La cattiva notizia è che per la terza stagione ci sarà da aspettare, e probabilmente parecchio.
Il cliffhanger che ha chiuso la stagione 2 di #Succession ci lascia in sospeso dopo una bomba emotiva (e non solo) lanciata contro Logan Roy (il grande Brian Cox).
La buona notizia è che, se ancora non avete visto questa serie politicamente scorretta targata HBO, e trasmessa in Italia da SkyAtlantic, questo è il momento perfetto per recuperarla.
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Se non vi basta il consiglio - ed è bene che sia così - ecco 5 ottime ragioni per colmare la lacuna:
- Il cast
- La sceneggiatura: politicamente scorretti
- Kendall Roy
- L'attualità
- Il cinismo: non è tutto oro, quel che luccica...
1. Il cast
Brian Cox, osannato da pubblico e critica per la sua interpretazione (premiata con un Golden Globe), non ha bisogno di presentazioni: se amate il cinema e la TV, il suo volto vi sarà famigliare. Da The Game a I Medici, da Red a The Bourne Identity, da X-Men 2 a Il processo di Norimberga passando per quel gioiello televisivo che è Deadwood: a Brian Cox non si scappa. E con un protagonista così - nei panni del capostipite dei Logan, famiglia al top di una delle più importanti aziende d'informazione del mondo - il resto del cast non poteva che essere selezionato per essere all'altezza. Dal primo all'ultimo componente della famiglia, per non parlare di chi le sta intorno.
Sarah Snook (Shiv), Kieran Culkin (Roman), Alan Ruck (Connor), Peter Friedman (Frank), Nicholas Braun (Greg), Matthew Macfadyen (Tom), J. Smith-Cameron (Gerri) e naturalmente lui, Jeremy Strong, nei panni di Kendall Roy, il secondogenito di Logan, che per me è uno dei migliori personaggi visti in TV negli ultimi anni. Sicuramente anche grazie al suo interprete. Avremo modo di parlarne più approfonditamente, ma il cast nel suo insieme va messo al primo posto: Succession è un grande racconto corale, il cui (perverso) sistema narrativo si regge sulla peculiarità di ciascun partecipante al gioco che Logan s'illude di dirigere.
Ci sono i premi Oscar: Holly Hunter (Lezioni di piano) e Fisher Stevens (The Cove), c'è uno strepitoso Eric Bogosian (Talk Radio, Billions), c'è l'incommensurabile James Cromwell (Il miglio verde, L.A. Confidential)... Ogni episodio ci regala al tempo stesso tante sorprese e moltissimi esempi su cosa significhi essere un attore.
Guardare per credere.
2. La sceneggiatura: politicamente scorretti
Uno dei grandi pregi di Succession - che, sia chiaro, non è una serie "facile" - è la scelta di mostrare cosa significa davvero il tanto chiacchierato politically correct.
Perché per i Logan, per tutta la famiglia Logan, risultare politicamente corretti agli occhi del mondo è l'unica cosa che conta. La reputazione è il fondamento stesso di un'azienda solida. Paradossalmente, per conquistare una parvenza (più in là non vanno, i Logan) di politically correct, la famiglia gioca sporco. Ma così sporco che non crederete ai vostri occhi.
Tutto ciò che di politicamente scorretto fanno, pensano, dicono o anche solo sognano, diventa per i Logan il mezzo per capire come devono comportarsi agli occhi dei media: in modo esattamente opposto rispetto a quanto verrebbe loro spontaneo fare.
Sembra facile, come modus operandi, ma è tutt'altro: una trappola costante. Perché - ed è questa la grande lezione di Succession - se tutti hanno un prezzo, non è detto che pagarlo significhi ottenere ciò che si voleva comprare...
3. Kendall Roy
Ve l'ho già anticipato, ma qui lo dirò in modo semplice e diretto: il vero cuore della storia è lui, Kendall. Logan muove i fili, tutti gli altri lottano per conquistarsi uno spazio, ma il vero cuore della serie è rappresentata dal personaggio più interessante in un panorama di personaggi interessanti.
