Il tempo, le pesche, la passione: un'analisi di Chiamami col tuo nome

L’afa, la scansione del tempo, il valore del dolore di Elio: Chiamami col tuo nome è un invito a farsi attraversare dalla vita.

Autore: Alice Grisa ,

La malinconia può essere appiccicosa come l’estate.

La (grande) bellezza capita, a ognuno di noi (o quasi) e qualcuno la scova a luglio, quando fa caldo e per la prima volta si trova a contatto stretto con la vita.

Questa è la storia di Elio, che a 17 anni, per la prima volta, ha l’opportunità, la grande e dorata chance, di vivere qualcosa di grande.

È Chiamami col tuo nome, film rivelazione del 2017 diretto da Luca Guadagnino, un'occasione per parlare d’amore nella chiave delle imperscrutabili leggi universali.

Timothée Chalamet e Armie Hammer interpretano Elio e Oliver, o Oliver ed Elio: è uguale, di fronte alla prorompenza dell’incontro, all'urgenza del momento.

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Analisi di Chiamami col tuo nome

La raffinatezza stilistica, apollinea, di Chiamami col tuo nome, incrocia in modo sublime il suo sostrato dionisiaco: Luca Guadagnino inanella inquadrature che sembrano tableaux, perfettamente rifinite, ordinate nel loro disordine, applicandole su una storia viscerale.

Queste due anime (Apollo e Dioniso) si trovano al punto giusto, al rendez-vous di Elio e Oliver ai Fontanili.

Questa storia comincia negli anni ’80, in estate, dove un ragazzo di una famiglia di ebrei italo-americani, quelli che oggi chiameremmo radical chic, tra una sessione di pianoforte e i compiti delle vacanze, per la prima volta trova qualcosa di nuovo.

Oliver, studente ospite nel casolare decadente nella campagna cremasca, lavora con il padre di Elio, un professore universitario.

Sony Pictures Classics
Una scena in bici in Chiamami col tuo nome
Dalla campagna e dalle biciclette passa l'attrazione tra i protagonisti

Lo scenografo Samuel Deshors e l’arredatrice Violante Visconti di Modrone creano un ambiente unico, uno spazio interattivo, con oggetti sparpagliati, strutture, colori, ornamenti che partecipano della storia d’amore tra i due protagonisti.

Sono tanti (forse troppi) i livelli attraverso cui si compie l’ascesa di Elio e Oliver all’estasi.

Una storia su più piani

C’è il racconto socio-culturale-popolare di un’Italia nei primi anni ’80, tra politica, cultura e irrefrenabili nostalgie vintage.

C’è il coming of age (sentimentale e sessuale) di Oliver, che compie il proprio viaggio restando fermo, impantanato nell’afa, immobile, in attesa che sia la parte mai svelata e recondita di sé a compiere il primo movimento.

C’è il trattato sentimentale, che lavora – sempre in modo delicato - per argomentazioni, non dà lezioni ma racconta l’approccio tra Elio e Oliver come un riempimento di spazi, un incontro tra scoperte e (ri)scoperte, una doppia trasformazione timida e appassionata.

C’è la riflessione sulla storia e sui rimpianti, espressa nel meraviglioso monologo finale del padre.

C’è la celebrazione dell’arte dell’immagine, dell’inquadratura perfetta, della sua mitologia.

Sony Pictures Classics
Una scena della casa di Chiamami col tuo nome
L'ambiente non è solo sfondo in Chiamami col tuo nome

E poi c'è la scansione temporale, la vera protagonista del film e l’elemento su cui si modella questa improvvisa storia d’amore.

Il tempo

Il tempo è il metro di misura di tutto, a partire dallo sviluppo della relazione stessa: c’è la prima fase, quella dell’immobilismo; la seconda, dei mini-approcci; la terza in cui si perde il controllo.

La prima parte vede Oliver-osservatore: studia, suona, si tuffa in quell’afa umida della val Padana, prende la bici, parcheggia la bici, convive con le zanzare e con quelle pulsioni di cui non conosce ancora né la grammatica né tantomeno la forza dirompente. La meccanica dell'incontro si consuma attraverso lo sguardo.

Nella zona intermedia Elio e Oliver si studiano, si avvicinano più volte per, altrettante volte, allontanarsi. Elio è analisi, Oliver sintesi. Elio è il battere, Oliver il levare. Studiano le geometrie di quello che potrebbe essere ma ogni comunicazione è affidata all’aria.

Nell’ultima fase Elio e Oliver (si) consumano. Consumano se stessi, letteralmente. Si divorano, si spolpano. Lasciano andare la passione, si fanno trascinare dalla fusione, al punto che uno chiama l’altro col proprio nome perché sono talmente vicini, talmente uniti da non distinguere più, nel momento del sesso o in quello del pensiero, l’uno dall’altro.

È l’afa l’altra dimensione, intrecciata sempre con il tempo. L’aria è così calda che sembra difficile muoversi. I ruscelli, le pozze d’acqua, i microlaghi sono oasi in un deserto di dubbi. Un caldo che rallenta i movimenti nella prima parte e funge da colla nella seconda, quando finalmente Elio e Oliver hanno deciso di abbandonarsi alle proprie sensazioni.

