The Farewell, una bugia buona: essere o non essere cinesi, questo è il problema

Autore: Elisa Giudici ,

Tra i tanti dibattiti che hanno circondato The Farewell - una bugia buona, uno dei film statunitensi a basso budget più apprezzati del 2019 appena trascorso, uno in particolare mi ha colpito. Alcuni spettatori e critici si sono indignati perché il film di Lulu Wang prodotto da A24 non può partecipare agli Oscar nella categoria Miglior film internazionale (nuova denominazione di Miglior film in lingua straniera). The Farewell è parlato in larga parte in inglese e il regolamento dell'Academy in questo senso è molto severo: i film anglofoni sono banditi da questa categoria. L'ho trovata una reazione curiosa: fosse anche parlato dall'inizio alla fine in mandarino, The Farewell rimarrebbe un film marcatamente statunitense

Così come gli Stati Uniti cambiano, reagendo talvolta anche ferocemente al mescolarsi di etnie e culture nella loro società da sempre multietnica, è fisiologico che anche il cinema che li rappresenta e che li racconta faccia lo stesso. The Farewell è lontano anni luce dal cinema pensato, realizzato e girato in Cina, per toni, tematiche e contenuti. Non potrebbe essere altrimenti: al centro della storia c'è una fotografia di tre generazioni cinesi a confronto.

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Il cast di The Farewell in una scena del film
The Farewell mette a confronto tre generazioni cinesi, tra passato e futuro

C'è chi è rimasto in una Cina che cambia così rapidamente da diventare irriconoscibile anno dopo anno, mentre i suoi figli sono emigrati negli Stati Uniti portandosi dietro la mentalità della terra natale. La generazione successiva è stato contaminata dalla cultura straniera in cui è cresciuta, finendo per sentire come estranea e incomprensibile quella d'origine. Non a caso il punto di vista di The Farewell è quello quello di una giovane ragazza che rientra in questa categoria e che incarna problemi e aspirazioni dei giovani statunitensi di oggi. 

Poveri ma sexy

A interpretarla è Awkwafina, musicista e attrice in ascesa a Hollywood, che è facile prevedere che vedremo sempre più spesso al cinema. È stata lodatissima (e candidata a un Golden Globe Award) per la sua interpretazione di Billi, una giovane newyorkese che si definisce "povera ma sexy" e della sua vita non sa bene cosa fare. La carriera artistica è a un punto morto, l'indipendenza economica dai genitori mai veramente realizzata: le rimane l'ironia pacata con cui racconta la sua condizione di precarietà esistenziale e il rapporto telefonico con l'amata nonnina, che vive in Cina. Tutto va in cortocircuito quando Billi scopre che l'anziana è malata: ha un cancro in fase avanzata e le resta poco da vivere. Pochissimo. Tanto che i parenti hanno deciso di inscenare un matrimonio di un giovane cugino per avere il pretesto di riunirsi e andare a salutarla. 

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L'esperiente comico del film sembra assurdo, ma The Farewell ci spiega quanto lo sia solo agli occhi occidentali. Nell'estremo Oriente in cui il valore principe non è l'individualismo ma l'armonia collettiva, è pratica diffusa che siano i familiari di una persona molto malata a farsi carico del peso emotivo di una diagnosi senza scampo. Il malato viene tenuto all'oscuro della sua situazione dai medici, nella convinzione radicata che a uccidere ancor prima della malattia sia l'angoscia della consapevolezza. Per lo spettatore statunitense a cui questo film è palesemente rivolto, per interposta persona di Billi, questa scelta è incomprensibile, lesiva della dignità dell'anziana.

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Billi e la nonna
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L'aspetto più riuscito di The Farewell è come a poco a poco ci aiuti a comprendere questo punto di vista, la sua logica e la sua saggezza. Lo facciamo insieme a Billi, che viene messa a parte all'ultimo del piano e con riluttanza dai genitori. Le viene rimproverato di manifestare le sue emozioni in maniera scomposta (ovvero occidentale) e perciò non viene invitata al matrimonio fittizio. Billi andrà comunque in Cina, dando il via a una commedia degli equivoci che più di ogni altra cosa racconta la sfaldatura culturale tra generazioni, ai limiti dell'incomunicabilità. 

Indipendente e compiaciuto di esserlo

Il lavoro alla sceneggiatura e alla regia di Lulu Wang su The Farewell - una bugia buona è stato molto lodato e con un certo merito. Al suo secondo lungometraggio, la regista trasforma il tono agrodolce della sua commedia in una regia che si prende i suoi tempi e rifiuta il rimbalzare di primi piani e di campi e controcampi per ritmare il film. Wang decide saggiamente di lasciare che il cast reagisca di fronte a una cinepresa che li osserva, immobile e silente, mentre tentano di non far capire alla nonna cosa stia succedendo. La comicità del film deriva da come il cugino impacciato e timido, l'emotiva Billi e il resto dei parenti tentino di non scoppiare a piangere quando l'anziana parla della prossima riunione di famiglia o di quello che intende fare nei mesi successivi. 

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Meno entusiasmanti invece sono le derive videoclippare di certe scene newyorkesi del film, quasi ad ammantare la storia di un'estetica indie che combaci con il tono dello stesso. Insomma, The Farewell è un film indipendente e molto compiaciuto di esserlo, fino ad avere qualche deriva fighetta. Di certo contiene molti spunti interessanti, ma c'è un bel divario tra la sorpresa entusiasta con cui è stato salutato e la sua qualità effettiva. Se l'apprezzamento per la recitazione della protagonista ha una dimensione anche soggettiva (l'ho di gran lunga preferita in Jumanji - The Next Level), ci sono altre scelte che vanificano il lavoro fatto, finendo per guidare lo spettatore, per dirgli cosa sia meglio, per dare ragione a uno dei due modi differenti di guardare alla vita e alla morte.

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Lulu Wang sul set di The Farewell
La regista Lulu Wang sul set di The Farewell

Se Lulu Wang si fosse fermata alla scena immediatamente precedente alla chiusura, The Farewell sarebbe risultato un film decisamente più impattante. Quella scelta vanifica buona parte del discorso fatto e certifica ancor di più la sensibilità statunitense in cui nasce e cresce questo film e il nuovo cinema americano che rappresenta, assai meno controcorrente di quanto raccontato. 

The Farewell, una bugia buona è nei cinema italiani dal 24 dicembre 2019.

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Commento

cpop.it

70

Lulu Wang mette tre generazioni cinesi a confronto con scelte registiche ed estetiche attualissime, ma le manca la forza necessaria per lasciare che lo spettatore decida da solo da che parte stare.

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