Quando lo conosciamo, Ken è il prototipo del viziato abituato da sempre ad avere tutto. Gioca a fare il padre, seguendo orme che - scoprirà davanti ai nostri occhi - non gli appartengono. Lo vediamo evolversi, cambiare, trasformarsi e poi cambiare di nuovo. Accade sotto ai nostri occhi, mentre la sua incapacità di gestire un cognome così impegnativo lo trasforma prima in un uomo detestabile e poi, poco a poco, nell'unico rarissimo esemplare di una specie che in Succession sembra essere assente: l'essere umano.
Non vado oltre per non rovinarvi la sorpresa, sappiate solo che il percorso di Ken è paragonabile a quello di qualsiasi altro personaggio che vi abbia stupito. E poi di nuovo stupito. E poi, alla fine, stupito ancora una volta...
4. L'attualità
Il mondo dell'informazione diventa sempre più complesso, competitivo e spietato. Benché i network televisivi siano solamente una parte dell'impero finanziario costruito da Logan Roy, Succession sceglie di concentrarsi costantemente su questo aspetto: quando si tratta della vita privata, degli scandali lavorativi o delle semplici vicende personali dei dipendenti, i media restano sempre il punto di vista scelto per raccontare ogni storia.
In un certo senso, noi spettatori veniamo messi di fronte a uno spettacolo televisivo incentrato su chi, nella realtà della narrazione, lavora perché uno spettacolo televisivo sia sempre disponibile.
Il mondo contemporaneo - fra social network, attenzione dei media, scandali e fake news - è il vero protagonista del racconto. I Logan sono al tempo stesso burattinai e burattini di un ambiente tanto affascinante quanto spietato.
I mass media di Succession sono come quelli della realtà: tentacolari. Arrivano ovunque. A dispetto di tutto e di tutti. Perché, alla fine, non importa quanti soldi tu abbia: l'unica cosa che puoi comprare solo fino a un certo punto è la tua reputazione. Oltre quel punto di non ritorno, diventi un soggetto pubblico. Ed è la gente - opportunamente indirizzata - a decidere che ne sarà di te.
Vi sembra abbastanza attuale?
5. Il cinismo
Si dice che non sia oro tutto quello che luccica, e Succession ce lo dimostra con una scelta precisa: sottolineare senza mezzi termini quanto, per i cosiddetti privilegiati, crescere con troppi privilegi sia di fatto deleterio, se non addirittura distruttivo.
Le serie ambientate nel mondo dei super-ricchi ci piacciono soprattutto perché ci mostrano cosa significhi vivere con un jet privato a disposizione, case e barche sparse fra le località più belle del mondo e persone sempre disposte a fare di tutto in cambio di un cenno.
Ma in Succession c'è anche l'altro lato della medaglia, quello vero: per la prima volta, possiamo credere che i soldi non facciano la felicità, e lo crediamo senza bisogno di chissà quali tragedie o drammi personali. Semplicemente, Succession unisce - e il titolo non è causale - l'essere infinitamente ricchi con l'essere popolari, proprio malgrado.
Tutti i membri della famiglia Logan sono costantemente sotto lo sguardo dei media di tutto il mondo. Non l'hanno scelto: lo vivono, da sempre. E gestire la fama non è un'abilità di cui tutti sono dotati.
Succession ce lo racconta con una sorta di disincantato cinismo, senza mai - e credo che sia un caso più unico che raro - lasciarci intendere che sia la vita agiata il problema. No. Il problema è l'ambiente fatto di persone che vogliono sfruttarti, tradirti e comprometterti. L'amore che non sai mai se è vero o frutto di un piano più ampio. La tenerezza famigliare che un uomo come Logan Roy non può mai permettersi di mostare, perché per far parte del suo mondo
Devi essere un killer.
Messa così, forse per la prima volta, la vita con autisti, abiti da sogno e dimore da favola inizia davvero a farci riflettere: se toccasse a noi, convivere con persone come i Logan cercando di farci rispettare, cosa saremmo disposti a fare?
Scopritelo con le prime due stagioni di Succession, disponibili su Sky on Demand e, con la prima stagione, anche in home video.
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