Con o senza James Cameron al timone (o dietro le quinte a coscrivere e produrre il film, come in questo caso), Hollywood è risoluta nel suo proposito di non lasciare andare Terminator e di continuare a portarlo sul grande schermo. Dopo il disastroso Terminator: Genisys sembrava d'obbligo calare il sipario e staccare la spina, invece no. Il paziente terminale rimane in vita ma, per nostra fortuna, arriva un'iniezione d'idee che vanno nella giusta direzione e di nuovi personaggi quantomeno non intollerabili.
Con il suo approccio vecchia maniera, Terminator: Destino oscuro si lascia vedere con agio e dimostra di aver capito cosa significhi portare un film d'azione al cinema nel 2019. Non si muove con raffinatezza, anzi: nel ricalibrare il lato femminile della saga aggiornandolo agli standard di questo decennio colpisce soprattutto per la sua grossolana irruenza.
Tuttavia si è portati a perdonargli tanto di fronte alla sua volontà - purtroppo ancora non così frequente, nemmeno nel 2019 - di mettere al centro tre donne combattive, di cui una è Linda Hamilton over 60 ma ancora tostissima, affiancata dalla sempre troppo sottoutilizzata Mackenzie Davis e da Natalia Reyes.
Apocalisse vecchia maniera
Pur conoscendo il suo mestiere, Tim Miller non è James Cameron. Il confronto tra i Terminator dei due registi sintetizza un po' tutto quello che c'è da dire su Destino oscuro, che di fatto ripercorre le tappe dei primi due storici film del franchise, senza però poter vantare la medesima freschezza, genialità ed energia. Gabriel Luna è chiamato ad essere il Terminator inarrestabile della situazione, che vuole uccidere una giovane messicana di nome Daniella (Natalia Reyes). Non ci vuole poi molto a intuire che l'umana potenziata Grace (Mackenzie Davis) è stata mandata dal futuro per proteggerla, in quanto la giovane donna sarà una figura chiave per la salvezza del genere umano.
Stavolta Skynet non c'entra. Cambia il nome, Legion, e cambiano le caratteristiche di un Terminator più tecnologico e inarrestabile, ma anche decisamente anonimo. Il Rev9 scatenato contro Daniella, Grace e una Sarah tornata a "terminare i terminatori" e salvare innocenti è troppo generico, un banale ingranaggio per mandare avanti la storia, lontanissimo dall'essere un personaggio di cui ci importi qualcosa.
Anche le protagoniste di Reyes e Davis sono sin troppo stereotipate per poter spostare l'attenzione da Linda Hamilton e Arnold Schwarzenegger, vero centro emotivo di un film che si deve appoggiare all'eredità dei predecessori per ottenere l'investimento emotivo necessario a dialogare con lo spettatore.
Terminator: Destino oscuro qualche carta da giocare ce l'ha, vedi per esempio lo spezzone che trasforma le tre protagoniste in fuggitive messicane che devono passare il famigerato muro al confine con il Texas. L'argomento è così polarizzante che basta introdurlo per dare una nota politica al film, che però fatica e molto in altri comparti. Per esempio gli effetti speciali sono davvero poco incisivi e credibili, trascinati fuori dallo scorso ventennio per scarso realismo e fluidità.
Un malato terminale
In realtà è tutto il film a sembrare figlio degli anni '90: Destino oscuro è concreto, tattile, materico e diretto come un action senza infamia e senza lode di quegli anni, con un paio di messaggi da dare esposti in maniera piuttosto semplice e diretta. Un film di seconda fascia si sarebbe detto allora, ma nel frattempo il cinema action commerciale si è fatto così impalpabile e meme di sé stesso che basta la buona volontà dimostrata da Destino oscuro a farlo apparire solido, rassicurante e tutto sommato soddisfacente.
Certo siamo ben lontani dal dire qualcosa di nuovo sull'argomento e la necessità di mantenere in vita Terminator nel 2019 è ancora tutta da dimostrare. Pensando però alla deriva catastrofica di Genisys, non posso fare a meno di considerare Destino oscuro un passo avanti.
Terminator: Destino oscuro arriverà nelle sale italiane il 31 ottobre 2019.
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