Il monologo finale di Trainspotting, e quello che ci insegna

Autore: Francesco Ursino ,

Trainspotting è una pellicola che ancora oggi ha molto da dire. Uscito nel 1996, il film basato sull’omonimo libro di Irvine Welsh è diventato da subito un’opera di culto, sullo sfondo di una Edimburgo che viveva in modo turbolento gli anni ’90.

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E turbolenta, in effetti, è un aggettivo che potrebbe spiegare in parte la vita degli iconici protagonisti. Dal personaggio principale Mark Renton, impersonato da un Ewan McGregor ispirato e spiritato, ai vari Begbie (Robert Carlyle), Spud (Ewen Bremner) e Sick Boy (Jonny Lee Miller). Il loro rapporto plasma una storia dove il rapporto con la normalità, con la vita che viviamo tutti i giorni, è un tema sempre presente. Fin dalle prime sequenze del film, dove Renton ammette in maniera disarmante:

Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos'altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando hai l'eroina?

E proprio da questa frase iniziale è bene partire per cercare di comprendere il significato dal fantastico monologo finale, che in questo articolo verrà proposto sia nella sua versione originale che in quella italiana.

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In che contesto si colloca il monologo finale all’interno di Trainspotting?

Dopo il funerale di Tommy (Kevin McKidd), Sick Boy ha un’idea: fare l’affare della vita. Comprare due chili di eroina da un suo contatto per rivenderli sulla piazza di Londra. Renton anticipa i soldi necessari per acquistare la droga, e l’operazione sembra andare in porto. A questo punto del film, il personaggio interpretato da Ewan McGregor è già passato attraverso un fallito programma di disintossicazione, una crisi di astinenza e la morte della figlia di Sick Boy, cui reagisce nel solo modo conosciuto. Una nuova dose:

Dopo la morte della piccola, Sick Boy è sempre più determinato a portare a termine l’operazione con il suo amico trafficante. E la cosa sembra andare in porto. I quattro amici possono brindare alla riuscita dell'affare. Solo che durante i festeggiamenti, Begbie si arrende a uno dei suoi classici attacchi di ira, e aggredisce un uomo in un pub, sfregiandogli il viso (e ferendo anche il povero Spud).

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È a quel punto che Mark capisce una cosa. La sua vita, finché rimarrà nel suo vecchio ambiente, con i suoi cosiddetti amici, non cambierà mai. Una volta rientrati in camera, il protagonista aspetta che tutti gli altri dormano. Dopo essersi alzato con cautela, sulle note incalzanti di Born Slippy. NUXX degli Underworld, sfila la borsa con i soldi dalle braccia di Begbie. Sotto gli occhi atterriti di Spud, rimasto sveglio, Renton esce dalla camera, e mentre si incammina verso la sua nuova vita pronuncia le parole rimaste impresse nella storia recente del cinema.

Il monologo di Renton in inglese e italiano

Appena uscito dalla stanza d’albergo, Mark comincia a camminare per le vie di Londra, illuminate da un sole nebbioso. E mentre percorre sicuro le vie della città, l’espressione sul suo viso cambia. La preoccupazione e la tensione accumulata durante il furto dei soldi in albergo si sciolgono in un sorriso. Ed è proprio così che la camera da presa inquadra per l’ultima volta Renton, prima di sfumare sul nero dei titoli di coda.

Questa è la versione originale del monologo, accompagnata dall’inconfondibile accento scozzese di Ewan McGregor, e dalla trascrizione originale:

Now I've justified this to myself in all sorts of ways. It wasn't a big deal, just a minor betrayal. Or we'd outgrown each other, you know, that sort of thing. But let's face it, I ripped them off - my so called mates. But Begbie, I couldn't give a shite about him. And Sick Boy, well, he'd have done the same to me, if he'd only thought of it first. And Spud, well okay, I felt sorry for Spud - he never hurt anybody. So why did I do it? I could offer a million answers - all false. The truth is that I'm a bad person. But, that's gonna change - I'm going to change. This is the last of that sort of thing. Now I'm cleaning up and I'm moving on, going straight and choosing life. I'm looking forward to it already. I'm gonna be just like you. The job, the family, the fucking big television. The washing machine, the car, the compact disc and electric tin opener, good health, low cholesterol, dental insurance, mortgage, starter home, leisure wear, luggage, three piece suite, DIY, game shows, junk food, children, walks in the park, nine to five, good at golf, washing the car, choice of sweaters, family Christmas, indexed pension, tax exemption, clearing gutters, getting by, looking ahead, the day you die.

