Matrix Resurrections, la recensione: perché il ritorno di Trinity e Neo divide la critica e il pubblico

Il quarto capitolo di Matrix divide la critica e il pubblico: c'è chi lo ama e chi lo odia ferocemente, senza vie di mezzo. Un risultato il linea con la capacità di Lana Wachowski di toccare nervi scoperti e analizzare il presente. La recensione.

Autore: Elisa Giudici ,

Uno splendido, confuso disastro: questo è Matrix Resurrections, il quarto film della saga di The Matrix che vede il ritorno di metà del duo Wachowski alla regia, 22 anni dopo il primo incredibile film che ha segnato un'epoca e l'immaginario collettivo come pochi altri. Le prime recensioni di stampa e pubblico internazionale delineano una reazione davvero polarizzante. C'è ci lo ama follemente, chi lo odia senza mezze misure, e quasi nessuno rimane indifferente di fronte a questo mastodontico, ambizioso film della durata di oltre due ore e venti. 

I motivi per cui questo Matrix è così divisivo sono molteplici e polarizzanti. Uno dei tanti, forse il più meritevole, è che Lana Wachowski non ha paura di tornare a incidere, riscrivere il codice sorgente del suo più grande successo, in chiave politica. Chi lamenta che questo Matrix sia troppo "progressista" dimentica forse che le questioni politiche e sociali sono sempre state al centro del confronto tra Neo e la realtà (della Matrice e del mondo post apocalittico). Se un tempo certe istanze irritavano meno era semplicemente perché la regista aveva ancora bisogno di nascondere parte del suo messaggio dietro simboli e immagini, mentre ora può parlare di ciò che le sta a cuore (la giustizia sociale, l'uguaglianza tra persone, il suo processo di transizione) in maniera più diretta.

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È emblematico quanti siano irritati dal fatto che il "loro Matrix" - dei cui simboli e immagini si sono appropriati nel corso del tempo tantissimi movimenti controversi come quello degli incel e quello dei NoVax - venga riscritto in una chiave politica a loro sgradita da chi quelle immagini le ha create in prima istanza. 

Matrix Resurrections: un gigantesco dito medio a Warner

Matrix Resurrections quindi è una resurrezione che non chiede permesso e riprende pieno possesso del proprio mondo. Dentro il mastodontico film convivono, a fatica, due pellicole distinte. Il motivo principale della bellezza caotica e incongruente di questo film è che in realtà nel suo grembo si agitano due film profondamente differenti e dagli scopi antitetici. Nessuno dei due riesce a prevalere e a uccidere davvero l'altro, per cui nascono insieme, con grande sofferenza, generando una creatura bizzarra, deforme, ma che talvolta colpisce davvero a segno. 

Il primo film che compone Resurrections è un gigantesco dito medio che Lana Wachowski fa a Warner Bros. L'intero film di fatto racconta una resurrezione forzata, che infrange ogni limite biologico ed etico, specchio delle circostanze in cui la regista è dovuta tornare in fretta e furia a scrivere e dirigere un nuovo Matrix per evitare che Warner Bros le togliesse dalle mani il franchise, affidandolo ad altri e allontanandola dal controllo creativo di una pellicola tanto personale. Nella prima parte della storia la nuova Matrice intrappola Neo in una realtà in cui gli avvenimenti dei primi tre Matrix sono diventati videogiochi di enorme successo che Anderson, geniale game designer "dagli istinti suicidi e dalla fantasia sfrenata" ha regalato al mondo. 

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Nel film Anderson è tormentato da istinti suicidi, da una solitudine profondissima e sopravvive a malapena a suon di farmaci e sedute psicoanalitiche. Eppure i capi non esitano a commissionargli un nuovo videogioco di Matrix, dicendogli chiaramente che o lo farà lui o verrà affidato a qualcun altro. Wachowski ha la sfrontatezza encomiabile di fare proprio il nome dei fratelli Warner, di mostrare le interminabili riunioni in cui i capi del marketing e gli analisti di mercato dissezionano il lavoro di una vita di Neo/Lana, banalizzandolo e mercificandolo in maniera dolorosissima da vedere. 

Raramente si è visto un film più "meta" di questo. Pur detestando cordialmente questo approccio contemporaneo alla rielaborazione di materiali precedenti, dopo un'ora d'introduzione a questo scenario sarei stata pronta a firmare perché Resurrection fosse tutto incentrato su questa rilettura, questa metafora della violenza che uno studio con atteggiamento da bullo infligge a una creativa. Questa parte del film - pur così irritante nel autocitarsi e ironizzare sul passato - contiene un'allegoria potente della creazione. Wachowski arriva a chiedersi attraverso Neo quale sia valenza dei ricordi e delle esperienze della propria vita che ha messo nei primi film, se siano meno reali e validi ora che sono stati filtrati dalla creazione artistica e condivisi da milioni di persone.

La nuova Matrice di Matrix Resurrections

Resurrections è così lungo perché di fatto sviluppa questa linea narrativa, salvo poi inserire tutta una seconda parte più tradizionale, in cui si torna a uscire dalla Matrice e a combatterla. Anche in questa parte di storia sono inserite idee affascinanti, legate principalmente a come funzioni la nuova versione di Matrix. Più traballanti sono invece le spiegazioni logiche dietro al ritorno di Neo e Trinity (ufficialmente morti alla fine del terzo film), quando non apertamente sottosviluppate. In questo Matrix c'è un'insistenza sul concetto che "scegliere la pillola rossa non è più una scelta", ma di fatto il film fa una forzatura in questo senso, fallendo nel spiegare perché Neo, Trinity e gli altri non possano scegliere l'oblio della pillola blu.

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Il motivo sottostante è evidente: anche attraverso la città degli umani e il suo sviluppo Lana Wachowski suggerisce come non sia più possibile ignorare la realtà delle cose e tirarsi da parte: chi non alza la voce è complice della Matrice. Questo messaggio però diventa una delle tante forzature che rendono la seconda parte di Matrix talvolta semplicistica nei suoi messaggi (vedi tutta la parte relativa a Trinity icona femminista) talvolta balbettante (il finale della pellicola). Alcuni passaggi sono quasi una rivalsa che poco fanno per il film e molto per minoranze marginalizzate che in Matrix si sono identificate. Un obiettivo nobile, ma Wachowski si dimentica un po' troppo spesso che il suo primo compito è quello di dirigere un film e non temere un comizio. 

In Matrix Resurrections insomma ci sono miriadi di spunti affascinanti, che sfidano lo spettatore a riflettere sul presente. Poche registe hanno la capacità di fotografare il contemporaneo e toccare nervi scoperti della nostra realtà come fa Wachowski, ma il suo prodotto (che va ricordato, nasce forzosamente) è uno splendido naufragio d'idee portentose mal sviluppate, vecchi personaggi usati come burattini per lanciare messaggi e nuove aggiunte di cast che lasciano completamente indifferenti. 

Commento

Voto di Cpop

55
Per essere una creatura nata forzosamente e sotto ricatto di Warner Bros, Resurrections contiene idee affascinanti: troppe, che lottando tra loro per spiegarsi fanno naufragare il quarto Matrix.

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