Bitter Root: l'odio razziale genera mostri

Autore: Manuel Enrico ,

Se Goya aveva ragione e il sonno della ragione genera mostri, cosa può germogliare da disperazione e odio? Ben più che semplici mostri, ma un’intera genia di creature demoniache che non attendono altro che impossessarsi di anime disperate per utilizzarle come ricettacoli con cui conquistare il nostro mondo, seminando morte e distruzione. Un incipit tutt’altro che scontato e che, se bene calato all’interno della storia contemporanea, può rivelarsi un affilato strumento critico, come ha dimostrato Bitter Root, una delle migliori serie del catalogo di Image, firmata da David Walker, Sandford Green e Chuck Brown.

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Bitter Root

Serie che sembra passata quasi in sordina nel mondo del fumetto nostrano, nonostante Bitter Root si sia portata a casa, nell’arco di quattro anni, ben quattro Premi Eisner come miglior nuova serie a fumetti prima e in seguito come migliore serie a fumetti in corso. Una scarsa considerazione in terra nostrana che accoglie solitamente  fumetti che si fondano su una narrazione fortemente contestualizzata all’interno della società americana, toccando temi che, sotto la pelle del fumetto avventuroso, sono figli di un tessuto sociale specifico. Bitter Root sotto questo aspetto andrebbe affiancato a American Monster, Brigg’s Land e Undiscovered Country, titoli che proprio perché mirano a raccontare un’America oscura e ignota.

Bitter Root: Una famiglia contro i demoni dell'odio

Bitter Root non è solamente un fumetto horror, ma ha soprattutto una forte valenza identitaria, affondando le sue radici nella cultura afroamericana di inizio ‘900. Periodo complesso per la popolazione di colore, da pochi anni legalmente emancipata dalla schiavitù, almeno sulla carta, e in cerca di una propria collocazione all’interno di una nazione che non era pronta a cambiare radicalmente il proprio asset sociale.

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La famiglie Sangerye

1920. Ad Harlem, quartiere nero di New York, la famiglia Sangerye è un punto riferimento per la comunità locale quando si tratta di maledizioni, possessioni e tutto ciò che trascende l’ordinario. Guidati dall’anziana Ma Etta, i Sangerye affrontano la minaccia dei Jinoo, creature mostruose nate dalla possessione da parte di forze oscure di anime tormentate e affrante. Sebbene alcuni membri della famiglia considerino metodi definitivi come l’unico rimedio a questa piaga, sotto la guida severa di Ma Etta i Sangerye non uccidono, ma utilizzano un elisir creato tramite il sapiente utilizzo di particolari radici, con cui curano i posseduti cercando di ricondurli alla loro esistenza normale.

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In questa famiglia particolare, sono presenti tutte le tipiche dinamiche di un nucleo disfunzionale. Eredi designati che rifiutano un ruolo cucito per loro prima ancora che nascessero, membri eclettici considerati strambi e isolati per le loro particolarità sono all’ordine del giorno nella quotidianità di Sangerye, che vivono queste spigolose relazioni come una missione, al pari del loro ruolo di protettori della comunità locale.

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A cambiare radicalmente le sicurezze di questo clan di cacciatori di mostri arriva una nuova minaccia. Dopo anni di studi e piagato da una vita di ingiustizie, il dottor Sylvester decide di non accettare più passivamente la presenza di demoni e possessioni, ma di utilizzare le sue conoscenze per impiegare questi poteri come strumento per creare un mondo migliore. A costo di opporsi ai Sangerye, che considera come troppo pavidi per prendere decisioni complesse e moralmente fastidiose.

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Un radicale cambio nella vita dei Sangerye, che tramite questo nuovo avversario avranno modo di riaprire ferite del passato, venendo costretti a rivedere alcuni dei loro dogmi per comprendere un mondo, non solo umano ma anche sovrannaturale, in costante mutamento.

Demoni e realtà

La fine dello schiavismo era una legge, ma non una forza motrice positiva. Bitter Root in questo non nasconde come gli stati del sud fossero ancora profondamente legati al concetto di inferiorità della popolazione di colore, rendendolo il teatro delle manifestazioni più ferali dei Jinoo. Queste possessioni sono infatti legate alla condizione umorale del posseduto, deve essere presente un senso di odio feroce e di violenza inespressa. Facile comprendere come il giogo della schiavitù prima e una condizione sociale basata sulla violenta disparità siano un terreno fertile per simili possessioni.

