Alan Moore ha definito lo stile di Mike Mignola "il perfetto incontro fra l'espressionismo tedesco e Jack Kirby". Effettivamente non c'è definizione migliore per descrivere lo stile del disegnatore californiano che, dopo aver lavorato in Marvel e soprattutto in DC, dove si fa notare al grande pubblico con Odissea Cosmica prima e Gotham by Gaslight poi, nel 1994 fa esordire il suo personaggio: Hellboy.
In occasione del suo 30° anniversario, Hellboy infatti ha fatto ritorno sugli scaffali delle fumetterie italiane grazie a Star Comics e proprio attraverso due tavole del primo volume della nuova collana, Il Seme della Distruzione, cercheremo di capire come e perché, attraverso il suo stile, Mike Mignola è diventato uno degli autori più influenti del panorama fumettistico mondiale.
Sul finire della Seconda Guerra Mondiale, Hitler volse lo sguardo all'occulto per ottenere un'arma in grado di cambiare le sorti del conflitto in suo favore. In seguito a un rituale proibito, una creatura demoniaca fece il suo ingresso nel mondo... la leggenda del più grande investigatore del paranormale ha inizio! Anni dopo, Hellboy, membro dell'organizzazione americana B.P.R.D., viene inviato a indagare su un mistero dai toni sovrannaturali, incappando nel segreto delle sue stesse origini. La stranezza minaccia di inghiottire il mondo e solo uno strano individuo come Hellboy può salvarlo!
- Da dove iniziare per capire lo stile di Mike Mignola
- Composizione e layout
- Sovrapposizione e prospettiva accidentale
- L'azione e il dinamismo
Da dove iniziare per capire lo stile di Mike Mignola
Prima di tutto è importante capire che la ricerca stilistica di Mike Mignola è votata alla sintesi. Cosa significa? Significa che Mike Mignola cerca di dare alla tavola una composizione minima che focalizza l'attenzione del lettore riducendo dettagli superflui e rafforzando così la narrazione per immagini.
Mike Mignola ha iniziato la sua carriera nel mondo del fumetto come inchiostratore. Questo spiega la sua attenzione per lo spazio negativo, cioè, semplificando, quello spazio non occupato dalle figure. Parlando del suo approccio al disegno, Mignola ha parlato spesso di contrasto fra bianco e nero o meglio fra più bianco e più nero. Quello che sostanzialmente il disegnatore vuole sottolineare è l'importanza di porre l'accento solo gli elementi essenziali per la narrazione e per farlo bisogna modulare in maniera consapevole tutti gli elementi all'interno del layout: dai piani alle luci, fino ai dettagli e alle inquadrature.
Ci sono due artisti da tenere ben a mente quando si cerca di analizzare lo stile di Mike Mignola. Il primo è Bernie Wrightson. Si tratta di un maestro assoluto del fumetto americano, noto soprattutto per i suoi lavori di genere horror, e da cui Mignola eredita l'uso del nero che nelle sue mani diventa un blocco di marmo da scavare e scalpellare per ricavarne figure.
Il secondo è il già citato Jack Kirby. Da lui Mignola eredita il gusto per i volumi importanti delle figure, ma soprattutto la loro plasticità e dinamicità nel contrasto fra luci ed ombre (il nero di cui sopra) e l'enfatizzazione dell'azione e del movimento anche a costo di "sacrificare" al minimo gli sfondi.
Quello di Mike Mignola potrebbe essere etichettato come un uso "estremo" del chiaroscuro che però non è fine a sé stesso come vedremo nell'esempio che segue.
Composizione e layout
Prendiamo in esame questa tavola, è una delle prime de Il Seme della Distruzione, e nello specifico il primo panel.
La prima cosa che è facile notare è l'uso ordinato di 3 piani.
- Primo Piano: figura di spalle seduta ad una scrivania (il Prof. Bruttenholm)
- Secondo Piano: Hellboy in piedi
- Sfondo: una finestra, alcune sculture e una statua
Il Primo Piano serve da enstablishing shot ovvero serve per "spiegare" al lettore la scena e la gerarchia dei personaggi al suo interno. Lo Sfondo fa da contesto mentre il Secondo Piano è quello in cui il disegnatore vuole che cada l'attenzione e il il lettore si soffermi.
