La fiera delle illusioni - Nightmare Alley, scopri le location, le easter egg e le incredibili scenografie del film

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Autore: Alessandro Zoppo ,

Dall'orfanotrofio de La spina del diavolo al laboratorio di sperimentazioni militari de La forma dell'acqua - The Shape of Water, Guillermo del Toro è un maestro nella scelta di location sbalorditive e abbacinanti per i suoi film. La fiera delle illusioni - Nightmare Alley, l'undicesimo lungometraggio del regista messicano, non è da meno.

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Il noir di Guillermo del Toro (dal finale amaro come il whisky) è girato in buona parte per le strade di Toronto, dove erano già ambientati Mimic (il suo debutto in lingua inglese), Pacific Rim e La forma dell'acqua. Nel caso di Nightmare Alley, Del Toro si è avvalso della collaborazione di una specialista locale come Tamara Deverell per costruire il luna park itinerante dove si consumano l'ascesa e la caduta dello spietato e ambizioso arrivista Stanton Carlisle, interpretato da Bradley Cooper.

Ma dov'è stato girato di preciso La fiera delle illusioni - Nightmare Alley? Ecco una guida completa alle location del film e alle strabilianti scenografie messe a punto da Deverell e il suo team.

Le location: dal Canada a Buffalo

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La fiera delle illusioni - Nightmare Alley è l'adattamento dell'omonimo romanzo scritto da William Lindsay Gresham nel 1946 e già portato al cinema da Edmund Goulding con Tyrone Power nel ruolo del mentalista Stan. Fino a qualche anno fa inedito in Italia, il noir è ora pubblicato da Sellerio con la traduzione di Tommaso Pincio.

Gresham ha avuto una vita difficile ed è stato da sempre affascinato dai fenomeni da baraccone, sin da quando, ancora bambino, li vedeva esibirsi a Coney Island. Per la stesura di Nightmare Alley prese spunto da un fatto realmente accaduto durante la Guerra civile spagnola, dove aveva combattuto da volontario repubblicano.

Durante il conflitto, lo scrittore fece amicizia con Joseph Daniel "Doc" Halliday, un ex operaio di un circo ambulante che gli raccontò l'esistenza dei "geek", gli uomini-bestia costretti a esibirsi come divoratori di animali vivi nei baracconi e nei freak show di paese.

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Del Toro ha voluto restituire il contrasto visivo molto forte presente nel romanzo tra il luna park di fine anni '30 con i suoi fenomeni da baraccone e i saloni della ricchezza e del potere, dove alloggiano la psicanalista Lilith Ritter (Cate Blanchett), il giudice Kimball (Peter MacNeill) e l'influente e sinistro Ezra Grindle (Richard Jenkins) con il suo scagnozzo Anderson (Holt McCallany).

Le riprese del film sono cominciate nei primi mesi del 2020 tra Hamilton e Toronto in Ontario. Il luna park e i suoi bungalow sono stati costruiti all'aperto, in una vera location e non in un teatro di posa. La scelta del luogo è ricaduta su Markham Fairgrounds, nella municipalità di York, una delle aree-fiera più grandi e antiche del Canada.

Ogni anno, dal 1844 nel fine settimana prima del Ringraziamento, la zona ospita la Markham Fair, la fiera contadina del raccolto autunnale con le mostre di bestiame e le esposizioni di animali da fattoria. Markham Fairgrounds è stata utilizzata anche per costruire l'accampamento dei senzatetto alla fine del film.

Le scenografie sono di Tamara Deverell, art director per Crash e eXistenZ di David Cronenberg e per le serie Incorporated e Star Trek: Discovery. Deverell aveva già collaborato con Del Toro ai tempi di Mimic e per le quattro stagioni di The Strain e tornerà a farlo per la serie Cabinet of Curiosities.

Il "campionario" di trucchi e bestialità della "compagnia Ackerman-Zorbaugh e i suoi mostri" è stato allestito con autentici palchi e tendoni (circa 40 in tutto, costruiti da Armbruster Manufacturing, la più antica azienda di tendoni degli Stati Uniti, attiva dal 1870 per i circhi Barnum & Bailey), la ruota panoramica e la giostra a cavalli (due pezzi degli anni '30, ancora in funzione) e la casa degli specchi a tema inferno e paradiso, nella quale i diorami "diabolici" sono modelli originali francesi dell'Ottocento. Il tutto arredato con oggetti di scena d'epoca, scovati tra mercatini e collezioni di cimeli.

Gli striscioni e i banner delle attrazioni sono ispirati alle opere di Fred G. Johnson, "il Picasso dei cartelloni e della circus art", scomparso nel 1990 alla veneranda età di 98 anni. Johnson ha realizzato cartellonistica per Ringling Brothers, Barnum & Bailey e Clyde Beatty.

I suoi lavori colorati ed esagerati promettevano spettacoli incredibili, allettanti e spesso orribili di ingoiatrici di spade, sirene di Tanagra, donne barbute, mucche a cinque zampe, vitelli a due teste, clown e incantatori di serpenti, nani e uomini forzuti (come Bruno e il Maggiore, interpretati da Ron Perlman e Mark Povinelli) e molto altro ancora.

