Fai Bei Sogni, la recensione: Gramellini, Bellocchio e una mancanza

Autore: Elisa Giudici ,

Il nuovo film di Marco Bellocchio è innanzitutto un film di mancanze, sia nel suo contenuto che nel suo contenitore. Alcune sono volute, altre prodotte dal difficile connubio tra uno dei giornalisti più noti e discussi dell'intero mondo della carta stampata italiana e un regista che, pur sperimentando molto, raramente ha sbagliato del tutto. 

Presentato nell'ultima edizione di Cannes, ma in una sezione parallela e derivativa come la Quinzaine des Réalisateurs, Fai Bei Sogni sembrava già dalle sue bizzarre premesse configurarsi come un film minore nella produzione di questo regista italiano. In realtà i problemi del film non derivano, come pronosticabile, dall'attrito prodotto dall'avvicinarsi di 2 figure così diverse per produzione e messaggi quanto Gramellini e Bellocchio

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Fai Bei Sogni, la recensione
Una scena del film

Fai Bei Sogni ruota attorno a un tema molto caro a Bellocchio e a un topos narrativo che ricorre incessantemente nella produzione più alta del cinema italiano d'autore negli ultimi anni. La storia è quella della confessione autobiografica che ha portato Gramellini alla fama internazionale, il sincero racconto della dolorosa perdita della madre a soli 9 anni e delle ripercussioni profondissime che l'avvenimento ha avuto sulla sua vita, rendendolo in un certo senso per sempre e soprattutto un orfano. 

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Il tema della mancanza interessa molto anche il regista, che ci costruisce attorno tutto il film: la mancanza fisica della madre per il ragazzino che si ritrova a fare i conti con la sua senza, la mancanza di una compensazione affettiva nel rigido e poco simpatetico padre, la mancanza di un senso o di un perché per il Gramellini ormai adulto e avviato a una promettente carriera giornalistica (interpretato dal solito Valerio Mastandrea, nome rifugio per tutte le stagioni di un vivaio di talenti italiani che non sa mai rinnovarsi). 

Bellocchio però è esperto e ha la sensibilità da cineasta necessaria per non farsi intrappolare nel giochino dei bei sentimenti e della facile morale che rende la figura di Massimo Gramellini criticata e malvista da molti. Anzi, il film affronta una storia tanto strappalacrime e incline all'autocommiserazione scegliendo un tono distaccato, pacatissimo, quasi freddo.

Qua e là sembra proprio che Marco Bellocchio si faccia gentilmente beffe della sindrome del pulcino abbandonato del giornalista di cui racconta la storia, della sua incapacità di vedere ogni donna della sua vita adulta (tra cui va menzionata la bella ma poco sfruttata Bérénice Bejo) senza colorarla del filtro della madre e tornare al trauma quasi edipico dell'abbandono subito. Sa però quando è il momento di cogliere con vivo realismo il dramma di un bambino che, privato dell'amore della madre e tenuto a distanza dal padre, non riesce a scendere a patti con la mancanza di quell'affetto negatogli da piccolo, neppure quando gli viene apertamente offerto da adulto. 

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La recensione di Fai Bei Sogni
La locandina del film

L'unico limite di Fai Bei Sogni è di essere fin troppo calcolato e trattenuto, senza mai dare sfogo alla sua rabbia e al suo coefficiente emozionale, come faceva invece il suo illustre predecessore, Mia Madre di Nanni Moretti, altro celebre passaggio italiano in Croisette. L'ultimo film di Bellocchio evita tante trappole lungo il suo percorso, ma nel fare attenzione a dove mette i piedi non riesce a percorrere tutta la strada daventi a sé: poteva essere un mezzo disastro, invece è un film con qualche lampo incredibile, intervallato a lunghe scene dove ogni tanto si affaccia anche la noia. 

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Fai Bei Sogni sarà nei cinema italiani a partire dal 10 novembre 2016.

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