Dave McKean: "i fumetti ci invitano a essere creativi" [Napoli COMICON 2025]

Abbiamo incontrato il leggendario Dave McKean a Napoli COMICON 2025 per parlare di Raptor - Una storia di Sokól e sull'uso dell'intelligenza artificiale nelle arti visive.

Autore: Domenico Bottalico ,

Dave McKean è un artista che sfugge alle etichette tradizionali mescolando media e linguaggi visivi diversi come illustrazione, fotografia, collage e arte digitale per creare opere sempre molto personali e spesso inquietanti. Famoso per le sue collaborazioni con Neil Gaiman, l'artista britannico presenta a Napoli COMICON 2025 il suo incredibile volume inedito: Raptor - Una storia di Sokól.

Abbiamo incontrato Dave McKean durante la prima giornata di Napoli COMICON 2025 proprio per parlare di Raptor - Una storia di Sokól, sulla sua ricerca come artista e ovviamente sull'uso dell'intelligenza artificiale nelle arti visive.

Dove trovare Dave McKean a Napoli COMICON 2025

Dave McKean sarà allo stand COMICON Edizioni per dedicare Raptor - Una storia di Sokól. Il volume sarà disponibile in versione regular e limited. Acquistando l'edizione regular si riceverà un segnalibro e una stampa omaggio a tiratura limitata, prodotta esclusivamente per questa occasione.

Chi sceglierà l’edizione Limited, disponibile solo in 200 copie, riceverà il volume con cover variant in un pregiato slipcase, una stampa numerata ed autografata da McKean, una tote-bag di Sokól e anche la stampa omaggio per chi acquista la versione regular.

Per accedere ai firmacopie di Dave McKean, basterà acquistare la versione regular o limited di Raptor - Una storia di Sokól per essere inseriti in lista. Le liste verranno aperte giorno per giorno, all’apertura della manifestazione e non sarà possibile prenotarsi per sessioni di giorni successivi.

Ecco gli orari per incontrare l'autore:

  • 2 MAGGIO 2025 - dalle 18:00 alle 19:00
  • 3 MAGGIO 2025 - dalle 11:00 alle 13:00
  • 4 MAGGIO 2025 - dalle 11:00 alle 13:00 // dalle 16:30 alle 18:00

Nota bene: Dave McKean cercherà di accontentare quante più persone possibile ma non sono ammessi fogli bianchi e sarà possibile farsi dedicare solo Raptor - Una storia di Sokól o un volume dell’autore già in possesso. 

Domenico Bottalico
Raptor – Una storia di Sokól è un'opera che intreccia realtà e immaginazione. Come è nata l'idea per questo racconto e cosa rappresenta per te questa storia?

Domenico Bottalico
Dave McKean
Prendo appunti continuamente nei miei taccuini quando mi vengono idee per delle storie. Di solito riguardano argomenti che mi affascinano davvero – non sono molto bravo a scrivere su commissione. Raptor è stato una collisione di quattro aree di interesse. Cammino ogni giorno nella campagna e scatto foto agli uccelli che vedo, quindi volevo realizzare un libro con un forte senso del mondo naturale.

Amo il lavoro di Robert Macfarlane e dei nuovi scrittori della natura, che stanno recuperando il linguaggio intricato che descrive gli ecosistemi complessi, così spesso liquidati dai politici come “sterpaglia” o “terre desolate” per giustificare l'urbanizzazione selvaggia. Attraverso il mio amico Iain Sinclair mi sono appassionato al lavoro e dalla vita dello scrittore horror gallese Arthur Machen, dal suo dolore dopo la morte della moglie per cancro e dal suo disperato desiderio di rivederla dall’altra parte del velo. Pensavo ci fosse una forte storia emotiva lì, e mi piaceva l’idea di un mondo dell’immaginazione, della fede o dei morti che corre parallelo al nostro, separato da un velo che può essere trafitto in un particolare stato mentale.

E infine, come molti di noi, mi sentivo impotente in un mondo politicamente turbolento, e volevo dire qualcosa su questo, in particolare sul mio sentimento che il denaro corrompe tutto, specialmente la politica. Tra molti altri appunti nei miei taccuini, questi erano gli elementi che si sono intrecciati nella storia di Raptor. Non appena ho trovato un inizio, un modo per concludere la storia e un momento nel corpo del racconto in cui le nostre supposizioni venissero scosse, allora ho sentito di avere un libro funzionante. 
Dave McKean
Domenico Bottalico
Il tuo stile fonde disegno, fotografia, collage e digitale. In Raptor, come hai lavorato sul piano visivo per raccontare le due linee narrative parallele?
Domenico Bottalico
Dave McKean
Volevo due stili che mi permettessero un tipo di narrazione che si concentrasse sulle espressioni e il linguaggio del corpo dei personaggi così come l’atmosfera degli ambienti. Ho finito per disegnare la storia ambientata nel mondo reale, quella dello scrittore, a matita grezza, senza preoccuparmi troppo se la grafite sbavava o raccoglieva macchie di piombo, tutto ciò sembrava aggiungere umanità alla storia. L’altro reame è più schematico e stilizzato, con sogni dentro il sogno resi con pittura e collage, era tutto più espressionista. Come per tutte queste storie, sto solo cercando di trovare il giusto tono di voce per esprimere queste idee, sensazioni, emozioni e atmosfere.
Dave McKean
   