In questo ambito, Walker trova una perfetta allegoria per dare vita a un racconto sociale che non perde di consistenza all’interno di una declinazione narrativa che accoglie lo steampunk e atmosfere orrorifiche che strizzano l’occhio alle maledizioni locali tanto care a scrittori del genere, King in primis. Ne risulta una cifra emotiva concreta e capace di offrire fondamenta solide a una trama che vuole utilizzare il paranormale, l’orrore puro come specchio di una condizione umana che, per quanto contestualizzata nel passato, non manca di echeggiare brutture contemporanee.

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Intenzione lodevole, al contempo punto di forza e debolezza maggiore di Bitter Root. L’approccio ritrattistico della società afroamericana del periodo si fonda non solamente su un sentito comune, da libro di storia, ma viene costruito tramite dialoghi dei personaggi particolarmente intensi, con specifici riferimenti che rischiano di rimanere ignoti al lettore casuale. Eventi come l’Estate Rossa o la mattanza di Tulsa sono poco noti fuori da confini americani, ma sono pilastri della dimensione emotiva dei Sangerye e di Sylvester, rappresentano la loro storia familiare. Walker spinge in modo accorato su questi punti, cerca di costruire tutto l’impianto narrativo di Bitter Root su questa sinergia tra mondo reale e mondo sovrannaturale, sceglie di dare ai mostri della sua storia una radice reale, concreta e, intelligentemente, quasi condivisibile.

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Bitter Root

Non è un caso che inizialmente i Sangerye si ritrovino a lottare con i Jinoo. Questi essere sono il frutto di una possessione di persone bianche, portatrici di un odio viscerale che divengono ricettacoli perfetti per questi demoni. Allegoria perfetta del razzismo, del suprematismo bianco che proprio negli anni in cui è ambientato Bitter Root sembrava abbattersi sulla popolazione afroamericana con particolare ferocia. È quasi naturale, secondo questo schema, che arrivi un’altra forma di possessione, gli Inzondo, che colpisce la popolazione nera, una nuova forma di manifestazione che si fonda su voglia di rivalsa e di sofferenza repressa troppo a lungo.

Due differenti possessioni che sono, tuttavia, parte integrante di un ritratto sociale fondamentale. Non è un caso che l’attenzione di Walker si focalizzi principalmente su Harlem, culla della cultura afro negli anni ’20 e ghetto divenuto rifugio per una popolazione in cerca di un porto sicuro. Come vediamo anche nelle splendide tavole di Bitter Root, Harlem diventa un nuovo inizio anche per gli Inzondo, che scoprono come la musica possa aiutarli, assieme al siero dei Sangerye, a tenere a bada la loro violenza repressa, vivendo esistenze se non serene, quantomeno sopportabili.

Eroi e diavoli

La scelta di dare a questo concetto di possessione un ruolo centrale in Bitter Root si concilia con il modo in cui i Sangerye interagiscono con questa minaccia. Se Ma Etta rappresenta la guida saggia che cerca di preservare le tradizioni per tenere assieme la famiglia, la nuova generazione, nipoti della donna, sono la nuova linfa che si scontra non solo con un mondo che pare non avere spazio con loro, ma anche con resistenze in seno alla famiglia. La condizione della donna viene nuovamente ritratta in un periodo fortemente transitorio, affidando alla giovane Belinda il ruolo di ribelle, incapace di accettare di non potere essere in prima linea nella lotta perché la famiglia ha sempre agito in un certo modo.

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La caratura emotiva di Bitter Root è legata principalmente all’ottimo lavoro svolto in fase di creazione dei personaggi. Non ci si è limitati a presentare un ritratto didascalico di una famiglia di colore dell’epoca, ma si sono subito intessuti meccanismi relazionali che valorizzano l’interiorità dei singoli character, offrendo quindi ai lettori una ricca gamma emozionale. Basterebbe citare il colossale Berg, combattente sopraffino ma anche un letterato, al punto che ricorda in diversi momenti l’Hank ‘Bestia’ McCoy degli X-Men, capace di menare colpi straordinari e stemperare il tutto con un dizionario da illuminato scrittore.

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Ogni personaggio, villain compresi, ha una specificità evidente, palpabile. Che non passa solamente da un ritratto fisico o da personalità cesellate, come il ritrarre Ma Etta come una strega voodoo ,  ma che si spinge sino a un’identità lessicale che, giocoforza, in lingua originale ha una valenza perduta nell’adattamento. Dettagli che contribuiscono a mostrare la maniacale attenzione nel creare personaggi realistici in un mondo tutt’alto che reale, o forse incredibilmente reale perché l’allegoria orchestrata da Walker mette a nudo maschere altrimenti invisibili.

