Il fantasy in casa Prime Video ha deciso di manifestarsi attingendo a due grandi capisaldi della letteratura di genere, Il Signore degli Anelli e La Ruota del Tempo. Del canone tolkeniano si è cibato Gli Anelli del Potere, serie che ha animato un acceso dibattito tra gli appassionati della Terra di Mezzo. Ma non meno vivace è stata la reazione dei fan dei Jordan, che hanno visto nella trasposizione seriale della saga una produzione non del tutto convincente.
La Ruota del Tempo, nella sua forma letteraria, si avvicina maggiormente a una fascia di spettatori più giovane, che possa empatizzare a livello epidermico con i protagonisti. Non è un caso che Rand, Matt e compagni vivano un’esperienza di profonda maturazione personale, all’interno della grande costruzione sociale della saga, in età adolescenziale, quasi che Jordan volesse raccontare con questa metafora fantastica il passaggio alla vita adulta.
La Ruota del Tempo, Prime Video torna alla Torre Bianca
Per quanto il fantasy televisivo negli ultimi anni si stia imponendo come un’ispirazione particolarmente florida, è innegabile che il taglio dato alle serie ispirate ai cult letterari del genere abbia mostrato di voler attirare principalmente un pubblico maturo, capace di comprendere le finezze politiche di Games of Throne o la cupa violenza di The Witcher.
Prime Video si è affidata, con un certo coraggio, a due nomi forti della letteratura di genere, scelta che sicuramente il servizio streaming si attendeva una certa reazione da parte del fandom. Esperienza vissuta in egual misura dal concorrente per eccellenza, Netflix, che con The Witcher si è trovato tra le mani un cult letterario che sembra non avere giovato del passaggio a un nuovo medium.
La Ruota del Tempo, per quanto apprezzato all’interno degli appassionati di letteratura fantasy, non si è mai imposto al grande pubblico con lo stesso richiamo de Il Signore degli Anelli o The Witcher, nomi spinti da una florida vita crossmediale. In questo contesto, era quindi possibile operare maggiori rivoluzioni all’interno del processo di trasposizione, tanto che, alla conclusione della prima stagione de La Ruota del Tempo, era difficile per i cultori della saga di Jordan non sentirsi profondamente delusi.
Comprensibile, ma come ci hanno insegnato operazioni simili, non si può pretendere una fedeltà assoluta all’originale cartaceo. Diversi media richiedono differenti approcci narrativi, nella speranza ovviamente che lo spirito originario dell’opera venga preservata anche in questa nuova declinazione. Considerata la complessità politica e sociale, oltre che sulla costruzione di eroi appassionanti, non era semplice cogliere l’essenza de La Ruota del Tempo per realizzare una serie che sapesse sia preservare il concept originario di Jordan e il target a cui si rivolge la produzione di Prime Video: un pubblico adolescenziale.
Adattare un’opera complessa come il corpus letterario di Jordan era pressoché impossibile, ma la scelta fatta da Rafe Judkins e dal suo team creativo (Carlton Cuse, Graham Roland, Nzarin Cohoudhury, Daira Platin) in merito alla gestione di momenti chiave della trama del primo volume della saga è sembrata sembra poco felice, almeno per chi ha una certa familiarità con la versione letteraria.
Momenti importanti come la fuga da Due Fiumi o lo sviluppo del rapporto tra Matt e il pugnale maledetto sono poco caratterizzati, penalizzati dall’inevitabile ristrettezza imposti dai solo otto episodi, tutt’altro che sufficienti per racchiudere la mole de L’Occhio del Mondo.
La sensazione complessiva al termine della prima stagione de La Ruota del Tempo, pur concedendo ogni alibi alla serie, era di trovarsi davanti a un racconto puerile e poco incisivo, privo di un’identità che sappia affascinare e convincere uno spettatore in cerca di un mondo fantasy strutturato e coerente. La volontà di avvicinare il pubblico adolescenziale, infatti, ha mostrato il fianco a una produzione che, sul piano narrativo, lascia che le dinamiche teen penalizzino la costruzione di un mondo fantasy appassionante.
