporta tagli, sintesi e modifiche. Il punto è che la nuova versione di Netflix tradisce il romanzo di Daphne Du Maurier nella sua essenza più profonda.
La paranoia, l'ossessione, il mistero, l'atmosfera opprimente di una realtà sconosciuta e piena di bisbigli che stringe poco alla volta la "nuova" signora de Winter in un abbraccio velenoso, scavando nella sua insicurezza di giovane donna, nel senso di inadeguatezza alimentato da rigide gerarchie sociali e dal pregiudizio di classe e in un amore ingenuo e totalizzante si perdono in una narrazione superficiale e didascalica, che sembra ripetere di continuo agli spettatori: "Ehi, avete capito che c'è un terribile segreto, una indicibile verità nascosta?".
La stessa protagonista (interpretata da Lily James) è tutt'altra cosa rispetto al personaggio descritto da Daphne Du Maurier. La giovane donna rappresentata nel film è fragile, ma emancipata e indipendente in un modo che il suo corrispettivo nel libro non è. Un aggiornamento inevitabile per rispondere alla sensibilità del pubblico contemporaneo (ed evitare polemiche)? Forse, probabilmente. Ma la nuova versione della seconda signora de Winter finisce con il minare la costruzione della suspense e rendere il personaggio poco credibile e incoerente.
Analogo discorso vale per Maxim de Winter, che nel film Netflix ha il volto di Armie Hammer. L'affascinante, sfuggente, tormentato gentiluomo inglese, che nel romanzo di Du Maurier rimane a lungo indecifrabile nel racconto dal punto di vista della protagonista, diventa un uomo bello, romantico e umorale, che passa dal (di)mostrare in modo plateale il proprio amore alla giovane donna incontrata a Monte Carlo al trattarla con incomprensibile freddezza.
Lo scarto può sembrare una sottigliezza, ma è fondamentale nell'accumularsi della tensione. Perché Maxim de Winter è un personaggio cruciale nella storia e un mistero al pari di Rebecca e della enigmatica signora Danvers, la governante di Manderley. Se la scelta di Kristin Scott Thomas per interpretare la donna che tanto timore (per non dire paura) incute nella protagonista è davvero azzeccata, altrettanto non può dirsi di come viene utilizzata l'attrice. La signora Danvers, che con la sua discreta e opprimente onnipresenza è fondamentale ai fini dell'intreccio e dell'atmosfera, diventa un elemento tra i tanti dell'ingranaggio. E il finale che il film dà al personaggio (diverso dal libro) finisce con il togliergli tutto il suo potere.
Anche in questo caso, al pari di quello che accade per i due protagonisti e il mistero di Rebecca, il problema è il bisogno di dare spiegazioni, chiarimenti e rassicurazioni. E allora, l'intera vicenda diventa un feuilleton, in cui è chiara la volontà di aggiornare la storia e i personaggi, con tanto di epilogo all'insegna dell'empowerment della protagonista. Ma il risultato è discutibile.
Un thriller che ha fatto il suo tempo per il pubblico moderno
E per chi non la letto i libro? In questo caso, Rebecca di Netflix è a tutti gli effetti un thriller che mescola diversi elementi classici del genere, come la giovane donna innamorata e ingenua, il ricco marito misterioso, l'enigmatica prima moglie morta, la grande magione piena di stanze e segreti, la servitù bisbigliante e una serie di personaggi inquietanti e sfuggenti. E il punto è proprio questo. Per il pubblico moderno si tratta di qualcosa di già visto, più e più volte, e anche lo spettatore meno attento finisce per capire dove vuole andare a parare la storia, prima che a rivelarla sia il finale stesso.
A rendere avvincente e imprevedibile un intreccio classico è una sceneggiatura da manuale, ma non è questo il caso. Pur essendo didascalico, Rebecca divaga, introduce personaggi, eventi ed elementi senza approfondirli. Per esempio, Ben (interpretato da Ben Crompton, un volto noto ai fan di Game of Thrones per la parte del Guardiano della Notte Edd Tollett). Nel libro e nel film di Hitchcock, l'uomo con un ritardo mentale che la protagonista incontra al cottage sulla spiaggia ha un ruolo ben preciso. Invece, nell'adattamento di Netflix sembra servire solo a ricordare che su Manderley grava un segreto terribile, casomai non fosse chiaro.
In tal senso, per alcune scelte narrative, il film con Lily James e Armie Hammer dà l'impressione di ricalcare l'impianto dell'adattamento di Hitchcock, più che seguire la storia del romanzo. Ma la scelta non è molto saggia, perché quello che funzionava nel 1940 (tra l'altro, nelle mani del "maestro del brivido") ha dei limiti nel cinema contemporaneo.
D'altra parte, a differenza della pellicola di Hitchcock, Rebecca di Netflix conserva l'epilogo originale della storia tra Maxim de Winter e la prima moglie, lasciando gli spettatori con un finale che si sviluppa sul filo sottile di un cambio di prospettiva ed è potente nella sua ambiguità morale.
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Perché, di fatto, Maxim de Winter ha commesso un omicidio sangue a freddo. Ma non solo. Maxim de Winter è un assassino e la fa franca.Tuttavia, purtroppo, gran parte di questa forza si perde nelle ultime scene del film, che ancora una volta va di fretta quando dovrebbe soffermarsi, aggiunge spiegazioni dove non servono e dà risposte rassicuranti al posto di lasciare inevitabili domande.
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