A quanto pare, Hollywood inizia a prenderci gusto con le trasposizioni di famosi manga e anime giapponesi. Dopo #Ghost in the Shell, uscito ormai anni fa, arriva un’altra opera considerata una pietra miliare nell’immaginario sci-fi anni ’90 nipponico: Alita – Angelo della Battaglia.
Il film è tratto dal manga di Yukito Kishiro, in originale chiamato Gunnm (contrazione di Gun’s Dream, nome legato alla vera identità del personaggio di Alita), poi cambiato in Battle Angel Alita per una questione di maggiore facilità di pronuncia e di appeal per il pubblico occidentale. Dal manga fu tratta una serie di OAV (Original Animation Video, serie animata mandata direttamente sul mercato home video senza passare dalla TV o dal cinema) di due episodi uscita nel 1993 che adattavano i primi due volumi del manga originale.
La produzione di Alita ha avuto una storia molto travagliata. James Cameron si innamorò del concept alla base del manga sin dagli inizi degli anni 2000, quando la serie gli fu segnalata da Guillermo del Toro, noto fan delle opere nipponiche. Dunque il famoso regista di Avatar, Titanic e di molti altri grandi successi della storia del cinema, desiderava da tempo trasporre la storia di Alita in una pellicola con attori in carne ed ossa, iniziando a parlare del progetto intorno al 2003. Negli anni Cameron ha dovuto rimandare più volte la realizzazione del film, dando spesso spazio ad altri progetti, fra cui #Avatar, ma non ha mai abbandonato l’idea di trasformare il manga di Kishiro in un film.
Finalmente, dopo tanti anni, il progetto si è concretizzato. La regia è passata però al talentuoso Robert Rodriguez, mentre James Cameron, tutt’ora impegnato con la realizzazione dei sequel di Avatar, si è accontentato del ruolo di produttore e padrino del progetto: Rodriguez si è infatti affidato alla sceneggiatura e agli appunti di Cameron, che ha poi approvato la versione riadattata da Rodriguez stesso.
Finalmente, nel 2019, dopo anni di incertezze, ecco la versione live-action di Alita: sarà stata all’altezza delle attese?
Fantascienza nipponica
La trama di Alita – Angelo della Battaglia si rifà a quanto visto nei due OAV e nell’inizio del manga. Le vicende sono ambientate nel 26esimo secolo, trecento anni dopo una tragica guerra chiamata “La Caduta”. Prima del conflitto esistevano infatti diverse città sospese nel cielo: dopo gli scontri sono precipitate tutte, portando sulla terra un’immensa devastazione. Solo la città chiamata Salem resta sospesa sopra la terra.
Il costrutto ha resistito, nonostante alcuni danni subiti, e dopo la guerra la città si è trasformata in una sorta di oasi: qui le persone, una sorta di élite, vivono una vita agiata grazie alle risorse prodotte dagli abitanti, ben più poveri, della città “terrestre” collocata esattamente sotto Salem.
La cittadina inferiore è chiamata la Città di Ferro o la Città Discarica, poiché tutti i rifiuti metallici vengono gettati da Salem direttamente al suolo. Sarà proprio tra i rottami della grande discarica che il Dottor Ido troverà i resti di una cyborg apparentemente senza vita, con il corpo semidistrutto ma, per la sorpresa del dottore, con un cervello umano in stato di stasi ma ancora funzionante.
Ido porta dunque la cyborg a casa e riesce a rimetterla in sesto donandole un nuovo corpo, ma la ragazza cibernetica non ricorda nulla del proprio passato e neppure il suo nome, così il suo salvatore decide di ribattezzarla Alita, come la defunta figlia, finché non si sarà ricordata come si chiama realmente.
Ben presto si scoprirà però che Alita non è una semplice ragazza intrappolata in un corpo meccanico: durante una situazione di pericolo la giovane rivela una potenza spaventosa, grazie alla conoscenza delle movenze di un’antica arte marziale, chiamata Panzer Kunst, risalente al periodo della guerra della Caduta e che ormai si credeva perduta.
I misteri sul passato di Alita pian piano inizieranno a sciogliersi, così come si sveleranno alcuni segreti che lo stesso dottore non ha voluto rivelare circa la sua vita passata.
