Cocaine - La vera storia di White Boy Rick, la recensione del film con Matthew McConaughey

Cocaine - La vera storia di White Boy Rick racconta la vera storia di Richard Wershe Jr., il più giovane informatore dell'FBI condannato all'ergastolo nel 1987.

Autore: Emanuele Zambon ,

C'è un cinema a stelle e strisce che sembra appartenere allo stesso universo. Racconta di reietti della working class e di famiglie proletarie che faticano a stare a galla. Ma soprattutto, parla di criminalità in una maniera lontana dagli stereotipi del film di gangster, più vicina ad una parabola su smarrimento e perdizione.

Cocaine - La vera storia di White Boy Rick è l'ultima istantanea di questo cinema "maledetto" che abbraccia i generi più disparati: è un biopic da cronaca nera come Tonya e un dramma sul traffico di armi al pari di Lord of War, ma è pure un film di malavita come I padroni della notte - 4 film ambientati negli anni '80, quelli del tramonto definitivo del mito americano - in cui individuare avvisaglie di un finale per nulla lieto è un esercizio fin troppo agevole (come accadeva in Come un tuono).

La pellicola del francese Yann Demange, però, è soprattutto un ritratto impietoso di una famiglia e di una città in rovina (la spettrale Detroit) che sembra voler sfruttare stereotipi e scenografie alla Quei bravi ragazzi per raccontare invece altro.

White Boy Rick: la vera storia di Richard Wershe Jr.

Cocaine - La vera storia di White Boy Rick è incentrato sulla vita di Richard Wershe Jr., uno che a 14 anni sapeva già riconoscere AK di fabbricazione russa e revolver Smith & Wesson. Wershe finì per diventare - e lo è tutt'oggi - il più giovane informatore dell'FBI di sempre. Scaricato dai federali, a 16 anni divenne un abile narcotrafficante. Arrestato nel 1987 per possesso di droga, venne in seguito condannato all'ergastolo (come imponeva all'epoca il pugno duro di Reagan alla detenzione e spaccio di stupefacenti), pena poi commutata in 30 anni di prigione. L'uomo è stato rilasciato nel 2017 ma sta attualmente scontando un'altra condanna per furto d'auto.

Il lungometraggio di Demange - il secondo dopo l'adrenalinico '71 ambientato in una Belfast martoriata dalle rappresaglie dell'IRA - racconta l'ascesa e la prevedibile caduta di un teenager anni '80, invischiato nella losca e poco redditizia attività paterna (un Matthew McConaughey col look alla Dallas Buyers Club dalle frequenti impennate overacting). Il Rick dell'esordiente Richie Merritt vive ai margini all'ombra del padre, osservando ammirato i leader di una gang afroamericana che ostentano pellicce pacchiane e gioielli vistosi. Diventa ben presto uno di loro ma finirà per essere ricattato dai federali, pronti a incastrare suo padre, Richard Wershe Sr. (McConaughey).

Rick rimarrà così invischiato in un pericoloso doppio gioco, diviso tra lo spaccio e il ruolo da informatore. Il suo contributo servirà a sgominare il narcotraffico e a smantellare una fitta rete di agenti corrotti. In un arco temporale lungo 3 anni il protagonista, ancora minorenne, verrà ferito gravemente con un colpo di pistola all'addome, diverrà padre, si affermerà come pusher e subirà una condanna all'ergastolo, giudicato colpevole dalla giuria dello stato del Michigan.

White Boy Rick, vite spezzate e fallimenti paterni

Warner Bros. Pictures
Matthew McConaughey e Bel pwley in una scena del film

Al di là della storia vera di partenza e di immancabili cliché del genere gangsteristico (la scena della bottigliata a Las Vegas è in puro stile Scorsese), Cocaine - La vera storia di White Boy Rick è un film sul rapporto padre-figlio, una riflessione amara sul fallimento genitoriale portata avanti senza troppo equilibrio di toni. Perché Demange è alla dimensione famigliare che guarda, tant'è che delle losche attività criminali non vi è quasi traccia e quando pure la macchina da presa indugia sulle dinamiche malavitose (vedi il regolamento di conti dalle vittime innocenti) non regge il confronto con titoli appartenenti allo stesso genere, sia per pathos che per costruzione.

Invece è nei momenti intimi che il film si accende, specie quando in scena c'è McConaughey: il suo sorriso tirato tenta invano di infondere ottimismo ad una famiglia sgangherata ma nel suo sguardo si scorge assai bene il fallimento di un uomo - alle prese con la tragedia di una figlia tossicodipendente - che rispecchia la miseria di una città (la Detroit della crisi) e che si trascina dietro le contraddizioni di un'intera nazione.

Sbilanciata nel privato, la pellicola fatica a decollare sul versante crime così noto alle cronache, risultando alla lunga piatta e priva di verve. White Boy Rick si muove goffamente tra il cinema di David O. Russell e la tradizione gangsteristica, sprecando ottimi interpreti (Jennifer Jason Leigh, Eddie Marsan e Rory Cochrane) e rimanendo aggrappato alla performance di McConaughey, i cui primi piani intensi bagnati da lacrime a amarezza rimangono di gran lunga i momenti migliori del film.

Commento

Voto di Cpop

55
Yann Demange si muove tra il dramma famigliare e la tradizione gangsteristica senza tuttavia appassionare alla vicenda. Matthew McConaughey, quando non recita sopra le righe, tiene in piedi il film.

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