Tutti questi elementi concorrono a rendere Bitter Root molto più di un fumetto action dalle venature horror. Dietro il lavoro di Walker c’è un vissuto culturale intenso, c’è la volontà di affrontare temi di grande importanza gestendoli tanto sul macro, evidenziandone l’impatto sociale, quanto sul micro, sondando nell’animo dei personaggi. Il tutto calandolo in una narrazione che trascende l’elemento storico e contestualizzandolo in una prospettiva specifica, assumendo in alcuni passaggi un intento quasi didattico, nel mostrare il Rinascimento di Harlem o la letteratura etnogotica.

Creare il mondo di Bitter Root

Considerato l’impianto narrativo di Bitter Root, è innegabile che la radice visiva di questa serie dovesse attingere ad altri lavori del genere horror.  Lasciandosi ispirare in modo evidente da stilemi steampunk e da maestri della commistione orrore-società, nel dare forma a questo mondo Sandford Green si è lasciato influenzare anche dalla blackploitation cinematografica per conferire ai suoi personaggi un look di spavalda sicurezza, unendolo ad arsenali dal look estroso e retrofuturista perfetto per gli anni in cui è ambientata la storia.

Il worldbuilding di Bitter Root è una perfetta crasi tra fantastico e realistico. Greene coglie il giusto equilibrio tra il tratto urbano finalizzato all’identità culturale dei Sangerye e i necessari dinamismi che caratterizzano i combattimenti, creando una grammatica visiva che ben si concilia anche alle vicende lontane dagli eventi principali, come le location a sud o la dimensione di Barzakh. Ne risulta un impianto visivo, dove splashpages e inquadrature dagli assi dinamici sono dominanti, consentendo una cinetica che si adatta alle diverse situazioni, passando dalla vivacità degli scontri ai più pacati momenti di dialogo necessario allo sviluppo interiore dei personaggi.

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Bitter Root

In tutto questo, non viene mai meno l’attenzione al dettaglio, a quei tratti specifici della cultura afroamericana del periodo che rendono Bitter Rott un fumetto di altro profilo. Pur se calati all’interno di un impianto grafico che non mira alla verosimiglianza, si riconoscono gestualità e tratti tipici della popolazione di colore, si preserva con naturalezza questa matrice culturale cercando di adattarla a un tratto fresco e talvolta cartoonesco, impreziosito dalla colorazione lisergica e di Greene e Renzi, che adattano la palette cromatica alle esigenze narrative.

Come leggere Bitter Root

Bitter Root è pubblicato in Italia da Leviathan Labs, che ha già portato nelle nostre fumetterie i primi due volumi della serie. Va riconosciuto all’editore l’aver mantenuto all’interno dei propri volumi il prezioso materiale di approfondimento originale, veri e propri saggi redatti da sociologi e studiosi che aiutano a contestualizzare riferimento storici e dettagli essenziali della cultura afroamericana del periodo.

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Bitter Root Omnibus 1

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Pur apprezzando l’impegno in fase di adattamento da parte di Leviatahn Labs, l’identità linguistica del materiale originale non era facilmente traducibile in italiano, motivo che spinge a consigliare l’edizione originale ai lettori più vicini alla cultura americana che preferiscono godere dell’identità linguistica dei personaggi.

Affari di Famiglia

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Negli anni '20 l'Harlem Renaissance è in pieno svolgimento e solo la famiglia Sangerye può salvare New York - e il mondo - dalle forze soprannaturali che minacciano di distruggere l'umanità. La famiglia di cacciatori di mostri, una volta molto numerosa, è stata lacerata da tragedie e da codici morali contrastanti. I Sangerye devono guarire le ferite del passato e andare oltre le loro differenze... o stare a guardare una forza maligna inimmaginabile che devasta la razza umana.

Rabbia e Redenzione

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Bitter root. Rabbia e redenzione

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La caccia ai mostri è stata l’attività della famiglia Sangerye per generazioni, che ha combattuto contro gli jinoo, orribili creature nate dall’odio e dal razzismo. Ma ora i Sangerye devono affrontare una minaccia ben peggiore: il mortale Inzondo, un nuovo tipo di mostro nato dal dolore e dal trauma. Con un membro della famiglia tramutato in Inzondo e un esercito di anime tormentate all’attacco nella Harlem degli anni Venti, la famiglia Sangerye dovrà combattere ancora una volta per salvare il mondo, a meno che il proprio dolore e la propria sofferenza non trasformino anche loro in mostri!

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