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Johnson ha lavorato a Chicago per quarant'anni dal 1934 al 1974. Cominciò questo lavoro all'età di 14 anni. Progettò inoltre le pubblicità per la Century of Progress Exposition, l'Esposizione Universale del 1933, e i cartelloni dei vecchi parchi di divertimento White City e Riverview.

Il pittore aprì il suo quartier generale in un vecchio fienile all'angolo tra Wilson e Clark: era l'unico posto grande abbastanza per ospitare i suoi enormi banner. Durante la sua lunga carriera, Johnson non studiò mai arte: dipingeva basandosi su dei modelli, ma la maggior parte delle volte usava semplicemente la sua immaginazione.

Del Toro ha chiesto a Deverell di far respirare nell' ambiente cupo, ipnotico e sospeso del circo l'atmosfera dei quadri di celebri pittori realisti americani come Andrew Wyeth, Edward Hopper e George Bellows e delle suggestioni del danese Vilhelm Hammershøi, il "poeta del silenzio".

Lo stile dei tarocchi di Madame Zeena (Toni Collette) è quello di Marsiglia (Del Toro è un esperto in materia: ha lanciato un mazzo di tarocchi speciali realizzati con lo scrittore ed illustratore Tomás Hijo) e persino Enoch è curato nei minimi dettagli: i designer (il concept artist Guy Davis e il realizzatore Mike Hill) hanno concepito come un altare la teca in cui il feto con il "terzo occhio" è esposto e hanno composto con oli e varie sostanze la "salamoia" nella quale sono immerse le "attrazioni" dell'imbonitore Clem (Willem Dafoe).

Per rispettare la struttura circolare della storia, Deverell ha inserito nelle scenografie numerosi cerchi, sparsi come Easter egg in tutto l'arco del film. E a proposito di contenuti nascosti, nella scena in cui Stan e Clem gettano l'ormai moribondo uomo-bestia davanti all'Esercito della Salvezza, appare una croce con luci al neon e la scritta intermittente "Jesus Saves".

È un Easter egg che rimanda alla scena iniziale di Mimic, il secondo lungometraggio di Del Toro. Ormai Stan "entra" nel mondo del peccato ed è pronto a commettere ogni tipo di crudeltà.

Le scenografie di Tamara Deverell

Nel febbraio del 2020 la produzione si è spostata dal Canada a Buffalo, New York: è qui che vive la "high society" del film. Del Toro è stato subito conquistato dall'architettura di Buffalo e dalle sue atmosfere inconsuete: le location che si ammirano sono quelle di Niagara Square e della City Hall, il grattacielo in stile Art déco sede del governo municipale della città.

Deverell spiega in un'intervista a Below the Line che la City Hall di Buffalo ha consentito alla troupe di utilizzare i corridoi del palazzo, la porta posteriore dove Stan entra ed esce e quella anteriore dalla quale arriva la polizia nel finale.

Tutto quel corridoio è collegato al municipio. La città è stata fantastica con noi e ci ha permesso di occupare persino l'ufficio del sindaco. Quei corridoi al piano superiore sono semplici corridoi d'epoca, ma mi sono subito piaciuti molto. Ci siamo limitati a dipingere le sale e a cambiare l'illuminazione.

Il Copacabana, l'elegante night club dove Stan e Molly (Rooney Mara) si arricchiscono con le loro performance di mentalismo, nella realtà non esiste: è stato ricostruito a Toronto nella stanza circolare del Carlu, storico spazio eventi della città canadese inaugurato nel 1930 e noto come "il settimo piano di Eaton", il centro commerciale College Park conosciuto negli anni '30 come Eaton's College Street.

Il nome si deve all'architetto francese Jacques Carlu che progettò questo capolavoro Art Moderne con la moglie, la pittrice Natacha, e l'architetto René Cera. Oggi il Carlu è un club esclusivo che ospita matrimoni, spettacoli dal vivo, eventi aziendali e gala di raccolte fondi. La sua "Round Room" è stata usata in passato da tantissime produzioni di Hollywood.

La suite di Stan e Molly nell'hotel è stata invece costruita da zero in un teatro di posa. L'ispirazione è però reale: Deverell ha rifatto la Parkwood Estate di Oshawa nell'Ontario, la residenza del famoso industriale Samuel McLaughlin (il fondatore di General Motors in Canada) e della sua famiglia costruita in stile Beaux-Arts.

Nella Parkwood Estate c'è un'altra location fondamentale del film: il giardino labirintico di Ezra Grindle nel quale si "materializza" la "sposa fantasma" Dory. Nella realtà l'abitazione di Grindle sullo sfondo, dove Anderson ascolta alla radio la notizia dell'attacco di Pearl Harbor, non c'è: è stata aggiunta in post-produzione dal team di VFX.