Dal manga a Hollywood
La paura principale di tutti i fan delle opere provenienti dal Giappone è che la resa hollywoodiana possa snaturare la fonte per adattarla ai gusti occidentali. Fortunatamente oggi si è iniziata a vedere un’inversione di tendenza che pian piano i registi e gli sceneggiatori stanno attuando nel rispetto del materiale di partenza.
Alita è forse, a oggi, la trasposizione più fedele e meglio riuscita di un anime giapponese. Il rispetto per l’opera originale è evidente per chi conosce l'anime e il manga, con la riproposizione delle scene fondamentali della storia senza grossi stravolgimenti. Inoltre sono stati inseriti anche elementi visti nei volumi del manga successivi ai primi due, quelli cioè su cui si basa il film, come il Motorball, il violento sport futuristico a metà fra una corsa su rollerblade all’inseguimento di una palla metallica e combattimenti senza esclusione di colpi.
Lo spirito dell’ambientazione creata da Kishiro è ben palpabile nella pellicola, con le strade piene di reietti e tagliagole meccanici pronti a uccidere per due spiccioli o addirittura per rubare degli arti robotici e rivenderli come pezzi di ricambio.
Forse ciò che manca alla pellicola è una maggiore introspezione psicologica dei personaggi e soprattutto il focus su alcuni argomenti cari al genere fantascientifico, come la questione di cosa voglia dire veramente essere umani, sacrificata da una predilezione per le scene d’azione da parte di Rodriguez (e di Cameron). Certo, l’aspetto filosofico dell’opera originale scarseggia ma bisogna ammettere che le problematiche etiche presentate nel manga e nell’anime oltre vent’anni fa sono state ormai sviscerate da diverse altre opere di genere. All’epoca Alita poteva infatti essere un’opera pionieristica ma oggi, a meno di conoscerne la valenza storica originale, forse sarebbe solo una fra le tante.
La colpa dunque non è certo del film, che è comunque rimasto fedele al materiale d’origine semplicemente prediligendone forse l’aspetto più action. C’è anche da aggiungere che questo primo lungometraggio dedicato al personaggio di Alita è una sorta di storia delle origini e, data la volontà della produzione di continuare la saga, non è detto che certi temi non possano venire introdotti in un eventuale sequel.
Parlando delle scene d’azione, queste sono altamente spettacolari e dinamiche, con coreografie di battaglia ben riuscite e in grado di catturare pienamente l’attenzione del pubblico, specie nella rappresentazione dello scenografico quanto violento sport del Motorball. Le movenze di Alita sono molto fedeli alle controparti animata e cartacea, rendendo al meglio la fittizia arte marziale del Panzer Kunst. Il tutto è reso ottimamente anche grazie alla CG e agli effetti speciali, come sempre di prim’ordine quando si tratta di Cameron.
I personaggi principali sono ben dipinti su schermo, con un’Alita interpretata da una bravissima Rosa Salazar, capace di rendere bene le due facce del personaggio: curiosa e di buon cuore da una parte e combattente letale dall’altra. Anche Christoph Waltz, nei panni del dottore, interpreta ottimamente il ruolo di mentore della giovane cyborg, anch’esso con le sue diverse sfaccettature. Un po’ più anonimi i personaggi secondari, nonostante l’impatto scenico dovuto agli innesti cibernetici di alcuni di essi.
Non mi è piaciuta invece la storia d’amore fra Alita e il giovane Yugo, interpretato da Keean Johnson, un po’ troppo dai toni in stile commedia d’amore adolescenziale che decisamente stona con il resto del film e non genera molta empatia negli spettatori.
In conclusione, ritengo che attualmente Alita – Angelo della Battaglia sia la trasposizione di un anime e manga probabilmente meglio riuscita ad Hollywood. Di difetti ancora ce ne sono, ma la cura con cui è stata trasposta l’opera originale è davvero encomiabile.
Chi però lo guarderà senza avere presente il materiale da cui è tratto vi troverà semplicemente un buon film action a tema fantascientifico, ottimo nella resa ma che non presenta nulla di realmente innovativo.
Commento
Voto di Cpop
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