Banalmente non si tratta solo della grandezza di Hellboy rispetto a Bruttenholm ma è grazie al nero che il nostro sguardo è inevitabilmente catturato dal Secondo Piano. Mignola infatti non concede allo sguardo nulla che non sia strettamente necessario: la scrivania nel Primo Piano e i contorni della sedia, la silouhette della scultura sullo sfondo.
Tutto il resto è coperto dal nero. Anche gli elementi sulla sinistra - la finestra, il muro con le sculture etc... - sono funzionali. Crea cioè abbastanza spazio negativo affinché balloon e didascalie non soffochino il panel e permettano una lettura agevole.
Sovrapposizione e prospettiva accidentale
Quella dei 3 piani è una regola mutuata dalla pittura classica, filtrata poi nell'illustrazione. È possibile rintracciare un uso simile dei 3 piani a quello fatto da Mike Mignola nelle illustrazioni del grande Frank Frazetta, altra fonte di ispirazione dichiarata dallo stesso disegnatore.
Mignola però personalizza il layout a 3 piani con la tecnica della sovrapposizione, tecnica che lo reso anche maestro indiscusso della prospettiva accidentale.
Mignola non sembra seguire le regole ufficiali della prospettiva, non sembra esserci la classica linea d'orizzonte e i punti di fuga, piuttosto gli elementi vengono disposti affinché siano gradevoli all'occhio. Non si tratta di una regola arbitraria ma di una attenta osservazione della realtà anche da punti di vista non convenziali soprattutto quando si parla di narrazione per immagini.
La tavola che stiamo esaminando ne è un esempio. Prendendo sempre il primo panel come esempio saltano all'occhio due elementi: il primo è il punto di vista insolito - assistiamo al dialogo fra Hellboy e Bruttenholm dalle spalle del professore seduto alla scrivania - il secondo è il senso immediato di profondità della scena.
La tecnica usata da Mike Mignola è quella della sovrapposizione. Quando osserviamo la realtà gli oggetti non sono ordinati e ben visibili ma sono disposti in uno spazio tridimensionale che ne "oscura" alcuni particolari. È esattamente quello che fa Mignola sovrapponendo oggetti e figure.
È una tecnica più complessa di quello che sembra. Se da un lato infatti permette una maggior stilizzazione dall'altra aggiunge complessità alla composizione e una padronanza totale della scena/sequenza. Mignola bilancia la presunta assenza di dettagli con la presenza di spazi negativi, permettendo ai personaggi di emergere senza confondere il lettore.
L'azione e il dinamismo
La tavola successiva presa in considerazione, sempre da Il Seme della Distruzione, è ben esemplificataiva dell'uso del nero di Mignola e anche di come sfruttare al meglio la verticalità.
Nel primo panel ora è facile rintracciare la regola dei 3 piani spiegata poco sopra, nel secondo panel invece lo sfondo minimale fa da contrasto alle ampie campiture di nero che fanno convertire l'attenzione del lettore solo sui pugni e sul volto stordito dell'uomo-rana.
Nel primo panel, Mignola sfrutta la verticalità in senso tanto dinamico quanto spettacolare. Le due figure sono sbalzate fuori dalla finestra e oltre il parapetto mentre combattono: non sappiamo quanto è lunga la caduta né chi avrà la meglio. Nel secondo panel torna la profondità della prospettiva accidentale qui resa ancora più evidente dal nero preponderante nel primo piano: il tonfo dell'uomo-rana è quasi udibile ai nostri piedi.
Ultima nota riguarda le anatomie. Come in Jack Kirby anche in Mike Mignola, il corpo dinamico è deformato e non risponde a leggi anatomiche classiche. Nel secondo panel della nostra seconda tavola d'esempio, il dettaglio anatomico è riservato proprio all'elemento che deve attirare la nostra attenzione - le braccia e i pugni di Hellboy - mentre il resto è volutamente reso in modo minimale - le gambe e i piedi - con una soluzione che, implementando come sempre un uso robusto del nero, permette alle figure di balzare letteralmente davanti ai nostri occhi.
Per concludere: la gerarchia nella composizione di Mike Mignola è chiara. Il centro di interesse ben definito e il resto dell'immagine ridotto all'essenziale. Tutti gli elementi supportano la scena senza distrarre: Mignola evita di includere dettagli architettonici complessi se non necessari, mantenendo il focus sull'azione
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