Domenico Bottalico
Il titolo richiama un rapace, una figura spesso legata a simbolismi profondi. Cosa rappresenta Sokól nella narrazione?
Domenico Bottalico
Dave McKean
Ero interessato a sviluppare un personaggio con cui potessi lavorare e che rappresentasse l’equilibrio tra due stati dell’essere: realtà o finzione, umano o animale, civile o selvaggio, i due lati di un argomento. Pensavo che questo personaggio potesse affrontare molte idee, e mi sembra che rappresenti la natura essenziale di noi, intrappolati tra stati mentali contraddittori – l’individuo all’interno della società, l’egoismo e l’altruismo, la fede e la verità – quasi tutta l’attività umana è una battaglia tra forze apparentemente opposte dentro di noi.
Dave McKean
Domenico Bottalico
Nel tuo percorso artistico hai sempre sfidato i confini tra i media. Che ruolo ha il linguaggio del fumetto, per te, rispetto ad altri linguaggi visivi come cinema o illustrazione pura?
Domenico Bottalico
Dave McKean
I fumetti sono stati il mio primo amore, e penso che rappresentino un modo perfetto di raccontare una storia. Il cinema è straordinario, ma ti dà tutto: tutti i sensi vengono colpiti da uno tsunami di sensazioni. I fumetti non ti danno tutto, non c’è suono; l’artista deve evocare il suono attraverso il disegno atmosferico. Non c’è movimento reale, deve essere suggerito attraverso un disegno cinetico. Non ci sono voci, dobbiamo leggere il linguaggio del corpo e i dialoghi ben scritti per intuire la natura dei personaggi. 

Questo significa che siamo invitati a essere creativi mentre ci spostiamo da una vignetta all’altra e da una pagina all’altra. Siamo noi a controllare la velocità dell’esperienza, e il modo in cui ci muoviamo tra le pagine, saltando avanti o tornando indietro se lo desideriamo. I fumetti possono essere semplici come un’iconografia fatta di omini stilizzati, o complessi come un dipinto a olio, realistici, espressionisti o astratti. La natura fotografica del cinema implica realismo, i fumetti non portano con sé alcun preconcetto. È incredibile per me che una tavolozza di possibilità così ricca sia stata usata in modo così conservativo per così tanto tempo.
Dave McKean
Domenico Bottalico
Hai collaborato a lungo con Neil Gaiman: quanto ha influenzato questa relazione il tuo modo di raccontare per immagini?
Domenico Bottalico
Dave McKean
Non lavoro direttamente con Neil da ormai 20 anni, e prima di realizzare insieme Violent Cases, avevo scritto solo le mie storie ai tempi della scuola d’arte, quindi avevo già un atteggiamento piuttosto deciso nei confronti della narrazione prima che iniziassimo a collaborare. Non credo ci sia stata alcuna influenza narrativa da parte di Neil, quegli anni sono stati molto più un periodo in cui acquisire fiducia e costruire una solida base di lavoro mentre ne avevamo l’opportunità.
Dave McKean
Domenico Bottalico
Molte tue opere sembrano muoversi in un’atmosfera onirica e surreale. Da dove nasce questa estetica e come riesci a mantenerla coerente attraverso tecniche così diverse?
Domenico Bottalico
Dave McKean
Mi piacciono le immagini che siano immaginative e che offrano uno sguardo sulla nostra vita interiore, ma sono davvero interessato solo alle storie che parlano del mondo reale e di come lo affrontiamo. Non ho davvero uno stile unico, cerco di trovare il tipo di immagine più adatto a esprimere la natura essenziale di ogni lavoro, che si tratti di un’immagine singola o di un intero libro. Questo significa che ho a disposizione una cassetta degli attrezzi piuttosto ampia. Penso che, se si finisce per avere uno stile molto specifico, questo debba per forza essere compromesso quando gli si chiede di esprimere stati emotivi radicalmente diversi all’interno di una singola storia. Qualsiasi coerenza deriva dal cercare di rendere giustizia al testo. Il testo è il re.
Dave McKean
Domenico Bottalico
In Raptor, ci sono riflessioni anche sul potere della narrazione. Secondo te, oggi, che ruolo hanno le storie nella nostra società?