Il "quartier generale" di Grindle, con il lugubre stanzone dove i suoi uomini sottopongono Stan al test del poligrafo, è stato ricostruito da Deverell con il set decorator Shane Vieau e il suo gruppo di lavoro ispirandosi all'Art déco e ad alcuni hotel moderni di Hong Kong.

Negli interni spiccano i giganteschi lampadari, le figure a forma di cerchio, il camino in marmo e le intarsiature in bronzo scolpito. Gli esterni, invece, sono quelli dell'R.C. Harris Water Treatment Plant di Toronto. La struttura prende il nome dal commissario dei lavori pubblici Roland Caldwell Harris: in origine era un parco pubblico e dal 1941 è l'impianto di trattamento delle acque della metropoli canadese.

L'edificio, a differenza della maggior parte delle strutture ingegneristiche moderne, è stato progettato come una vera e propria "cattedrale" Art déco. Gli abitati di Toronto lo chiamano con il nomignolo di "Palace of Purification", il "Palazzo della Purificazione", e Del Toro l'aveva già usato ai tempi di Mimic.

Quando Molly lascia Stan e lui la raggiunge al terminal dei bus, avviene quello che il regista ha definito in un'intervista al Globe and Mail il "capovolgimento di location" del film. Quel luogo non esiste: è per metà Buffalo e per metà Toronto. Con l'aiuto del reparto di effetti visivi, supervisionato da Dennis Berardi, Del Toro ha girato sul lato della Don Valley Parkway e ha aggiunto in post-produzione l'intera stazione degli autobus.

Il lato destro è un vero edificio, il lato sinistro è completamente digitale. Abbiamo aggiunto il municipio di Buffalo sullo sfondo.

Il vero edificio è l'Automotive Building, complesso storico di Exhibition Place costruito nel 1929 dall'architetto Douglas Kertland. All'epoca Sam Harris, il presidente del CNE, lo definì "una gemma dell'Architettura dell'esporre".

Oggi si chiama Beanfield Centre ed è il primo centro congressi canadese LEED Silver (la certificazione di classificazione dell'efficienza energetica), progettato per riunioni, convegni e gala.

Il capolavoro di Tamara Deverell è però l'ufficio della dottoressa Ritter. Questo spazio è stato ricostruito in un teatro di posa, con un design ispirato allo stile dello studio Weil-Worgelt, progettato alla fine degli anni '20 dalla divisione newyorkese dello studio d'architettura parigino Alavoine per un cliente d'élite con un'interpretazione "conservatrice" dello stile Art déco.

L'armadio in cui Lilith custodisce le registrazioni delle sedute con i suoi pazienti era in realtà un piccolo bar, nascosto in un angolo in barba al proibizionismo vigente all'epoca. Oggi è possibile visitare lo studio Weil-Worgelt al Brooklyn Museum. Quella che ha ispirato Deverell è l'unica stanza arredata in questo modo: le altre mostrano un più conservativo stile francese di revival settecentesco.

La scenografa ha arricchito lo studio della psicanalista con un design geometrico ricco di archi e curve e vetrate à la Frank Lloyd Wright per esaltare la potenza femminile della dottoressa. I pannelli smaltati con temi astratti e le impiallacciature di palissandro e olivo servono invece per "proteggere" i pazienti che si "aprono" alle terapia.

Gli intarsi sul legno presentano simboli junghiani ideati – confessa la designer – "per creare una sorta di inquietante macchia di Rorschach del personaggio di Lilith".

L'esplosione della pandemia ha costretto Del Toro a interrompere i ciak di Nightmare Alley per sei mesi, quasi a metà delle riprese. La produzione è ripartita a metà settembre a Toronto per chiudersi tra novembre e dicembre con alcuni re-shots. Questo stop imprevisto, tuttavia, ha contribuito ad accrescere il clima voluto dal regista.

Il produttore J. Miles Dale spiega nelle note di produzione che "il luna park, la cui costruzione era quasi completata, ha trascorso la primavera e l'estate a invecchiare in modo autentico sotto al sole e alla pioggia".

Nightmare Alley ha fatto tesoro di questi imprevisti: Del Toro ha rivelato durante uno dei Tribeca Talks che girare la seconda parte del film prima della prima metà "è stata una benedizione" perché gli ha consentito di rifinire il materiale, svolgere un montaggio preliminare e avere "una finestra per guardare tutto", tornare indietro, analizzare i personaggi e vedere "cosa avevamo bisogno di riscrivere".

Ogni film ti dice di cosa ha bisogno.

In questo caso, il set perfetto per una "fiaba morale" sul "lato oscuro" del capitalismo, dai toni magici e al tempo stesso estremamente realistici, immersa in quella fase delicata vissuta dagli Stati Uniti che stavano uscendo dalla Prima guerra mondiale e dalla Grande depressione per avviarsi a prendere parte ad un secondo conflitto: il periodo che, secondo Del Toro, sancisce la nascita dell'America moderna.

Immagine di copertina di questo articolo tratta dal film La fiera delle illusioni. Crediti: Double Dare You Productions, TSG Entertainment

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