Questa, invece, è la versione proiettata nelle sale italiane, con il doppiaggio di Renton a cura di Christian Iansante; dopo il video, viene proposta la trascrizione del monologo in italiano:

Mi sono giustificato con me stesso in tante maniere diverse, non era niente di che, solo un piccolo tradimento, o… i nostri rapporti erano cambiati, sapete cose così… ma ammettiamolo, li avevo bidonati, i miei cosiddetti amici. Di Begbie non me ne fregava un cazzo, e Sick Boy avrebbe fatto lo stesso con me se c’avesse pensato per primo. Di Spud beh, d’accordo per Spud mi dispiaceva, non aveva mai fatto del male a nessuno lui. Allora perché l’ho fatto? Potrei dare un milione di risposte tutte false. La verità è che sono cattivo, ma questo cambierà, io cambierò, è l’ultima volta che faccio cose come questa. Metto la testa a posto, vado avanti, rigo dritto, scelgo la vita. Già adesso non vedo l’ora. Diventerò esattamente come voi: il lavoro, la famiglia, il maxitelevisore del cazzo, la lavatrice, la macchina, il cd e l’apriscatole elettrico; buona salute, colesterolo basso, polizza vita, mutuo, prima casa, moda casual, valigie, salotto di tre pezzi, fai da te, telequiz, schifezze nella pancia, figli, a spasso nel parco, orario d’ufficio, bravo a golf, l’auto lavata, tanti maglioni, natale in famiglia, pensione privata, esenzione fiscale, tirando avanti lontano dai guai, in attesa del giorno in cui morirai.

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Qual è il significato delle parole di Renton?

Sono diverse le interpretazioni che è possibile dare alle parole del protagonista. Ci si può immedesimare in molti modi in quello che dice Mark. Ma qual è l’insegnamento che se ne può trarre? Come anticipato, è utile tornare all’inizio del film per comprendere cosa spinge Renton a compiere le azioni viste negli ultimi istanti della pellicola.

Nel breve monologo di apertura, la conclusione del protagonista è che scegliere la vita è una decisione come un’altra. Ci si può impegnare a cercare un lavoro, formare una famiglia e avere delle comodità che non si farebbe fatica a definire borghesi. Oppure si può fare altro. Si può scegliere di rimanere fermi a guardare i treni che passano sui binari. Attività che in effetti i protagonisti fanno, e che dà il nome al film (il termine Trainspotting indica proprio le persone che rimangono ferme a contare i treni che sfrecciano sui binari, senza far niente). Ed è curioso pensare che i treni che Renton guarda passare siano anche una metafora della sua vita. Una vita di occasioni perse, e di sconfitte a cui reagire solo con un’altra dose.

E qui si arriva al momento in cui tutto cambia. Renton capisce che deve dare una svolta alla sua vita. Come in un racconto di formazione, dove il protagonista matura quel tanto che basta a capire che non è più un bambino, e che deve prendere la sua strada, Mark fa la sua mossa.

Siccome non si tratta di un eroe letterario, ma solo di uno sbandato di Edimburgo, il primo passo verso la redenzione non può che essere macchiato dall’avidità. Dopo aver preso i soldi, ed essersi in qualche modo giustificato della cosa semplicemente ammettendo di essere una persona cattiva (ma lasciando una parte di denaro per Spud), Renton si incammina verso l’età adulta. Verso la vita, quella cosa abitudinaria, meschina e ripetitiva che il personaggio aveva sempre odiato. E lo fa mettendo in dubbio il caposaldo di quella che fino a quel momento era stata la sua esistenza: gli amici. Anzi, i cosiddetti amici. Che alla fine Renton sembra ammettere di aver frequentato solo perché non c'era davvero nient'altro di interessante da fare.

E mentre si incammina, Renton sa bene a cosa va incontro. La macchina, il televisore, le tasse, i figli. Però, a questo punto, sono tutte cose che lui è pronto ad accettare. Non vede l’ora di farlo. Non vede l’ora di farlo fino all’ultimo giorno della sua vita, lo dice lui stesso. Solo che questa consapevolezza, questo cinismo che non lo abbandona nemmeno nel momento della sua presunta redenzione, lascia spazio a un presentimento. Ovvero: non potrà andare bene.

Si ha questo sospetto guardando il suo sorriso un po’ inquietante, e il suo tono di voce che suona un po’ beffardo (specialmente nella versione originale in inglese). Una voce che sembra ancora una volta farsi gioco di uno stile di vita che, però, Renton sta per abbracciare appieno.

Saranno sospetti che, in qualche modo, verranno confermati in Trainspotting 2, che proporrà un altro monologo in grado di far affiorare un numero altrettanto elevato di riflessioni…

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Che ne pensate di Trainspotting? Vi è piaciuto il monologo finale di Renton?

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