Domenico Bottalico
Dave McKean
Tutto è una storia, nel senso che niente accade nel vuoto, tutto fa parte di un arco narrativo. E tutto viene interpretato da noi individualmente. Portiamo nella mente una versione del mondo che assomiglia molto a quella di tutti gli altri, ma è distorta dai nostri geni, dalle nostre esperienze, dai nostri pregiudizi e dalle nostre aspettative. Penso che prendiamo decisioni nella nostra vita principalmente basandoci sulle storie, votiamo per le storie, non per le persone o i partiti. Non credo che le nostre storie siano specchi passivi che riflettono il mondo, penso che le storie, nell’atto di interpretare la realtà, contribuiscano anche a formarla. Quindi la responsabilità che deriva dall’essere un narratore professionista è grande.
Dave McKean
Domenico Bottalico
L’intelligenza artificiale sta entrando sempre più anche nei processi creativi. Qual è la tua opinione sull’uso dell’IA nel fumetto e nell’illustrazione? Opportunità, minaccia, strumento?
Domenico Bottalico
Dave McKean
Dopo aver inizialmente preso coscienza del machine learning, e dell’apparizione delle prime immagini online, ho realizzato un libro intitolato Prompt: Conversations with AI. Volevo capire il processo, come funzionava, quali fossero i suoi punti di forza e le sue debolezze, e come – o se – io potessi trovare un posto in un mondo così radicalmente cambiato da questa nuova tecnologia. 

Prima di tutto, è uno strumento, ma non solo uno strumento, non più di quanto internet sia solo una rete o i social media siano solo una bacheca. Si tratta di forze culturali profondamente potenti che cambiano il nostro modo di pensare, lavorare, relazionarci e vivere. L’intelligenza artificiale si basa sul lavoro di esseri umani reali per poter generare qualsiasi cosa, senza permesso né compenso, quindi usare strumenti di IA è essenzialmente non etico. Possiamo decidere se lavorare in modo etico o meno. La capacità di generare immagini fotograficamente realistiche non farà che indebolire ulteriormente il nostro già fragile legame con ciò che è vero; è una tecnologia creata per promuovere rumore, non segnale. L’arte e la creatività non riguardano il risultato finale. La maggior parte delle persone è consapevole solo di questo risultato finale, guardando un poster finito, una copertina o un film. Ma è il processo di tentare di creare qualcosa, esplorare percorsi, mettersi alla prova, che rappresenta la vera creatività. Il risultato finale è un sottoprodotto di tutto ciò. 

L’IA non ha alcun processo. La creatività consiste nell’uscire nel mondo reale, capire qualcosa di esso, di come pensano e vivono le persone, di come funziona il mondo, ed esprimerlo in un atto creativo – scrivere, suonare, disegnare. Sostituire questo processo con la digitazione di poche parole su un computer e lasciare che un programma sforni una lista infinita di risultati finali privi di significato è un pessimo affare, e uno che porterà alla completa ridefinizione di “arte” e “creatività”, allontanandosi da quello che secondo me è il loro punto di forza fondamentale: l’empatia. L’arte ci permette di vedere attraverso altri occhi ed esperienze umane. L’IA non capisce nulla, è solo un correttore automatico glorificato. Il problema è che creare cose è difficile, premere tasti su una tastiera è facile. È una scarica di zucchero. Ma si rivelerà una dieta profondamente malsana.
Dave McKean
Domenico Bottalico
Negli ultimi anni hai anche diretto film, realizzato libri per bambini, copertine e mostre. Come scegli i tuoi progetti? Cosa ti guida?
Domenico Bottalico
Dave McKean
Provare cose nuove, mettermi alla prova, testare il potere della narrazione, lasciarmi coinvolgere da mondi e vite che non conosco.
Dave McKean
   
Domenico Bottalico
Guardando indietro al tuo percorso, c’è un’opera o un momento in cui hai sentito di aver detto qualcosa di essenziale su te stesso?
Domenico Bottalico
Dave McKean
L’anno scorso ho terminato un enorme libro retrospettivo intitolato Thalamus. Non mi piace guardare indietro al mio lavoro, preferisco concentrarmi su quello che verrà. Ma mettere insieme quel libro ha significato dover cercare di capire cosa significasse tutto, quali fossero le linee guida, e come mi sentissi riguardo a tutto questo. Alla fine, il lavoro di cui sono più felice è quello personale. Non erano necessariamente i più economicamente redditizi, né quelli che hanno raggiunto più persone, ma trattavano argomenti e idee che avevano un significato per me, e nella loro forma finale, sono riusciti ad avvicinarsi a come speravo che apparissero inizialmente.

Sono felice dei sentimenti sull'arte, la creatività, l'amore e la narrazione in Cages, e nell'osservazione che quel libro fa su come le persone reali parlano e si muovono. Sono molto felice di Black Dog: the Dreams of Paul Nash, penso che sia il libro più forte che abbia fatto, e mi è piaciuto conoscere Nash, il suo circolo, e l’esperienza dell’individuo nella prima guerra mondiale. Sono felice di aver fatto il libro con Richard Dawkins – un'introduzione al pensiero critico – questo è ciò che dovrebbe essere insegnato a scuola. Sono felice del film Luna, che ha trattato un argomento difficile e le osservazioni personali e le aneddoti di amici miei, e penso che abbia espresso il processo di lutto con cui la maggior parte di noi deve fare i conti, in un modo completamente originale e emotivamente preciso. 

E sono molto felice del libro su cui sto attualmente lavorando con lo scrittore Robert Macfarlane e l’attore Johnny Flynn – ancora una volta si tratta di un’immersione in un mondo che conoscevo poco, l’esplorazione di Ninive alla fine del XIX secolo e la traduzione della storia umana più antica conosciuta, Gilgamesh. 
Dave McKean
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