Anche volendo ignorare tutto il contesto che gira attorno a Un giorno di pioggia a New York - un film che uscirà in sala in molte nazioni europee ma che negli Stati Uniti non avrà distribuzione, che è al centro di una causa tra Amazon e Allen e rimane quasi sotto silenzio stampa in patria - è difficile farlo, per volere dello stesso regista. Come film sentimentale omaggio d'amore alla metropoli newyorkese, il 49esimo lungometraggio di Woody Allen è godibile il giusto. Rimane opaco se confrontato alle grandi prove del passato, girate da Allen nello stesso contesto sociale (abbienti, cinici e nevrotici artisti newyorkesi) e topografico (i bar, gli hotel, le grandi case e gli alberghi vista Central Park, con tanto di giro di carrozza).
Ad attirare l'attenzione, soprattutto in negativo, è uno certo stridore che produce la presenza di Woody Allen nel film. Non è una presenza fisica, perché stavolta si limita a dirigere un'infornata di giovanissime star (Timothée Chalamet, Elle Fanning e Selena Gomez) pagate dagli assegni di Amazon Studios. Tuttavia Allen è sempre lì, tangibile più dell'anima della stessa New York e molto più verbale nei suoi sfoghi di quanto avvenuto in passato. Stavolta non è particolarmente interessato a psicanalizzare sé stesso e il suo amore intrinseco per la città, quanto a rendere fisico nel film tutto il suo sconcerto rispetto al movimento #MeToo.
A quasi 30 anni dalle prime accuse di molestie mossegli da familiari, intimi e collaboratori, Allen si è infine trasformato in una persona non grata a Hollywood, senza che questo lo abbia portato lontano dal set. Un giorno di pioggia a New York esce dopo due anni di stop imposto da Amazon stessa in via precauzione. Infatti sono piovute sul film più violentemente che mai le proteste verso un regista sempre più controverso per la sensibilità statunitense attuale, mentre l'ottantatrenne cineasta è ancora sul set, impegnato nel dirigere il suo cinquantesimo progetto. La notizia è che questo lavoro non brilla sotto alcuna luce, rivelandosi una pellicola per cui non vale poi tanto la pena di battagliare per portarla nelle sale.
Woody Allen ama sé stesso più di New York
Il peggior difetto di Un giorno di pioggia a New York è che a tratti è un film quasi malevolo, il cui vero interesse sembra rintuzzare i critici di Allen, con la blanda scusa di parlare di quanto sia meravigliosa New York. La Grande mela se ne sta lì, ritratta in un limbo dove la modernità sbarca solo a tratti e in maniera incoerente. Il 23enne Timothée Chalamet è lo stridente alter ego dell'ottuagenario Allen: cammina come lui, soffre di nevrosi artistiche e umane come lui, veste persino come lui, con effetti abbastanza paradossali. Di un giovane della New York bene del 2019, indeciso su cosa fare nella vita e in pessimi rapporti con la madre, non c'è nulla nel personaggio, occupato interamente da Allen stesso.
Persino l'utilizzo dei cellulari da parte sua e della fidanzata interpretata dall'altrettanto giovane e luminosa Elle Fanning è quasi fuori luogo, tanto il film sembra calato in un passato indefinito e indefinibile. I due passano buona parte del film a tentare di raggiungersi l'un l'altro, telefonandosi a tratti, disperandosi quando non possono farlo, quasi l'aggeggio che hanno in mano avesse le stesse possibilità tecnologiche di una cabina telefonica in miniatura. Buona parte delle difficoltà che incontrano nel sovrapporre le loro agende si potrebbe risolvere con un semplice WhatsApp o con l'utilizzo congiunto di Google Calendar.
Poco romantico, direte voi. Passiamo allora ai nomi, più parlanti e stridenti che mai, a partire da quello del protagonista. Gatsby Welles, una strombazzata in direzione di Francis Scott Fitzgerald senza andare tanto per il sottile. Il grande Gatsby di Allen è conteso e confuso tra l'amore per la bella Ashleigh, una ragazza ancora più ricca di lui, ingenua e "forestiera" nella grande metropoli, e Chan (Selena Gomez), decisamente benestante, ma all'opposto della rivale newyorkese nel cuore e nell'anima, fino al midollo. La bionda e la mora, l'ingenua turista e la navigata cittadina newyorkese.
Che Allen stia prendendo di mira i suoi accusatori lo si capisce quando entra in scena un regista geniale e tormentatissimo di nome Roland Pollard, giusto per tirare in ballo l'altro grande bersaglio di questa presunta caccia alle streghe: Roman Polanski. Quando Allen mette in bocca alla povera Elle Fanning una lunga spiegazione su come e perché le giovani donne come lei si sentano attratte da uomini molto più anziani come Pollard, portandola per ben tre volte a pochi respiri da un intercorso con un uomo che potrebbe essere suo padre (il regista già citato, il suo sceneggiatore di fiducia e un attore molto sexy) ci si sente un po' presi in giro.
Tutte le anime di New York
Stiamo però al gioco di Allen e tiriamo in ballo Roman Polanski e il suo ultimo film, uscito appena qualche settimana fa: L'ufficiale e la spia. Polanski non si è dimostrato certo meno veemente nel difendere le sue posizioni extra cinematografiche, ma il suo ultimo film nasce da un bisogno autentico di raccontare una storia per lui importante, accuratamente spogliata da qualsiasi pretesa e presenza personale. Tanto L'ufficiale e la spia è una ricostruzione storica puntuale e un film riuscito nel suo intento di raccontare una storia, tanto Un giorno di pioggia a New York è un vago esercizio di stile non esente da derive edonistiche, che col cinema bello hanno poco a che fare.
Se già quel che Woody Allen fa dire o fare ai suoi personaggi femminili è parecchio opinabile, alla fine è la qualità cinematografica del risultato a parlare per lui. Quel poco che si salva è merito dell'incredibile cast che può mettere insieme grazie ai suoi meriti passati e del lavoro al solito meraviglioso di Vittorio Storaro alla fotografia. Anche Allen sa e può fare di meglio, vedi per esempio alcuni motivi che porta in scena anche qui, grazie al suo talento inesauribile. La pioggia del titolo cade su due New York radicalmente differenti.
È una pioggerellina impalpabile e romantica nella New York di Gatsby e Chan, dove la città fa per loro da cornice benevola e romantica. Diventa un acquazzone castigatore per la povera Ashleigh, che si ritrova senza vestiti e senza borsa sotto una pioggia scrosciante, incapace di trattenere a sé il suo amato pur facendo cadere ai suoi piedi tutti i newyorkesi che incontra: Ashleigh non ha amore per la città, la trova poco pratica e per nulla affascinante e la metropoli finisce per respingerla molto prima di Gatsby. Peccato che questi dettagli non siano mai a fuoco, relegati sullo sfondo dallo sforzo di Allen - riuscitissimo ma fatale al film - di mettere al centro sé stesso.
Un giorno di pioggia a New York è quindi un film gradevole calato in un'epoca indefinita, in cui i tocchi più contemporanei sono le incursioni di Woody Allen volte a difendere sé stesso o deridere i suoi detrattori. In tutto questo il fare cinema non è più al centro e il risultato ne risente. Il film arriverà nelle sale il 28 novembre 2019.
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Voto di Cpop
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