Sony Pictures Classics
Una scena di Chiamami col tuo nome
Gli sguardi costituiscono un segnale e un momento di preparazione

Più sottile ma fortissimo è il fil rouge culturale - la disseminazione nelle scene di spartiti, vocabolari, lemmi, volumi, statue, oggetti artistici - che costituisce un reagente e accenna il contesto, senza dilungarsi, facendo capire che è la letteratura, è la teologia, la musica, l’arte che salverà il mondo, grazie agli strumenti per capire quello che è troppo forte per sottostare alle convenzioni sociali.

Siamo nei primi anni ’80, l’epoca di Freddie Mercury, dei primi coming out, della diffusione dell’AIDS e dello sciame globale di pregiudizi. Prendersi una cotta per un ragazzo del proprio sesso non era così normalizzato, così sdoganato.

Eppure la problematizzazione che portano avanti, in parallelo, Elio e Oliver, non passa attraverso le parole. Guadagnino sfrutta il cinema per raccontare, padroneggia perfettamente l’arte, affida ai silenzi, ai pomeriggi in giardino, alla mancata concentrazione sulle sudate carte il seme del dubbio, dell’insicurezza, del disagio di questa nuova, strana condizione.

La pesca

Nell’incubazione di questa storia risiede la vera maestria del racconto e poi, quando Elio e Oliver arrivano effettivamente a congiungersi, si può lasciarsi andare, insieme a loro, all’appagamento. All’amore assoluto. 

La pesca è il simbolo di tutto questo; dalla sua forma semiotica, la stratificazione (la buccia, la parte tenera della polpa, il nocciolo, che rappresenta l’evolversi di questa storia) all’identificazione di un oggetto che costituisce il punto d’arrivo.

Qui Chiamami col tuo nome si ferma, lasciando i personaggi (e gli spettatori) a gustare l’estasi. Lo sguardo del regista, dopo le fasi di racconto più o meno coinvolto, più o meno distaccato, si fonde con quello di Elio e Oliver, proprio come Elio e Oliver che si fondono tra loro.

Rimane il finale, un finale che insegna la lezione della vita e allo stesso tempo dichiara una visione così assoluta da chiamare chiunque ad aderirvi, con o senza le proprie fragilità.

Dopo un ultimo weekend tra Bergamo Alta e le montagne, in cui Elio e Oliver, dopo la passione, provano a vivere una dolce, anche se brevissima, routine, arriva il momento dell’addio.

Oliver sale su un treno e, negli Stati Uniti, progetta un matrimonio con la sua fidanzata.

Elio resta e soffre ma, come gli spiega il padre, non può che considerarsi fortunato.

Il significato di Chiamami col suo nome

Come dice la canzone Shallow, non si può limitarsi a scivolare sulla superficie, senza andare a fondo.

La vita è troppo per essere vissuta così, in sordina. Farcisi attraversare è l’unica esistenza a cui si può aspirare.

La passione per Elio si consuma con la forza dei suoi 17 anni.

Probabilmente non sarebbe stato così se fosse avvenuto tutto più avanti, con la stratificazione di verità, consapevolezza, razionalità.

Ne è conscio il padre, che nel suo discorso finale esprime tutta la forza del significato del film, un monito delicato e appassionato a vivere le occasioni.

Adesso magari non vuoi provare niente, magari non vorrai mai provare niente e, sai, magari non è con me che vorrai parlare di queste cose. Però prova qualcosa, perché l’hai già provata. Senti, avete avuto una splendida amicizia, forse più di un’amicizia, e io ti invidio. Al mio posto, un padre spererebbe che tutto questo svanisse, pregherebbe che il figlio cadesse in piedi ma non sono quel tipo di padre.

Non è l’imitazione della vita, che bisogna cercare.

Sony Pictures Classics
Una scena di Chiamami col tuo nome
Passare dallo sguardo alla vita è una fortuna

Ma la vita stessa, con la gioia del dolore che porta con sé.

Strappiamo via così tanto di noi per guarire in fretta dalle ferite che finiamo in bancarotta già a trent’anni. E abbiamo meno da offrire ogni volta che troviamo una persona nuova, ma forzarsi a non provare niente per non provare qualcosa…che spreco. Ho parlato a sproposito? Allora, dico un’ultima cosa. Per chiarire meglio. Forse ci sono andato vicino, ma non ho mai avuto una cosa così. Qualcosa mi ha sempre frenato prima, si è messa di mezzo.

L’urgenza del tempo, dello spazio limitato su questo mondo, da cogliere al volo, ci dà una responsabilità enorme, nei confronti di noi stessi.

Come vivrai saranno affari tuoi, però ricordati: il cuore e il corpo ci vengono dati soltanto una volta e, in men che non si dica, il tuo cuore è consumato e, quanto al tuo corpo, a un certo punto nessuno più lo guarda e ancor meno ci si avvicina. Tu adesso senti tristezza, dolore. Non ucciderli, al pari della gioia che hai provato.

Uno dei messaggi più belli, da captare al volo.

Prima di andare a vivere, da qualche parte. 

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