Dopo la delusione della prima stagione, la speranza era che il successivo arco narrativo, in arrivo su Prime Video a settembre, potesse mostrare una maggior consapevolezza di come portare La Ruota del Tempo verso un tono narrativo più avvincente. Giunti alla conclusione della seconda stagione della serie fantasy di Prime Video, appare sempre più evidente come l'intensa opera di world building, soprattutto in termini di definizione visiva di questo ricco universo, non riesca a trovare una corrispondenza nella scansione emotiva dei personaggi.
Pur apprezzando come ci sia un evidente lavoro nel dare maggiore intensità a certe dinamiche interpersonali, soprattutto all'interno della Torre Bianca, non si può fare a meno di notare come manchi ancora una grammatica narrativa che sappia riproporre l'intensità con cui Jordan aveva dato vita al suo racconto fantastico. La presenza dei Reietti, servitori di Shaitan e dotati ognuno di poteri specifici, avrebbe potuto rivelarsi un ottimo strumento per dare vivacità alla storia, ma nel caso di Lanfear, la sua capacità di infestare i sogni altrui, è stata utilizzata con poca convinzione, rendendo quasi puerile la sua presenza
A inficiare in modo evidente il racconto è nuovamente l’assenza di un solido background per questo mondo, che viene popolato troppo rapidamente di nomi e situazioni, di paesi lontani e culture, rischiando di confondere lo spettatore, che dopo avere seguito speranzoso la prima stagione sperando in una maggior definizione nel secondo arco narrativo, si ritrova nuovamente catapultato in un turbinio di eventi che, nei momenti di calma, rivela una mancanza di coerenza.
Elementi centrali della saga letteraria, e fondamentali per l'evolversi di eventi imprescindibili anche all'interno di un adattamento, continuano a essere sfiorati marginalmente, come i Seanchan, oppure vengono tenuti in secondo piano, contribuendo a lasciare un senso di incompletezza nella costruzione complessiva della serie.
Una serie in cerca di un'anima
Una debolezza alimentata soprattutto da una gestione non sempre oculata del cambio di prospettiva, necessaria per seguire i diversi protagonisti, meccanica gestita malamente, mostrando di non aver imparato la lezione di Games of Throne. La necessità di dare ugual spazio ai diversi protagonisti mostrandone l’evoluzione è il motore di questa stagione, che almeno nelle prime mosse sembra non avere trovato un equilibrio tale da creare una sinergia narrative che faccia evaporare la sensazione di trovarsi davanti un forzoso collage di diverse vite che sembrano divergere anziché creare un legame.
La sensazione è di trovarsi davanti a un racconto miope, incapace di focalizzare l'attenzione sui giusti aspetti della storia, evidenziand la fragilità di una serie che non riesce a identificare una propria identità, nonostante i due anni passati dall'uscita del precedente arco narrativo. Maggiormente penalizzati sono i dialoghi, che oscillano tra una forzata ampollosità se si tratta di dare tono a personaggi di alto livello o di offrire scambi piatti e banali, che vengono ulteriormente sminuiti all’interno di una trama che manca di mostrare un ritmo incalzante e avvincente, soffocando il tutto in una storia prevedibile e priva di grandi sorprese.
L'anteprima dei primi quattro episodi della seconda stagione de La Ruota del Tempo ci aveva trasmesso questo rinnovato senso di inconsistente narrazione, un'impressione che trova conferma, sfortunatamente, anche nella conclusione di questo secondo arco narrativo della serie.
Commento
Voto di Cpop
65Pro
- Location maggiormente curate
- Colonna sonora gradevole
Contro
- Dialoghi banali
- Storia frammentata
- Interpretazioni raramente coinvolgenti
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